L’essere, è!

Alcuni hanno generato carnalmente umani da umani, altri considerano filiazione gli animali, e gatti, cani, pappagalli, caprette, tartarughe fanno compagnia di amore, perfino le piante divengono oasi di sentimento manifestato, necessitiamo di effondere il nostro io in altro, stringere l’esterno all’interno, è l’umanesimo, ricchezza di risonanza. Io sono un haremista di libri, un harem di concubine, presso che amate ugualmente, no, non ho la Favorita, anzi qualche libro-concubina che passò la vita in clandestinità non l’ho tolta dalla compagnia, ma so distinguere, certo.

Adesso un incontro con un libro concubina assai formosa, protuberante, presso che cinquecento pagine, scritte da me, sillabe, punteggiatura, è figlio, concubina, sono dentro questo libro o è staccato da me, io sono io, il libro è il libro, la mia vita resta nella vita sotto il segno del tempo, il libro è un oggetto, non come un figlio, una consorte, o pur venendo da me non è me, anzi, in fondo, soltanto parole? E tuttavia è il mio tempo, l’ho concepito con stati d’animo, li ho resi pagine, ma la vita è racchiusa in qualche modo nel libro? Non fosse, sarebbe una dispersione, il morire e nient’altro. È il considerare se un libro salva qualcosa della vita, che giustifica il libro (e la vita).

Apro e scorgo delle mie considerazioni sull’essere (essere, non essere). In Ho vissuto la vita. Ho vissuto la morte (Armando Editore) vi sono cenni filosofici. Filosofia semplice, onesta: l’essere, l’essere, basta, nessuna aggiunta, nessun ornamento per accrescere le caratteristiche di quanto esiste. Non possiamo che dire: l’essere esiste in quanto esiste, nessun motivo o scopo aggiungere, l’essere è completo, nessun interrogativo a quanto esiste, o l’unico interrogativo: come mai esiste nel suo essere muto da cui non dobbiamo esigere risposta, non sente, non parla l’essere, quindi vano interrogare, e non dobbiamo fingere che si dichiari con il silenzio, l’essere non fa silenzio, non vi è il silenzio dell’essere, se mai il silenzio, ma che venga dall’essere è una attribuzione umana.

Non è l’essere altro che l’esistenza di quanto esiste, invece trasformiamo l’essere in Essere e concediamo ascolto e risposta dal silenzio! Ma no, è solo l’eco di noi stessi che crediamo o fingiamo venga da chi sa quale arcano. Possiamo scomporre l’essere negli innumerevoli esseri, tutto ciò che esiste possiamo frantumarlo, resta essere, esistenza, anche la coscienza è essere, non fosse essere non esisterebbe, ma esistendo è, dunque, essere. Non è concepibile alcuna trascendenza, se è essere come potrebbe oltrepassare l’essere? Dove si collocherebbe la trascendenza, fuori dall’essere? Inconcepibile. Quindi la metafisica è soltanto una parola, l’essere è inoltre passabile e totale. La morte è un cambiamento dell’essere, qualcosa in qualcosa d’altro. E, per l’uomo, sopra tutto, distacco della coscienza dal corpo.

La coscienza, perduto il corpo, svanisce, giacché la coscienza esige l’oggetto anche al suo interno. Se la coscienza resta anche separata dal corpo, lo ignoriamo. Leggendo poche righe, dal libro mi vengono altri pensieri sull’essere. Forse scriviamo per non dimenticare i nostri pensieri, perché siamo organismi che tendono all’espressione, il vento che trascina le nuvole, smuove le onde e vibra le foglie, così, perché il vento ha forze e turba quanto preda. Il divenire muto dell’essere. Non sente, non vede, non parla, inutile interrogarlo. L’essere, è. E noi uomini? Niente di che: siamo! Siamo essere? Esseri!

Aggiornato il 08 dicembre 2022 alle ore 11:29