È scomparso Alessandro D’Alatri. Il regista romano è morto a 68 anni. Con il cineasta se ne va uno sperimentatore, un pubblicitario di talento, un regista sensibile, sempre capace di intercettare il nuovo. Capelli rosso fuoco, baffo stiloso, dinamismo perenne sono le prime caratteristiche con cui viene da ricordare il giovane cineasta che si affaccia sulla scena nel 1991, con la sua prima regia, Americano rosso, tanto convincente da fargli guadagnare il David di Donatello e il Ciak d’oro per il migliore esordio. Ma D’Alatri calca il set fin da giovanissimo, avendo debuttato come attore e qualcuno lo potrebbe riconoscere nel piccolo Giorgio del Giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (1970). È stata però la pubblicità la sua vera palestra, un esercizio di mestiere e duttilità che gli vale oltre cento spot, già dai primi anni Ottanta, premiati a Cannes. La successiva campagna per la telefonia (Una telefonata allunga la vita, con Massimo Lopez) e quella per il caffè (con un giovane Paolo Bonolis) sono ancora citate come esempi di creatività al servizio dell’industria.
Ma Alessandro conserva la prospettiva cinematografica. Nel 1993 trova il suo primo, autentico “fratello” cinematografico in Kim Rossi Stuart, che dirige in Senza pelle nel 1994, conquistando un inatteso spazio nel concorso di Cannes e un Nastro d’argento per la sceneggiatura. Il sodalizio continua con I Giardini dell’Eden (1998) in concorso a Venezia, forse la sua opera più ispirata, affascinante, ambiziosa. Prosegue spesso da regista, scegliendo temi importanti gestiti con un minimalismo quotidiano. Valorizza Fabio Volo (Casomai e La febbre) o Paolo Bonolis (Commediasexi). I suoi due ultimi lungometraggi sono oggi quasi invisibili (Sul Mare e The Startup), ma confermano una singolare sensibilità alla “lunga ala della giovinezza” che lo farà ricordare come un irredimibile Peter Pan del nostro tempo.
Nel frattempo D’Alatri aveva scoperto le potenzialità del racconto in musica mettendosi al servizio (per riusciti videoclip) di artisti come Renato Zero, Negramaro, Elisa, Laura Pausini, ma continuava a pensare cinema e aveva un nuovo progetto nel cassetto. Il suo ultimo lavoro è stata invece una serie tivù, Il professore, con Alessandro Gassmann appena due anni fa. Dopo anni di cinema, D’Alatri si è dedicato, con successo, alle serie tivù. Con la complicità dello scrittore Maurizio De Giovanni, il regista ha portato al successo prima I bastardi di Pizzofalcone (2018), con l’amico Gassmann e poi Il Commissario Ricciardi (2021), con Lino Guanciale. In entrambi i casi aveva passato la mano per le successive stagioni, ma l’impronta del suo stile, della sua umanità andavano di pari passo con l’invenzione letteraria dello scrittore e ne hanno amplificato il successo.
Aggiornato il 04 maggio 2023 alle ore 17:32