Cosa resta del giorno? Un secolo, anzi due – di cui lo scorso funambolico e ruggente – che hanno visto passare innumerevoli artisti, grandi e ignoti. Ma si sa, ogni cosa scorre e fugge via, inarrestabile. Tra costoro, tra i pochi rimasti di una stagione irripetibile che ha visto l’arte pittorica e scultorea, intelligente, innovativa, oltrepassare ogni altra avanguardia novecentesca già defunta, ancora oggi, al pieno delle proprie facoltà intellettive e creative, nelle notti e nei giorni che si snodano tra Roma, Stoccolma e Los Angeles, tra gallerie di alto profilo e uno scotch, si può avere l’inusitata fortuna d’imbattersi in uno – uno tra gli ultimi rimasti – dei protagonisti assoluti della scena artistica mondiale: Sergio Guzzo Premoli.
Nei suoi appena trascorsi ottant’anni, ancora brillante, arguto, galante con ogni affascinante donna, Premoli crea la propria arte senza più alcuna preoccupazione né di ricchezza né di fama da acquisire. Tanto ha già avuto tutto, compresa la sua attuale bella e intelligente signora. Amici Premoli ne ha ancora tanti, oltre a quelli che ha avuto e che hanno fatto la storia della musica, come Jim Morrison, e che ancora fanno cinema “da eroi”, come Oliver Stone. Mentre alla sua “tavola rotonda” potete trovarvi chi abbia qualcosa da dire in qualsiasi campo dell’arte, dalla pittura alla musica, dal cinema al teatro – quello stesso teatro che lui adora e per il quale scrive – in un rutilante mondo che si oppone con ogni sua forza al trascorrere inesorabile delle stagioni.
Sergio Premoli è figlio di quell’arte fiorentina e romana antica, ma forse la sua vera patria sono gli Stati Uniti; cittadino d’un mondo che sta svanendo sotto i suoi ironici occhi, sotto il suo pennello ancora fermo che ha ritratto John Kennedy, lui che ha vissuto la Roma artistica di via Margutta – sì proprio quella resa immortale da Il segno del Comando – al fianco di Tano Festa e altri illustri pittori italiani. Tutto questo molto prima che emergessero attuali critici, oggi osannati e allora ignoti. O comunque in via di scomparsa. Sarà uno dei più illuminati – e acuti tra loro – Emilio Villa, colui che esalterà le sculture da Sergio create, definendole “trismeghiste”, chissà se riferite al mondo della tradizione ermetica o più semplicemente in quanto triplici nella loro grandezza, legate al sesso, al cuore e alla mente dell’uomo. L’Università di Harvard lo vedrà insegnare Storia dell’Arte e primeggiare nelle sue esposizioni tra le “vecchie colonie” d’America, in quel mondo antico e nel contempo ultramoderno dove un grande Howard Phillips Lovecraft ha ambientato le proprie storie fantastiche.
Gli anni Settanta lo vedono con Roger Vadim in un’atmosfera di creazione continua, inesausta, tra comparsate nel cinema – suo è il magnifico e fiammeggiante poster creato per The Doors di Stone, con Val Kilmer nella parte del Re Lucertola – Premoli è uno dei rari artisti che nel Secondo Dopoguerra, libero e selvaggio, non è mai volutamente finito sul “libro paga” del vecchio Partito Comunista italiano che conteneva invece molti altri suoi colleghi.
Mercuriale, saltimbanco, acchiappanuvole e creatore di sogni, ideatore di non facili provocazioni, il Nostro ha continuato sino ad ora la sua corsa contro il tempo, senza cedere d’un solo passo. E ancora, in questi giorni di questa strana, estate stregata, sta terminando la creazione d’una nuova mostra che vedrà la luce certamente a Roma nei prossimi mesi, dal singolare titolo de Il Tempo che fu, legata alla sua creazione di un nuovo movimento – l’unico reale movimento artistico nato in questo primo Ventennio, altrimenti vuoto, desolante e triste – che ha voluto chiamare “Tra Art”.
Se Il Tempo che fu sarà una lirica esposizione tra libri e arte e immagini d’un tempo, appunto, che purtroppo non è più, il movimento artistico a essa legato va in cerca di un delicato equilibro tra la tradizione e il futuro. Cosa non facile, certo, ma Sergio Guzzo Premoli non è artista da poco, quindi dedito a cose facili. Pertanto, cerca nella sua pittura non soltanto la Bellezza, ma anche una Conoscenza, un’Armonia che conduca Oltre, senza rinnegare le esperienza passate.
Sergio Premoli è infine un amico, un signore che ancora dandisticamente racconta un mondo scomparso a chi come me, nato in quegli anni Sessanta, non ha fatto in tempo a viverlo. Un mondo dove ogni sera romana – come a Venice Beach – era una festa senza fine. Dove gli amori erano passioni avvolgenti e creatrici, tra musica e vino, sotto stelle ancora visibili nel cielo. Quindi il mio invito, anche come scrittore e curioso d’arte – di ogni arte – è quello a voi che avete la bontà di leggere queste mie righe di seguire le prossime avventurose imprese artistiche di Sergio Premoli. E per qualche istante, almeno, cercare così di fermare il Tempo e rendere questa vita un po’ più bella. Fatelo per Amore, mai per paura.
Aggiornato il 13 giugno 2023 alle ore 11:37