Ricordo di Totò, il Principe della risata, a 125 anni dalla nascita

Ricorre quest’anno il 125° anniversario della nascita di Totò (pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio) – 15 febbraio 1898-15 aprile 1967 – che fu principalmente un attore comico, con venature di intensa malinconia, che rispecchiarono mirabilmente la natura stessa della sua amatissima Napoli. Egli dette lustro al cinema, al teatro, alla poesia – forme d’arte evocatrici di sentimenti e di passioni universali – rappresentando uno dei più significativi “biglietti da visita” dell’Italia tutta all’estero, come terra culla di creatività, di genialità, di umanità generosa protesa alla solidarietà nei confronti dei meno fortunati. Totò impersonava mirabilmente e naturalmente tutto ciò, con una nobiltà che non gli derivava tanto dai blasoni acquisiti, quanto dalla ricchezza di un animo assai sensibile alle altrui sofferenze, cui sapeva sovvenire senza plateali ostentazioni, magari nel segreto di una banconota lasciata sotto la porta di un povero, affinché il beneficiario nel raccoglierla, non potesse neanche conoscere l’identità dell’ignoto benefattore.

“Voglio pregare per Totò – disse il cardinale Crescenzio Sepe nel 2011 durante un’omelia ricordando lo scomparso – perché il Signore possa ricompensare la sua grande generosità, la carità che faceva di nascosto”. Quest’anno vogliamo ricordare il Principe come uomo, come persona che ci ha dato un grande insegnamento, non solo come artista, sul quale piano rimane inimitabile, ma anche come profondo conoscitore della miseria e nobiltà dell’animo umano, che non è certo ascrivibile a blasoni familiari, ma alla generosità del sentire, alla capacità di amare il prossimo meno fortunato, sovvenendo alle sue necessità in assoluta segretezza, senza perciò cercare neanche la ricompensa di un “grazie”. Il testamento spirituale da lui lasciato ai posteri, è affidato ad una poesia di struggente bellezza, A livella, che ognuno dovrebbe leggere per trarne motivi di riflessione sulla caducità delle fortune mondane e sull’importanza – viceversa – delle res quae sunt spiritus, le quali soltanto possono trascendere la caducità del nostro passaggio terreno.

Sino alla fine della sua esistenza, Totò si dimostrò “istintivamente” un apostolo laico dei valori evangelici, da vivere nel quotidiano al di fuori di ogni farisaica e fatua ostentazione. Quello dell’amore assoluto verso il prossimo, è stato l’aspetto meno conosciuto del grande artista, noto ai più come il “Principe della risata”, la qual definizione non è peraltro esaustiva della poliedricità del suo talento, che gli consentiva di recitare “a braccio” e di passare con naturale disinvoltura dall’interpretazione di ruoli comici, a quelli drammatici, con pari efficacia e maestria. Totò fu nel privato un uomo assai austero, il che poteva incutere soggezione o comunque sorprendere l’ospite, che pensava di trovarsi innanzi al personaggio burlesco caratteristico della maggior parte dei film da lui interpretati.

Anche quello delle scene “amene” non era comunque un altro Totò: era sempre lui, in una costante concordia discors, che trovava la sintesi esteriore nella dignità del sorriso, della smorfia, dello sberleffo mai volgare, con cui sapeva esorcizzare gli oltraggi del destino, come cogliere il lato comico nelle avversità della vita. La trascorsa povertà, le sofferenze sopraggiunte della malattia, il tormento e l’estasi di amori struggenti e tempestosi, non lo fecero mai ripiegare nella sconfitta della tristezza, ma lo indirizzarono a sublimare le amarezze nella dimensione più alta della gioia di rendersi tramite di Provvidenza, verso quanti non avevano lacrime per piangere.

Lo agevolava in questa forma di filosofia della vita, il fatalistico ottimismo della natia Napoli, città essa stessa simbiosi di solarità ridanciana e di melanconia struggente, di chiari e di scuri, di Miseria e nobiltà, per riprendere il titolo di uno dei film più famosi del principe Antonio Ce Curtis. Un suo illustre conterraneo, l’immenso presidente della Repubblica Giovanni Leone, principe del foro e di umanità, sosteneva che la vita fosse una faccenda grave, ma da temperare con un sorriso: “A me sorridere piace – diceva – c’è chi ha detto che la differenza fra l’uomo e l’animale è proprio questa: l’uomo sorride, l’animale no. A me l’uomo che non sorride fa tremenda paura. La tragedia è che in Italia, dell’autorità, del potere, della cultura, si ha un’idea tetra, togata, luttuosa, con la mutria. Scherzerei di più – confidò a un interlocutore – se non me lo sconsigliassero. In Italia un uomo politico che sorride, è guardato con sospetto”.

Vero è – per converso – che l’uomo è l’unico appartenente al regno animale che sa ridere! Il tenere viva la memoria del grande artista, ci aiuta a recuperare il senso della vita indicato dal Santo Padre con queste parole nell’omelia dell’8 luglio 2013: “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. L’Associazione Amici di Totò, custode e promotrice di siffatti valori, consente grazie all’abnegazione dell’avvocato Alberto De Marco e di tutti gli appartenenti al benemerito sodalizio, di far sì che continui a vivere lo spirito generoso che costantemente ispirò il passaggio terreno del principe Antonio De Curtis, volto a regalare un sorriso di speranza a quanti non hanno mai avuto ragioni di ridere spensieratamente nel corso della loro esistenza. La sua opera trascende la finitezza della vita esemplarmente vissuta, proiettandola nella dimensione dell’Eterno, costituendo altresì un testamento spirituale per le presenti e le future generazioni.

Aggiornato il 22 febbraio 2023 alle ore 13:32