Visioni. “La famiglia dei diamanti”, un affascinante dramma familiare

La famiglia dei diamanti (Rough Diamonds) è una serie tivù avvincente, ma verbosa. Il racconto televisivo, in otto puntate da quasi un’ora ciascuna, visibile in streaming su Netflix dal 21 aprile, porta la firma degli autori israeliani Rotem Shamir e Yuval Yefet. La storia segue le vicende dei Wolfson, una famiglia ebraica ultraortodossa che opera nell’industria dei diamanti di Anversa. Noah (Kevin Janssens), che da anni ha chiuso ogni rapporto con le proprie radici, rifiutando i dettami religiosi e invischiandosi nella malavita, ha avuto un figlio, Tommy McCabe (Casper Knopf), da una donna scomparsa prematuramente, la cui madre, Kera McCabe (Tine Joustra), è a capo di un’organizzazione criminale di Londra. Ma il suicidio del fratello minore Yanky (Vincent Van Sande) riporta Noah in Belgio. Tornando a casa, scopre che l’attività di famiglia è gravemente compromessa. Tocca a lui salvare l’azienda. Un’impresa in cui sarà coadiuvato, tra alti e bassi, tradimenti e rappacificazioni, dalla sorella Adina (Ini Massez) e dal fratello maggiore, Eli (Robbie Cleiren). Noah è chiamato a risolvere un intricato sistema di debiti, ricatti e pericolose frequentazioni. Ma a contrastare la sua attività trova un’incorruttibile e tenace procuratrice, Jo Smets (Els Dottermans). In questo suo ritorno alle origini, Noah incontra anche l’amore di un tempo, Gila (Marie Vinck), vedova del fratello.

La serie tivù è un insieme di generi diversi. Il thriller incontra il giallo, prima di virare verso il cinema d’azione americano. Il copione avrebbe dovuto indagare meglio sulle relazioni interne alla comunità ebraica ultraortodossa. Perché il tratto originale della serie tivù risiede indubbiamente nell’ambientazione. Il contesto acquisisce un’importanza superiore al testo. E, anche se l’elemento narrativo più interessante riguarda il dramma familiare intimista, l’impianto drammaturgico della serie tivù è carico di deviazioni narrative. Tuttavia, la messa in scena è essenziale e la direzione degli interpreti è puntuale. Svettano due interpreti su tutti: la tenace Ini Massez e il dolente Robbie Cleiren, il fratello sconfitto. I due attori belgi riescono a conferire un’umanità afflitta che manca nell’approfondimento psicologico dei loro personaggi. Nella consapevolezza della sua personale disfatta, quello di Cleiren è una sorta di omaggio dell’indimenticabile Fredo di John Cazale, nel Padrino di Coppola.

Aggiornato il 05 maggio 2023 alle ore 18:20