Napoleone è un grande personaggio e come tutti i Grandi è controverso, ma è indubbia l’influenza che ha avuto sulla storia e sui valori dell’Italia. Innanzitutto, fu promotore di mutamenti politico-istituzionali che furono straordinari: antichi Stati e Staterelli furono sostituiti da nuovi, più ampi e maggiormente rappresentativi organismi come la Repubblica Cispadana e la Repubblica Cisalpina, certamente non realizzabili se non avessero trovato terreno fertile e preparato. È altrettanto indubbio che le folgoranti e travolgenti vittorie – da Lodi ad Arcole e da Rivoli a Marengo – di questo giovanissimo generale “di nome e sangue italiano”, come sottolineavano con intenzione i testimoni dell’epoca, costituirono l’innesco di tanto rivolgimento.

La genialità trova, altresì, sublime rappresentazione in un gesto, teatrale, ma al contempo unico: la consegna da parte di Napoleone in persona alla Legione lombarda (prima unità militare organizzata) del tricolore verde-bianco-rosso nella piazza del Duomo di Milano, come lo stesso generale francese riferiva al Direttorio in una missiva dell’11 ottobre 1796. Il bianco e il rosso erano presenti sia nello stendardo francese sia nello stemma di Milano, città guelfa (croce rossa e campo bianco). Anche il verde aveva attinenza con le consuetudini militari della città lombarda, di quel colore era infatti dal 1782 la divisa della guardia cittadina. Per la prima volta dalla caduta dell’Impero romano, gli italiani avevano una riconosciuta insegna nazionale per la quale battersi. Il tricolore, che successivamente venne adottato dalla Repubblica Cispadana (7 gennaio 1797, oggi ricorrenza nazionale prevista per legge) e poi dalla Repubblica Cisalpina, nasce pertanto come emblema militare.

Infine, ricordiamo che la successiva bandiera nazionale della Repubblica Italiana del 1802, voluta da Francesco Melzi d’Eril (quadrato rosso con rombo bianco, contenente un secondo quadrato verde), è stata ripresa oggi dallo stendardo presidenziale. Una bandiera, dunque, come primo atto, ma anche un esercito, come secondo, per difenderla. Anche questa è una rivoluzione che non accadeva dalla caduta dell’Impero Romano. Il 13 agosto 1802 veniva infatti introdotta la coscrizione obbligatoria e la pluriennale esperienza vissuta dalle milizie italiche ebbe un valore determinante per la formazione di un embrionale sentimento nazionale. Carlo Cattaneo, in uno scritto dedicato all’esercito italiano di quel periodo, disse infatti che il tricolore poté divenire “da logora bandiera d’esercito… nuova bandiera di Nazione, palladio perfetto di fraternità militante e pensante”. La costituzione e le vicende di questo esercito (nel quale militarono 167mila coscritti e tantissimi volontari, circa 44mila) contribuirono più di ogni altro, come raccontava Ugo Foscolo, a creare un senso di appartenenza e di unione fra persone che poco tempo prima neppure si conoscevano.

Alcuni esemplari di aquile napoleoniche che sovrastavano le aste delle bandiere dell’esercito italiano sotto Napoleone sono ora conservati nell’armeria reale di Torino. Una di esse venne donata dal generale Teodoro Lechi, generale di Napoleone, nel 1848 a Carlo Alberto, dopo l’insurrezione della Lombardia e la cacciata degli austriaci. Quasi un passaggio di consegne, un segno di continuità tra i soldati del vecchio esercito napoleonico e quelli dell’Armata sarda, che nel giro di pochi anni sarebbero divenuti soldati del nuovo esercito italiano. È una immagine che ci piace rievocare, perché testimonia il collegamento ideale tra l’Italia napoleonica e quella risorgimentale. I valori unitari ed identitari promossi da Napoleone, grazie alla loro carica emblematica, sfociarono infatti nel movimento di rinascita nazionale del Risorgimento. Essi furono ripresi dai patrioti che alimentarono prima la carboneria, successivamente la Giovine Italia di Giuseppe Mazzini ed infine i Mille di Giuseppe Garibaldi. Oltre la bandiera e l’esercito, questi ideali ispiratori rappresentano un terzo aspetto fondamentale che lega la figura di Napoleone agli italiani. Il significato di tutto questo fu colto con notevole acume da Cesare Balbo che scrisse a proposito di Napoleone in Italia: “Non v’era indipendenza, è vero, ma mai ne furono speranze così vicine”.

(*) Storico

Aggiornato il 11 ottobre 2023 alle ore 08:26