Oscar Wilde è stato la perfetta incarnazione del dandy, un uomo elegante e raffinato che viveva la propria vita come un’opera d’arte, alla ricerca del piacere e scioccando la gente con affermazioni scandalose. Dal 1881 la scena letteraria londinese fu perennemente sconcertata da questo irlandese che si proclamava socialista, lasciava intendere di essere omosessuale facendosi beffe della saggezza depositata nei luoghi comuni e nei principi della moralità dell’epoca vittoriana. Ebbe ammiratori e denigratori in egual misura. Fu accusato di mille peccati, dall’effeminatezza al plagio, ha spaziato per mondi visibili e invisibili con il suo anticonformismo finendo, però, col pagare un altissimo prezzo per la sua libertà di visione. Rifiutava di riconoscere i suoi antenati, ma in qualche modo la discendenza parla chiaro. Poiché, se nel Dna risiede un patrimonio geneticamente trasmissibile, nel suo caso una certa eredità paterna è stata ammessa. Perché, forse pochi sanno, che suo padre, William Robert Wilde, rinomato chirurgo-oftalmologo, autore di diversi trattati medici, che fu finanche l’oculista personale della Regina Vittoria d’Inghilterra, nutriva una passione sfrenata per le donne che portò in rovina tutta la sua fama di medico. Fu, inoltre, accusato di stupro ai danni della 19enne Mary Travers: il processo, quasi un preannuncio di quello che in seguito subirà il figlio Oscar, si risolse con una condanna al risarcimento danni per la somma di duemila sterline.
Prima del matrimonio aveva generato ben tre figli illegittimi, dei quali solo uno sopravvisse al padre, poiché gli altri due morirono per ustioni provocate dall’incendio dei loro vestiti, venuti a contatto con le fiamme di un caminetto nel corso di una festa da ballo. Buon sangue non mente. Non dobbiamo stupirci se Oscar dimostrò subito una personalità bizzarra, anticonformista, eccezionalmente affabulatoria e contrassegnata da una passione verso il “proibito”. Eccentrico, arguto, brillantissimo nelle conversazioni e stravagante: indossava calze di seta, giacche di velluto, pantaloni al ginocchio e passeggiava spesso con un giglio tra le mani. È stato un apostolo dell’estetismo, letterato colto e raffinato, che eppure si sposò con Constance Lloyd, con la quale ebbe due figli, per una sorta di “copertura” della sua vera indole. Ebbe infatti una lunga e divorante relazione omosessuale con Lord Alfred Bruce Douglas soprannominato “Bosie”: un giovane aristocratico viziato ed effervescente di cui diventò praticamente dipendente. Proprio il padre di Bosie denunciò Wilde per omosessualità e sodomia, al tempo considerate un’offesa criminale. Finì dunque in carcere dove scrisse, in tre mesi, il famoso De profundis: una confessione insistente dei propri peccati destinata a Douglas.
Uscito di prigione era un uomo finito, la sua fama violentata: aveva perso moglie e figli, tanti dei suoi ammiratori si tramutarono in accusatori furenti e finì, in poco tempo, confinato a letto in uno stato di salute allarmante dalle origini sifilitiche. Si fece operare nella sua camera d’albergo da un chirurgo con i soldi presi in prestito da alcuni amici e combatteva, come egli stesso affermò, “un duello mortale con la tappezzeria: uno dei due dovrà sparire”. Sì, sparì, il 30 novembre 1900, lasciandoci in eredità il suo coraggio, la sua sovversiva modernità, incantevoli libri profondi e pieni d’arguzia, dove in tutti, come un motto retrostante, traspare una delle sue frasi più famose: “Il vizio supremo è la superficialità. Tutto ciò che si vive fino in fondo è giusto”.
Aggiornato il 07 ottobre 2023 alle ore 12:17