Il 28 settembre a Roma (alle ore 17,15), in piazza Sidney Sonnino, presso la Basilica di San Crisogono (Sala degli Arazzi), si terrà un avvenimento da considerare. La solerte e costante animatrice di incontri attivati dall’associazione culturale Il Cibo & l’arte, che presiede, Loredana Paolesse, dà luogo alla presentazione dei testi scritti da uno sconosciuto da conoscere, del resto sconosciuto non è, ma fu noto sotto altro nome, Naro Demonte, mentre la nominazione effettiva è Sante Montanaro. Dal finire degli Anni Sessanta ai primi Anni Settanta ebbi con Sante Montanaro un rapporto di imprenditorialità mentale, per dire, efficientissimo. Montanaro aveva fondato la rivista Opera aperta, dalle collaborazioni sterminate ed elevate. Montanaro, sacerdote, monsignore, con totale dilatazione intellettuale, dava opportunità di espressione a chiunque, purché non triviale e squallido.
Il suo basilare sostenitore iniziale fu Massimo D’Avack, figlio del docente, avvocato e futuro rettore de La Sapienza, Agostino, nella casa dei quali, con la statuaria signora Emma, veniva ospitata la migliore cultura nazionale. Montanaro ovviamente cattolico, pure i D’Avack, ma, dicevo, gli intellettuali erano di ogni canto, in via Propaganda Fide a Roma. Massimo D’Avack forniva intellettuali a Montanaro, che, di suo, aveva decisive entrature al tempo di Paolo VI, sostenitore del dialogo anche e persino con i non credenti. Io, come narro nel mio recente libro, Ho vissuto la vita, ho vissuto la morte (Armando Editore), dopo la pubblicazione su Nuovi Argomenti, rivista diretta da Alberto Moravia, ebbi a disposizione giornali e salotti, divenni amico di Massimo D’Avack, e quindi con Montanaro, e redattore di Opera aperta, di fatto la diressi, dopo il terzo numero, credo.
Opera aperta, un punto miliare nella cultura italiana e non limitatamente italiana, sia per i collaboratori: Alberto Moravia, Mario Luzi, Vasco Pratolini, Ugo Spirito, Alberto Asor Rosa, Achille Occhetto, Virgilio Fagone S.J., Padre Jarlot, estensore delle Encicliche di Paolo VI, Elsa De Giorgi, Alberto Arbasino, Nicola Ciarletta, Alberto Bevilacqua. Cito a ricordo, collaborarono moltissimi. La temperie dell’epoca agitò la rivista: la rivolta giovanile, il consumismo, la società industrializzata, l’eclissi della società contadina, le speranze problematiche di un proletariato che si spartiva in integrazione, protesta terroristica, ipotesi rivoluzionaria, il trionfo o considerato trionfo del capitalismo, e tuttavia il nuovo comunismo terzomondista, cubano, cinese, la rivendicazione femminista e omosessuale, se non di tutti gli svolgimenti, taluni furono ben affrontati, e l’insieme accadeva in una rivista nominalmente cattolica, quindi anche riferita alle problematiche religiose.
Dopo fittissimi numeri la rivista cessò, non saprei dire la causa. Merita notazione anche Maria D’Ambra, molto legata a Montanaro. Con Montanaro le frequenze durarono, tenni dei corsi alla Società artistica operaia, in via della Greca 4, a Roma. Poi anche tali corsi finirono o non continuai, sono episodi lontani. Con Montanaro ci perdemmo. Dopo anni mi inviò un poderoso libro su Casamassima, il luogo natio del quale era richiamato come un emigrante. Non credo che me ne occupai. E, da quel momento, fine. Certo, ne avevo talvolta presenza memoriale. Uomo di tempra forte, tratti scuri, bocca lunga e serrata con labbra affilate lievemente incurvate, sguardo serio dentro occhiali spessi. Incredibile. Un giorno, avendo per il mio libro sopra citato bisogno di sapere su Opera aperta, cercando, scopro, con sbalordimento, che esiste una Fondazione Sante Montanaro, a Casamassima. Il numero telefonico, chiamo e risponde un cortese signore, adesso un amico cortese, Pasquale Moramarco, e, continuandone le acquisizioni, la consorte di Pasquale Moramarco, Nica Ferri, dottoressa, presiede la fondazione.
Non basta. La fondazione anima iniziative culturali. E da aggiungere la pubblicazione degli scritti di Sante Montanaro. Essenziale. Quando mi recai a Casamassima per la celebrazione di Sante Montanaro mi entusiasmò la dedizione che Pasquale e Nica Moramarco e i loro collaboratori dedicano alla fondazione, centinaia di libri secolari, migliaia di libri contemporanei, una scultura somigliantissima di Sante Montanaro, e della stessa volumetria corposa. Nella seconda visita, con Giuseppe Sanzotta, abbiamo presentato il mio libro e ancora ho rammentato Montanaro. Il 28 settembre, dicevo, un’ulteriore donna, Loredana Paolesse, nei suoi ormai lunghi anni di operosità culturale e gastronomica, renderà possibile discutere e ricordare Sante Montanaro, quale scrittore. Con Giuseppe Sanzotta che testimonierà della sua visita a Casamassima, e una dichiarazione di Nica Ferri, io discuterò appunto i libri. Presiederà Monsignor Salvatore Micalef, Franco Pilo leggerà brani, dei consistenti volumoni. È una sorpresa, ripeto. Libri estesi, documentatissimi in modo quasi vivente nell’epoca, uno riguardante il Monastero San Benedetto di Conversano, e la disputa sui territori locali, l’altro fa storia dei Pontefici dall’Unità italiana a Benedetto XVI.
Le dichiarazioni di Nica Ferri Moramarco attestano la fatica dell’ormai vecchio Sante Montanaro nel curare i libri fino alla dipartita e l’impegno di Nica e Pasquale Moramarco di rifinirli e pubblicarli. Un’edizione degna dei libri d’arte del passato: Levante. Mi limito a un cenno. Dopo l’incontro esplicherò la sostanza delle opere. Con una aggiunta: la cultura più salda esistente non è quella clamorosa, anzi è presso che ormai quella fuori dalla comunicazione clamorosa. Chi leggerà i libri menzionati lo confermerà. L’ospitalità di Loredana Paolesse avrà quale conclusione, come in altre occasioni, un breve concerto di musica sacra per canto, la voce sarà la mia, alla chitarra il compositore Andrea Bochicchio.
Aggiornato il 26 settembre 2023 alle ore 18:27