Lidia Poët, la prima avvocata italiana

Una sentenza della Corte di Cassazione di Torino del 18 aprile 1884 vietava la professione forense alle donne. Superarla non fu uno scherzo per Lidia Poët che aspirava a svolgere la professione di avvocata. Se oggi continuiamo a parlare di lei significa che la sfida a una istituzione ai massimi livelli non fu facile. La cancellazione dall’albo dopo la sentenza fu l’inizio della sfida. Nel 1881 Lidia si laurea a pieni voti. Nel 1883 si iscrive all’Albo degli avvocati, ma il Procuratore generale ricorre alla Corte d’appello non le dà ragione. Lidia non si scoraggia. Ricorre in Cassazione che, con la ridetta sentenza del 18 aprile 1884, respinge il ricorso e conferma il divieto.

Nella sentenza si legge: “Ne risulta evidente esser stato sempre nel concetto del legislatore che l’avvocheria fosse un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non dovevano punto immischiarsi le femmine. Vale oggi ugualmente come allora valeva, imperocché oggi del pari sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare”.

Torniamo indietro. Lidia nasce vicino Torino in una famiglia agiata di fede valdese. Compie i primi studi in Svizzera. Consegue la patente di Maestra superiore normale e di Maestra di inglese, tedesco e francese. Frequenta il liceo di Mondovì nel 1877 ed è un evento eccezionale. Si iscrive alla Facoltà di giurisprudenza di Torino. La madre, vedova, le infonde la necessaria determinazione per non fermarsi, convinta dell’eguaglianza di opportunità fra i sessi. Si laurea con una tesi sulla situazione femminile in Italia e sul pari accesso al diritto di voto. Esercita il biennio di praticantato presso lo studio di un senatore amico di famiglia. Supera con facilità l’esame di ammissione all’Ordine degli avvocati di Torino. Iniziano le prime difficoltà. Lei è nubile e quindi non ha un marito che le può dare l’autorizzazione né un padre. Viene ammessa all’Ordine dopo una tempestosa riunione. Dopo il diniego della Cassazione viene espulsa dall’Ordine. Viene presentata una prima interrogazione parlamentare il 2 giugno 1884 da parte del ministro di Giustizia.

Gran parte della stampa nazionale è al suo fianco e la sostiene vigorosamente con capofila il Corriere della Sera, che le crea grande popolarità intervistandola. Con la fama, ottiene incarichi di rilievo come quello di far parte del Segretariato del Congresso penitenziario internazionale. La Francia la nomina Officier d’Académie nel 1895. Nel 1919, all’età di sessantacinque anni, vince la sua lunghissima battaglia e riesce ad iscriversi all’Albo iniziando a esercitare la professione. Lidia Poët muore a Perrero all’età di 95 anni nel 1949. Nel cimitero è visibile una lapide che la ricorda come “prima avvocatessa d’Italia”. Il suo nome è ricordato in varie città d’Italia.

Aggiornato il 15 febbraio 2023 alle ore 13:28