Sarà una più generale diffidenza nei confronti dell’ibrida formula del docu-film: una mia esplicita preferenza o per l’inchiesta stile vecchio “Dossier” o “Tv7”, o per la fiction tutta fiction; sarà perché gli sceneggiatori, i registi, le “squadre” di un tempo non esistono purtroppo più; sarà perché l’argomento affrontato è ancora troppo “vivo”, urticante…
Fatto è che il docu-film dedicato a Raul Gardini, eccezion fatta per l’interpretazione di Fabrizio Bentivoglio (e in alcuni punti, comunque, pur discutibile), è l’ennesima produzione Rai mancata. Mostrare un Gardini occupato solo nell’inseguire i trionfi del Moro di Venezia, “sognatore” che vagheggia un futuro inconsapevole dei prezzi e delle incognite del presente, è tutto sommato un’offesa alla sua intelligenza e capacità manageriale.
Poi, con quanta “delicata” reticenza si affronta il nodo cruciale della madre di tutte le tangenti, il comportarsi della magistratura milanese, le “imprese” in Sicilia, il famoso potevano non sapere a proposito dei miliardi recapitati non si sa bene a chi a Botteghe Oscure, i dissidi del clan...
Meglio non farne nulla, se poi questi sono i risultati. Vale per il docu-film su Gardini e per altri trasmessi nei mesi scorsi. È un discorso specifico, ma anche generale. Sia di “forme” che di contenuti.
Aggiornato il 31 luglio 2023 alle ore 12:07