Ho visto, in compagnia di mia figlia Martina, il film “Comandante” interpretato da Pierfrancesco Favino nei panni, appunto, del comandante Salvatore Todaro.
Il protagonista è da Oscar per la capacità di interpretare uno dei più iconici comandanti militari della storia d’Italia. Favino non solo ha il volto perfetto per far rivivere il coraggio e la determinazione del comandante Todaro, ma ne trasferisce tensione ed umanità. Un’interpretazione che ha commosso anche mia figlia di dieci anni.
Il film narra la vera storia dell’equipaggio del sommergibile “Comandante Cappellini”, che, nel 1940, fu inviato in missione di guerra nello Stretto di Gibilterra. Durante la navigazione in emersione, il sommergibile italiano viene attaccato da una nave mercantile battente bandiera belga (si scoprirà, poi, trasportasse aerei per gli inglesi). Nonostante fosse vietato, il battello belga navigava a luci spente e la circostanza preoccupò il comandante Todaro. Nel rispondere al fuoco, il sommergibile italiano ha la meglio riuscendo ad affondare la nave nemica. Nonostante le rigide norme di guerra, il comandante Todaro decise di salvare i naufraghi, consapevole di andare in contro, al suo ritorno, a gravi sanzioni.
“Noi affondiamo il ferro nemico, ma l’uomo no, lo salviamo”: le sue parole che divennero azione e oggi, rievocate, risuonano come un monito di umanità, un esercizio in cui il comandante militare viene dopo l’uomo di mare, che, nonostante la guerra, non perde la testa. Anzi.
Pierfrancesco Favino al termine delle riprese del film, girato anche nella base militare della Marina militare di La Spezia, ha anche detto: “Ho sentito fortemente l’interpretazione di Salvatore Todaro”.
Quando il comandante belga, assieme al suo equipaggio, viene portato in salvo, confessa a Todaro: “Io non vi avrei salvato dal naufragio”; e poi gli chiede: “perché lo avete fatto?”, ricevendo dal comandante Todaro la più bella, devastante e struggente risposta: “Perché siamo italiani”.
Questo il senso fortissimo del film, in un tempo in cui le guerre hanno ripreso a mietere morti e la follia sembra avere il sopravvento su governanti e comandanti militari. Oggi, la mirabile opera aiuta a credere che la pace sia possibile anche durante una guerra folle, anche quando qualcuno spinge verso il precipizio che porta alle armi di distruzione di massa. Dopo 83 anni da quell’avvenimento, dobbiamo tenere in vita la memoria di questi grandi italiani, perché c’è ancora spazio per l’umanità.
“Papà, mi sono commossa”, sono state le parole di mia figlia Martina. Ecco perché invito a vedere questo film, devastante e drammatico, capace di raccontare una storia di militari italiani, non eroi ma uomini capaci di non farsi travolgere dalla follia della guerra. C’è un senso profondo in tutto ciò e il “Comandante” potrebbe far breccia nei cuori delle nuove generazioni, consentendo di far conoscere e non dimenticare la grande umanità di Todaro. Esempio vero, anche dopo 83 anni.
Aggiornato il 03 novembre 2023 alle ore 11:34