Visioni. “Argentina, 1985”, la corsa all’Oscar di un film necessario

Argentina, 1985 di Santiago Mitre è stato ammesso nella shortlist dei 15 titoli che concorrono all’Oscar per il Miglior film internazionale. La cinquina finale sarà annunciata il 24 gennaio. Le statuette saranno consegnate il 12 marzo. Presentato in concorso alla 79ª Mostra del cinema di Venezia, il film ha avuto una distribuzione limitata nelle sale cinematografiche. È il primo lungometraggio originale Prime Video argentino. Dal 21 ottobre è visibile sulla piattaforma di Amazon. Il regista 42enne, attraverso l’impresa di un procuratore costretto a diventare eroe, racconta, in un film necessario, la storia di un popolo che, tra il 1977 al 1983, ha vissuto l’orrore di una feroce dittatura. Un regime che ha reso tristemente noto l’abominevole fenomeno dei desaparecidos. L’Argentina del biennio 1984-1985 è un Paese ferito e disilluso che vuole tornare alla normalità. Ma per farlo deve fare i conti con il recente, luttuoso, passato. Per rivendicare la giustizia, è indispensabile processare le “juntas” militari. Così, per la prima volta nella storia, l’incarico di consegnare al carcere i vertici dell’esercito, complici di un colpo di Stato e una terribile repressione, viene affidato a un tribunale civile. L’onere e l’onore di istruire il processo tocca al pubblico ministero Julio Strassera (cui dà il volto un granitico Ricardo Darín). In tribunale sfilano nomi che sono diventati sinonimo di morte: Jorge Rafael Videla, Roberto Eduardo Viola Prevedini, Emilio Eduardo Massera.

La messa in scena del cineasta argentino è tradizionale, senza colpi d’ala, eppure solida, coinvolgente, sicura. Mitre guida il suo personaggio lungo una corsa contro il tempo. In pochi mesi bisogna trovare sufficienti prove di colpevolezza per i corifei del regime. Intanto, fra minacce, le vicende di una classica famiglia borghese, vecchi e nuovi incontri, Strassera muta. Acquista una consapevolezza inedita. Il ritratto che Darín disegna del suo procuratore è quello di un uomo mite, ligio al dovere, che non arretra di fronte al rischio estremo. Argentina, 1985 è la costruzione di un processo. Ma anche la riproduzione della corsa a ostacoli che un cineasta incontra nella realizzazione di un film. Tra intuizioni, cedimenti e ripicche. Mitre mostra il dolore delle testimonianze delle vittime e delle loro famiglie. Un’afflizione a cui si sottopone un intero Paese attraverso la messa in onda televisiva. Il regista, che ricorre a una fedele ricostruzione storica, gira negli stessi luoghi dei fatti rappresentati. Al di là dell’impegno di Darín, la prova degli attori segue un tono austero, mai trionfalistico. Come in ogni film processuale, l’arringa (in questo caso del procuratore) rappresenta il climax della narrazione. L’acme di una storia tragica, la cui conoscenza è indispensabile per comprendere meglio la fragilità e insieme l’ineluttabilità dei sistemi democratici.

Aggiornato il 25 dicembre 2022 alle ore 14:19