“Manfred”, la messa in scena di Glauco Mauri

L’antieroe che soffre il tormento dei demoni. Glauco Mauri cura la regia del Manfred di George Byron.

“Essere attori – afferma – non vuole dire essere bravi interpreti, ma avere la possibilità di poter trasmettere quella meravigliosa responsabilità di far sentire i sentimenti: in questo il teatro è poeticamente molto utile”.

Mauri porta in scena quella che nella sua filosofia è la missione stessa del teatro. All’alba dei suoi 93 anni il grande attore e registra si lancia in una nuova avventura: sarà il protagonista, come voce recitante, del concerto in programma al Teatro Costanzi domani, che vedrà sul podio dell’Orchestra dell’Opera di Roma il direttore musicale Michele Mariotti con uno dei grandi capolavori della letteratura musicale tedesca. Manfred, il poema drammatico in tre parti per soli, coro e orchestra, opera 115 di Robert Schumann, è tratto da George Byron. Manfred è un personaggio “pieno di colore e di sfumature”, una dote, osserva Mauri in un’intervista all’Ansa, che “è sempre di aiuto per gli interpreti”. Ma soprattutto è animato da un tormento che lo rende unico e forse anche per questo ci appare oggi un eroe post-moderno, lacerato dai fantasmi che lo perseguitano.

“Lui è completamente in lotta con sé stesso: brama la morte ma l’aborre, lotta con il desiderio di farla finita e solo alla fine del dramma, quando ormai è sfinito da questa battaglia, dice al vecchio abate che gli è vicino: non è così difficile morire”, racconta Mauri affascinato dalle contraddizioni del personaggio “così pieno di altre riflessioni” rispetto a quel senso di colpa che lo attanaglia, specchio, probabilmente, della dolorosa esperienza del poeta che aveva dovuto lasciare l’Inghilterra, a causa di una presunta relazione incestuosa con la sorellastra Augusta Leigh. Maledetto, portatore di rovina, privo di pace, alla ricerca di una morte che non trova, ma anche dotto all’inverosimile: “La natura nascosta lui l’ha vissuta, lui sa tutto, tutto gli appartiene, ma questo non gli giova”, osserva l’attore. Anche la composizione di Schumann “conserva tutto il suo dramma che non è solo amoroso, ma esistenziale”.

In questo, per Mauri, l’aforisma di Bertolt Brecht resta l’essenza del teatro: “Tutte le arti – cita – contribuiscono all’arte più grande di tutte: quella di vivere. Amo questo personaggio perché credo che abbia provato tanti più sentimenti di quelli che provano le persone umane: è affollato di sentimenti”. Mauri ha anche scelto le altre voci recitanti tra un gruppo di giovani attori, ex allievi dell’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio D’Amico. “Spero – rimarca – di aver passato loro non la mia bravura, ma l’insegnamento sull’umanità che offre il teatro. Io spero sempre che il mio lavoro serva agli altri e loro, di contro, hanno portato un fresco entusiasmo: le prove con Mariotti, il coro e l’orchestra sono state per tutti noi un’emozione molto forte. E sono io che mi sono sentito protetto da loro”.

Aggiornato il 19 aprile 2023 alle ore 17:44