La guerra personale di Lyudmila Pavlichenko

Premessa: Accordo russo-germanico di spartizione della Polonia. Tradimento hitleriano dell’accordo Molotov-Ribbentrop con l’inizio delle operazioni militari tedesche sul suolo russo. L’azione è definita dall’Alto Comando Germanico “Operazione Barbarossa”. Stalin è attonito. Non ha voluto ascoltar i rapporti dei suoi servizi militari. Reagisce con una risposta bellica lenta ed inadeguata. Gli aiuti promessi dagli anglo americani tardano ad arrivare. Si godono lo spettacolo di due nemici che si massacrano fra loro. La Russia non dimenticherà questa “lentezza”. Il costo del ritardo alleato è di ventisette milioni di morti fra esercito e popolazioni innocenti. Un carico storico che in molti cercano di dimenticare o di minimizzare ancora oggi.

In questo quadro caotico e devastante, si fanno avanti numerose figure eroiche femminili, le “streghe della notte” che costituiscono i ranghi di tre reggimenti aerei. Fra queste Marina Mikhailovna Raskova, Valentina Grizodubova, Evdokija Davidovna Beršanskaja che scorrazzano dietro le linee germaniche gettando bombe dai canestri caricati su aerei leggeri, quasi totalmente di cartone.

L’elenco di donne coraggiose e, soprattutto, letali continua con le operazioni di terra, con azioni che sono un insieme tra guerra psicologica ed eliminazione fisica selettiva. Le donne presenti nell’Armata Rossa saranno oltre un milione! Viene costituita nel 1945 la Scuola di Centrale di addestramento delle tiratrici scelte con iniziali duemila donne iscritte.

Fra loro primeggia Lyudmila Michajlovna Pavlichenko, la prima cecchina dell’esercito russo e del mondo con un carico di 309 eliminazioni dirette di soldati tedeschi. Quando a Lyudmila chiesero quanti soldati aveva ucciso, lei rispose “Nessuno. E poi 309 nazisti”.

Dopo aver conosciuto un ragazzo che di vantava di saper tirare con la pistola, Lyudmila, incuriosita, decide di frequentare un poligono di tiro dove dimostra di avere fermezza e di possedere una mira eccezionale, con il cento percento di risultato. Nel frattempo, è una tranquilla studentessa di scienze presso l’università di Kiev e che vuole arrivare alla carriera accademica. Non appena iniziata l’invasione tedesca, lei chiede di essere arruolata tra i fucilieri. Dopo vari tentativi negativi, si presenta l’ultima volta con il giaccone dove ha appuntato tutti i successi in campi da tiro a segno. La inseriscono come tiratrice scelta. Ha meno di ventiquattro anni. Viene destinata alla 25ª divisione fucilieri dell’Armata Rossa.

Riesce a superare la sua prima prova di tiro uccidendo in sequenza due soldati tedeschi in campo aperto colpendoli alla testa in due secondi. La calma e la precisione convincono il suo utilizzo come cecchino verso la parte avanzata del fronte. Uccide con freddezza e calma 273 soldati e 36 cecchini in dieci mesi, in molto meno tempo dei previsti 24 mesi.  Altre donne seguiranno l’esempio di Lyudmila, ma nessuna ancora oggi ha superato il numero di bersagli. La prova più dura è l’uccisione del migliore cecchino tedesco con appostamenti al gelo per tre giorni senza cibo, senza bere, senza muoversi di un millimetro. Il cecchino le tende una trappola facendo girare un gatto fra le linee per farle credere che non c’erano umani in giro. Lei non si inganna. Il cecchino, certo che lei si sia allontanata, si distrae e viene fulminato alla testa cinque secondi dopo. La sua vita personale è difficile. Si sposa a sedici anni, ha un figlio e divorzia poco dopo conservando il cognome del marito. Lavora duramente in fabbrica. Durante la battaglia di Sebastopoli si risposa con un tenente che muore in combattimento poco dopo. Subisce un ferimento grave. Viene ritirata dal fronte ed utilizzata dal regime sovietico come ambasciatrice nel mondo dell’eroismo russo con lo scopo di coinvolgere le altre potenze occidentali ad entrare direttamente in guerra. Eleanor Roosevelt vuole incontrarla. Si piacciono, accomunate da una fortissima volontà personale. Fa amicizia con lei e la porta con sé in quarantaquattro Stati americani. Alla stupida domanda della stampa Usa sul perché lei non si truccasse, la asciutta risposta fu: “Quando tenti di sparare per primo e con la mira giusta, non hai tempo di truccarti”. Ovviamente, fu bersagliata ed insultata dalla stampa intera totalmente disinteressata al coraggio della donna. La campagna si concentrò sul suo aspetto definito poco femminile, secondo i canoni di una America immersa nello spettacolarismo smargiasso ed arrogante dentro un mondo di cartone ancora attivo ai giorni nostri.

Lyudmila dimostra notevoli doti creative durante le rapide e letali eliminazioni. Tiene in considerazione numerosi fattori ambientali quali la velocità del vento, la temperatura, la luce del momento, la distanza, l’arte dell’inganno con l’uso di fantocci e finti cespugli. Tutto sarà raccontato in un libro vari anni dopo dal titolo “La cecchina dell’Armata Rossa”.

A fine conflitto Lyudmila Pavlichenko ottiene il grado di maggiore. Dal 1945 al 1953, svolge il ruolo di assistente ricercatore del Quartier generale della Marina Sovietica. Riceve la medaglia dell’Ordine di Lenin.  Incontra due volte Stalin di cui ricorda gli occhi feroci e attenti. Stalin la convince a rimanere a Mosca per insegnare ad altri cento le sue capacità. Addestra i tiratori sovietici fino alla fine della guerra. Si laurea all’Università di Kiev riprendendo il percorso personale come studiosa di storia.

La sua salute è logorata. Muore a cinquantotto anni nel 1974. Ha continuato fino all’ultimo giorno a battersi per la memoria e la tutela dei veterani di guerra. 

Aggiornato il 04 aprile 2023 alle ore 12:32