Ritratti. L’ultimo Sanremo (ma anche il primo)

Il 2001, per Stanley Kubrick, è un’Odissea nello Spazio. Per chi invece nella vita non ha mai indossato, neppure a Carnevale, i panni del dottor David Bowman (interpretato in quella magistrale pellicola da Keir Duella), il nuovo Millennio+1 – dal punto di vista musicale – è senza dubbio gratificante e per nulla ansiogeno. In un passaggio di consegne dove i dischi stanno lasciando il campo alla digitalizzazione, restano a referto album di un certo peso: Discovery dei Daft Punk, Amnesiac dei Radiohead, White Blood Cells firmato The White Stripes, Is This It con i The Strokes e The Argument, biglietto da visita (il migliore) dei Fugazi.

Insomma, la pastoia che obbligava a rimanere incollati alle sette note era ben salda. E poi, commercialmente, c’era sempre il Festivalbar, la cui reputazione assume toni trionfali nel 1997, con Anouk che urla al cielo Nobody’s Wife e, tanto per gradire, si toglie la maglietta, restando in reggiseno. Una grande passo per l’umanità, almeno per qualche adolescente.

Ma parlare di musica in Italia, quasi obbligatoriamente, significa tirare in ballo il Festival di Sanremo, kermesse musicale che resta avvolta nei ricordi di bambino, con la mamma, che intima al timido pargolo di registrare le canzoni (che scorrono dalle frequenze radio della Rai) sulle musicassette (già, quegli strani arnesi il cui filo veniva riavvolto con la penna Biro). E la mente, seppur annebbiata dagli anni e da qualche serata fuori dall’ordinario, pesca i ricordi di tempi lontani, tra un Perdere l’amore di Massimo Ranieri o Uomini soli dei Pooh. Una nebulosa di cui uno potrebbe fare anche a meno, che però si fa più chiara nel 2001. Per il primo – e anche ultimo – vero Festival vissuto dall’inizio alla fine.

A Sanremo, in quell’edizione, per essere folgorati sulla via di Damasco – anzi, del teatro Ariston – basta ascoltare L’Assenzio (The Power of Nothing) dei Bluvertigo. La band si piazzerà ultima in classifica, confermando una regola non scritta: nel nostro Paese – a livello artistico – il bello è qualcosa di incompreso. Il testo declinato dal frontman, Morgan, è qualcosa di attuale, a distanza di 22 anni. E il ritornello fanno bene, fanno male sto bene, sto male è lì a ricordarcelo.

Dopo quella esibizione, seguire l’evento sanremese non ha avuto più senso. Una kermesse, quella, che – per la cronaca – vede la vittoria di Elisa con Luce (Tramonti a nord est), canzone propinata a forza pochi giorni dopo la visione al cinema del film L’ultimo bacio: una combo micidiale che metterà la parola fine al love affair di uno sciagurato 22enne, il quale ha pensato pure che il Festival portasse sfiga.

A smentirlo, pochi anni dopo, ci pensò Dancing, sempre interpretata dall’artista triestina e sempre del 2001. Strana la vita. Ma questa è un’altra storia (che ancora dura).

Aggiornato il 10 febbraio 2023 alle ore 15:42