Com’è organizzato il lavoro oggi? E come sarà nel prossimo futuro? Cosa accadrà quando quasi il 50 per cento del lavoro sarà sostituito dalle macchine? Come vivremo se non dovessimo più lavorare? Il regista italo-svedese Erik Gandini con il suo ultimo documentario, After Work, non dà risposte, ma indaga diverse condizioni di lavoro diffuse nel mondo cercando di suscitare una riflessione nello spettatore su questo scottante tema. Non sono domande nuove. Le questioni connesse alle innovazioni e ai cambiamenti tecnologici in rapporto al lavoro e alla sua organizzazione, alla disoccupazione e al tempo libero sono problemi che l’uomo si è posto da sempre. Già Aristotele, che sosteneva la necessità della schiavitù, nel primo libro della Politica ipotizza che se le spolette dei telai avessero imparato ad andare da sole in modo da tessere automaticamente non ci sarebbe stato più bisogno degli schiavi. E così fino ad arrivare a John Maynard Keynes che, per far fronte alla “disoccupazione tecnologica”, sosteneva che in futuro sarebbe stato necessario ridurre la settimana lavorativa a soli tre giorni.
Erik Gandini, in modo provocatorio e con ironia tagliente, cerca di inquadrare le criticità della situazione attuale in Corea del Sud, Italia, Stati Uniti e Kuwait con i suoi risvolti più inquietanti, opachi e anche indecenti, attraverso un’efficace narrazione segnata da un mosaico di realtà contraddittorie e incoerenti che pesano su un futuro ancora molto incerto. Ogni tessera del mosaico costituisce un esempio che fa riflettere, fin dai primi casi descritti all’inizio del documentario. Da una ricerca sulle condizioni del lavoro negli Stati Uniti nel 2018 della Project Time Off della Us Travel Association emerge che sono rimasti inutilizzati 768 milioni di giorni di vacanza, equivalenti a circa 65 miliardi di dollari di mancati benefici, una media di 571 dollari per dipendente, e che il 55 per cento del lavoratori ha rinunciato volontariamente al diritto delle ferie pagate.
In Corea del Sud, il Governo ha cercato di arginare il superlavoro, che sta causando insorgenza di malattie e di malessere sociale, con una campagna di persuasione per ridurre il tempo dedicato al lavoro e, per costringere i lavoratori a farlo, è stato introdotto, per legge, il “Diritto al riposo” con un sistema automatico di spegnimento dei computer alle sei del pomeriggio, riducendo le ore settimanali da 68 a 52. Al contrario, il Kuwait rappresenta un esempio di mancata opportunità di lavorare di meno, grazie al petrolio, in cui emerge che potrebbe essere peggio irrilevanti che sfruttati.
Dal documentario si rileva chiaramente che in questa fase c’è incertezza e smarrimento perché se da un lato è chiaro che l’introduzione dell’intelligenza artificiale sta portando rapidamente (si presume in un ventennio) alla fine di molte attività, dall’altro ancora non si intravede come sarà possibile alle moltissime persone che hanno perso e che perderanno il posto di lavoro di poter vivere dignitosamente. Questo è un problema oggi ineludibile, certamente tra i più ardui e i più urgenti. Secondo Erik Gandini, “forse non è il lavoro a nobilitare l’uomo, ma la libertà di scegliere quello che vuoi”.
Aggiornato il 14 luglio 2023 alle ore 12:37