Un libro dove la storia europea e mondiale del XX-XXI secolo domina fortemente, quasi prepotentemente, la scena. Non possiamo definire altrimenti questo Simeone II di Bulgaria. Un destino singolare. Dopo 50 anni di esilio l’unico re divenuto primo ministro (Gangemi Editore, ristampa, Roma, 2023, 319 pagine, 24 euro): autobiografia – realizzata con lo scrittore francese Sébastien de Courtois – dell’ultimo re di Bulgaria, salito al trono a soli 6 anni, dopo la tragica morte del padre, Boris III, il 28 agosto 1943. Libro che conferma la scelta di Gangemi di pubblicare testi che gettino una nuova luce su fatti importanti della storia politico-sociale, culturale, artistica, sinora non adeguatamente studiati. Simeone nasce il 16 giugno 1937, a Sofia, dal Re-Zar Boris III, figlio, a sua volta, di Ferdinando I, primo re della Bulgaria indipendente (che solo nel 1908 s’era definitivamente liberata dal giogo ottomano), e della principessa italiana Maria Luisa di Borbone-Parma, e da Giovanna di Savoia, figlia quartogenita di Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, e dell’altra regina Elena di Montenegro.

Questa sua autobiografia parte, in flashback, dal 25 maggio 1996. Quando Simeone e la moglie, l’aristocratica spagnola Margarita Gómez-Acebo y Cejuela (parente del Re di Spagna Juan Carlos), 7 anni dopo la caduta dei Muri dell’Est dell’incredibile 1989, con un gruppo di sostenitori fidati tentano la grande scommessa del ritorno in Patria: in una Bulgaria che, un po’ come tutti i Paesi ex comunisti, sta faticosamente ricostruendo la sua identità, tra passione per la tornata democrazia ed ansia per un futuro che sembra all’insegna del liberismo selvaggio. Non è la prima volta che un ex monarca di un Paese dell’Est rientri in patria, dopo il crollo dei regimi comunisti: ma, diversamente dai colleghi Michele I di Romania e Leka I d’Albania (che, tornati nei loro Paesi nei primi anni ‘90, solo marginalmente e per brevi periodi ricopriranno ruoli politici), Simeone ha di fronte un destino assai più complesso, e difficilmente prevedibile.

Nato nel 1937, il figlio di Boris III, sovrano molto popolare per la sua sensibilità ai bisogni concreti della gente e la sua fermezza di carattere, a 6 anni, il 28 agosto 1943, diviene improvvisamente adulto: succedendo – sotto la tutela d’un Consiglio di reggenza – al padre, da pochi giorni reduce da un difficile colloquio con Adolf Hitler a Rastenburg. Re Boris, alla guida d’un Paese da sempre legato da forti rapporti culturali ed economici alla Russia, ha regolarmente rifiutato le richieste naziste di dichiarare guerra all’Urss, e, sulla base della forte contrarietà alle persecuzioni antisemite manifestata dal Vicepresidente del parlamento bulgaro, Dimităr Pešev, e dal capo della Chiesa ortodossa, l’arcivescovo Stefan, si è opposto ufficialmente alle pressioni tedesche per una deportazione degli ebrei bulgari. Avvelenamento, “a scoppio ritardato”, da parte nazista? O, al contrario, da parte degli alleati (e, soprattutto, dei sovietici), urtati dall’incerto orientamento diplomatico della Bulgaria? Non si è mai giunti a una verità incontrovertibile.

Ma Simeone II, ha regnato solo dal ‘43 al ‘46 (quando tutta la famiglia reale, di fronte all’ascesa del potere comunista, deve prendere la via dell’esilio, prima in Egitto, accanto all’ex Re d’Italia Vittorio Emanuele, poi in Spagna, dove, a parte brevi spostamenti, l’ex Re di Bulgaria resterà sino al 2000), non si fa paralizzare dal dolore, consapevole che la vita deve sempre proseguire costruttivamente. Nel 2001, il partito da lui fondato dopo il ritorno in patria, Movimento nazionale Simone Secondo, vince le elezioni parlamentari sulla base d’un programma per il passaggio del Paese, in poco più di due anni, a un livello di vita europeo occidentale. L’ex re – caso pressoché unico nella storia, insieme a quello di Sihanouk di Cambogia – diviene capo di un governo di coalizione tra Movimento nazionale Simone Secondo e il Movimento per i diritti e le libertà, rappresentante della minoranza turca: in cui entrano, a titolo personale, anche alcuni rappresentanti del Partito socialista bulgaro, l’ex Partito comunista del “dinosauro” stalinista Todor Hristov Zhivkov.

Sull’esempio anche della Grecia – che, negli anni Ottanta, aveva pienamente superato le dolorose lacerazioni della Guerra civile del 1943-49 tra il governo nazionale e il movimento comunista Elas – e della Spagna postfranchista, Simeone punta soprattutto alla riconciliazione nazionale. Come premier segue una politica strettamente filo-occidentale, traghettando la Bulgaria nella Nato nel 2004; ma la sua popolarità cala di fronte al temporaneo peggioramento dei livelli di vita dei bulgari, in seguito alla tumultuosa privatizzazione dell’economia, ai prevedibili fenomeni di corruzione e all’incapacità dell’imprenditoria privata di prendere efficacemente il posto dell’economia di Stato. Dopo le elezioni del 2005 nasce una coalizione di governo tra Partito socialista bulgaro, Movimento nazionale Simone Secondo e il Movimento per i diritti e le libertà: anche se divisi da profonde divergenze ideologiche, i tre partiti si uniscono per attuare le riforme necessarie all’entrata della Bulgaria nell’Ue (che avverrà il 1º gennaio 2007).

Oggi, la Bulgaria è generalmente ritenuta un Paese con un buon livello di rispetto dei diritti umani, che nel 2010 era al 32º posto (tra Grecia e Lituania) nella lista di 181 paesi del Globalisation Index; e Simeone, ex re ed ex premier, insieme al Dalai Lama Tenzin Gyatso, è l’unico capo di Stato dei tempi della Seconda guerra mondiale ancora in vita. Questa sua autobiografia è stata presentata con successo, alla presenza dello stesso Simeone, presso la sede di Gangemi Editore a Roma.

(*) Simeone II di Bulgaria. Un destino singolare. Dopo 50 anni di esilio l’unico re divenuto primo ministro (Gangemi Editore, ristampa 2023, 319 pagine, 24 euro)

Aggiornato il 17 luglio 2023 alle ore 12:08