L’uomo sembra l’unico soggetto autocosciente, cosciente di esistere e che esiste il mondo fuori di lui nel tempo e nello spazio ed oltre la individuale esistenza. La coscienza della morte: pare che l’uomo sia unico a concepirla prima di morire e la coscienza delle proprie emozioni, del proprio sentire, e coscienza dell’essere cosciente del sentire, sentire l’essenzialità dell’uomo, l’unicità dell’uomo come “io”. Degli altri viventi in realtà non sappiamo, se questo modo di valutare noi stessi è realistico. Non entriamo negli animali, nelle piante. Ci supponiamo, ci crediamo speciali come specie, in natura. Ma sta accadendo un evento supremo, l’uomo suscita entità intelligenti capaci di fare enormi attività mentali, per così dire, rapidissimamente, complesse, di rispondere cognitivamente, di agire. Si pone una questione di incredibile rilevanza, superiore persino ai conflitti economici e militari, una questione che ha bisogno di soluzione se vogliamo convivere, noi e le macchine intelligenti ed operative, forse di ardua uscita più delle guerre. Se non vogliamo distruggerci, la possibilità di creare entità intelligenti al di fuori dell’uomo, idonee a compiere le operazioni mentali dell’uomo deve preoccupare ed interessare in modo radicale, non con la disinvoltura effettistica come attualmente si festeggia ogni invenzione, ricalcolando gli effetti oltre l’efficacia.
Queste sperimentazioni e l’accoglienza vispa, solerte, premurosa che molti ne fanno quasi fosse un’invenzione strabiliante e di certo positiva in tutti i sensi, ebbene non è il modo di affrontare la questione. L’uomo rischia di espropriare se stesso da se stesso, l’essere umano conferisce alle macchine le sue capacità, addirittura viene detto che l’uomo deve adeguarsi alle macchine, non le macchine all’uomo. L’Intelligenza artificiale unita alla robotica sostituirà l’uomo in campo cognitivo non solo operativo. Un imprenditore potrebbe suscitare, può suscitare attività con robot e Intelligenza artificiale senza operai, è una delle risultanze agevoli delle invenzioni nominate. Ma sarebbe la minima da valutare. È l’intera espropriazione della facoltà cognitiva, intellettuale che rischia di transumanare dall’uomo al robot intelligente artificialmente. Potrebbe raggiungere all’intera successione delle operazioni intellettuali dell’uomo compiute da robot intellettualizzati artificialmente. Medici, avvocati, notai, guidatori, la totalità dei componenti già umani e naturali trasferiti a robot intellettualizzati.
Fino al punto estremo: robot intellettualizzato che forgia altri robot intellettualizzati, altre macchine, macchine che danno esistenza a macchine, laddove fino ad oggi le macchine vengono fuori dall’uomo. Passeremmo dagli strumenti alle macchine, pervenendo alle macchine generativo di macchine. Un mondo automatizzato che provvede a se stesso senza l’uomo, dopo un primo impulso. È delirio surreale? Assolutamente, realtà realizzata. Se diamo poteri alle macchine difficilissimo limitarne il potere. È una china successoria. Non possiamo allo stesso tempo fare macchine capaci di intelligenza e circoscrivere questa intelligenza. Anzi, cercheremo di estenderla fino all’autonomia, per quelle volontà di andare oltre che ci invade e spalanca le paratie dell’inferno. Allora, fermare l’evoluzione? Impossibile. Che resta dell’uomo naturale e lo differisce dalle macchine intellettualizzate?
Credo che le macchine dotate di intelligenza artificiale non hanno il senso dell’io, non angoscia, ansia, il sentire. L’Intelligenza artificiale è soltanto intelligenza cognitiva, operatività pratica, ma non dovrebbe avere elementi esistenziali, non dovrebbe soffrire di distruggersi, non dovrebbe sentire amore, sentire dico, non agire, quindi resterebbe sempre una radicale differenze tra l’Intelligenza artificiale e l’uomo, l’uomo è autocosciente, odia, ama, respinge sentendo, la macchina intelligente non dovrebbe farlo come sentire dovrebbe limitarsi ad agire e conoscere priva di sentire. Purché evidentemente l’uomo mantenga il sentire. Potremmo anche noi ridurci ad essere pratici, cognitivi, ma privi di sentire, imitare le macchine intelligenti. O riusciremo a dare alle macchine anche il sentire, la paura di morire, il sentimento dell’io, la coscienza del limite umano, di essere appunto individui mortali, soffrire, gioire? Fosse così le macchine sostituirebbero in pieno l’uomo. Tuttavia, credo che troveremo la convivenza tra macchinuomo ed uomo.
A questo punto bisogna riconoscere, filosofi, teologi, storici hanno sbagliato. Non è lo Stato prussiano lo scopo della Storia nella trasmissione della civiltà da Oriente a Occidente, fantasiosamente opinato da Georg Wilhelm Friedrich Hegel; non è il comunismo la fine o la finalità della Storia come supponeva Karl Marx; non è la libertà lo scopo accidentato ma comunque progressivo dell’umanità come sosteneva Benedetto Croce; non è un ideale metastorico a cui cerchiamo di adeguarci, come reputava Giambattista Vico; neanche il netto divenire a caso come immaginavano Giacomo Leopardi, Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche. Abbiamo scoperto il segreto del parapiglia storico. Riconoscere che faticando una meta l’uomo l’aveva: rendere le macchine alternative all’uomo! Aristotele (e Marx) lo prospettava limitatamente al lavoro: quando le macchine faranno il lavoro dell’uomo la schiavitù sarà abolita, scriveva Aristotele; quando premendo un bottone la produzione farà da sé, vi sarà l’affrancamento dal lavoro, scriveva Marx.
Fanciullini entrambi. Vi sono state le invenzioni dei giocatori di scacchi meccanici, i grandi profeti della tecnologia, in specie Leonardo. Francis Bacone. Ma noi stiamo realizzando lo scopo nascosto, la talpa storica, far lavorare le macchine su altre macchine, e, nessuno lo aveva supposto, far pensare le macchine. O ancor di più, addirittura, possibilità vertiginosa da capo d’opera, far “sentire” le macchine, renderle sensibili. Una macchinuomo dovuta a modificazioni genetiche e tecnologiche. Sì, questo avverrà, lo vogliamo (lo vogliono!). La macchinuomo, avremo macchine coscienti o soltanto laboriose cognitive? Se giungeremo alla macchina senziente cosciente otterremo un duplicato tecnologico-genetico dell’uomo. Che avverrà? Potrebbe accadere che le macchine vogliono comandare o qualcuno le utilizzi per comandare sugli uomini secondo natura. La dittatura della macchinuomo o dell’uomo che utilizza la macchinuomo. Non è da escludere. Anzi. Sarà difficilissimo controllare tutte le articolazioni di una macchina pensante! Una svista di laboratorio, ed è (s)fatta! Tenuto conto che la pandemia sembra effettivamente provocata per una errore di laboratorio, è ipotizzabile tutto.
Allora? Attenzione agli effetti ultra perversi. Alla gara chi sovrasta in invenzioni quali che siano. Dobbiamo essere umanissimi, sormontare, scavalcare le macchine in umanizzazione irraggiungibile dalle macchine. Il “sentire” passioni, emozioni, forse questo è il lato scadente delle macchine pensanti. Dobbiamo fare quel che fanno le macchine ma oltrepassarle nell’aspetto esistenziale, valorizzare l’individuo naturale, io e l’altro umani, confinare a strumento la macchinuomo. Abominare il feticismo della macchinuomo. Assegnare un immane valore alla circostanza che ciascuno di noi è un individuo non replicabile laddove la macchinuomo è seriale! Questo dirglielo in faccia. Anche a muso duro. Diventi una missione dell’uomo mantenersi uomo-individualizzato, non programmato. Compendio in uno stampo unico, uno come uno, io come io, tu come tu, autocoscienza, coscienza, sentire, esprimere, comunicare, saper di morire, amare, vivere. Il pensiero sentito, autocosciente, cosciente, individualizzato rimarrà esclusivo dell’uomo, amare, saper di morire, voler vivere, io come io, tu come tu, irreplicabili, almeno fino ad oggi non seriali, ecco l’uomo naturale esistenziale. La macchinuomo non è soggetto unico esistenziale.
È bene che l’uomo lo sappia, che deve essere lui a mantenere l’esclusività di se stesso. Il feticismo che dà consistenza a quanto non è umano più che all’uomo ha provocato già mali perniciosi nel culto del primato della tecnica senza pesare i danni che possono cagionare. Perfino a vantare il maggior danno. L’uomo non deve ammirare la macchina maggiormente che se stesso. Non deve farsi superare dalle macchine altrimenti noi avremo l’evoluzione involutiva, dai primati verso l ‘uomo, alla macchinumo tecnologica robotica transgenica intelligente artificialmente. Determiniamo che il sistema evolutivo non sia questo, e che l’uomo sia l’ultimo risultato “umano”. Che avvenga qualche altra cosa è possibile, un superuomo dell’uomo che resta uomo naturale, ma non facciamoci superare dalle macchine, e insisto: non dedichiamoci al culto feticista delle macchine intelligenti. Perderemmo stima e amore per noi stessi e tra noi stessi. Arte, cultura, sentire, sapere di costituire un individuo, unico, non replicabile, tragicamente mortale, volitivissimamente amante della vita. Usare i robot intelligenti non contro gli uomini! Una visione esistenziale ed espressiva dell’esistenza non soltanto utilitaristica ci salverà. Insomma, differenziamoci. Non sono ipotesi stralunate. All’opposto. Stiamo al bivio, le forze anti naturali sono irrefrenate. Indubbiamente: anche la macchinuomo potrebbe servire. Sciaguratamente, potrebbe asservire.
Giorni passati, concerto, presso Inside The Music (via Bari 22, Roma), un progetto che per dei mesi terrà riunioni musicali animato dalla Fabbrica Harmonica che Annalisa Pellegrini gestisce con manifestazioni non dimenticate. E non è dimenticabile il concerto dell’ArmoniEnsemble Piano Trio, Palma Di Gaetano al flauto, Giordano Muolo al clarinetto, Danilo Panico al pianoforte. Trascrizione per i loro strumenti di pezzi vari, Edvard Grieg, Johannes Brahms, Cesar Cui, Camille Saint-Saens, Gioachino Rossini, George Gershwin, Panico e Nino Rota. Quel che hanno combinato è dicibile come indicibile. Bisognava ascoltare e vedere. La Di Gaetano che si muoveva secondo le emissioni, Muolo che la alternava in sincronia precisa, Panico dalla forte mano e una fluidità sonora che celebrava, ci arricchiva di suoni, vedere e udire come si alternavano, si davano cambio, intersecazioni, spesso divertiti, ironici, rifacimenti di animali, una pantomima effervescente che induceva chi udiva a muovere gambe, mani, mente, quando la musica perviene al suo effetto trasmette ritmo anche fisico, allora uno dice a se stesso: basta questo svilimento dell’uomo.
L’uomo sa donare, esprimere meraviglie, edifichi gli strumenti che può edificare, ma resti l’uomo espressivo, estetico, esistenziale, naturale. E vada spesso ai concerti, e la scuola sia severamente nutritiva. Attinga alla cultura di qualità. Per stimarci. Stimare. Un concertino come quello dell’ArmoniEnsemble Piano Trio ritempra. Il “pezzo” di Grieg fu da sbandierare. Bisogna conoscere e non aver timore di ammirare. Tutt’altro: vi è troppa decadenza attualmente. Deprime. Uno sforzo. Qualche gradino. Il panorama cambia.
Aggiornato il 07 marzo 2023 alle ore 13:09