Ritratti. Memorie dimenticate: bunkerini, il sistema difensivo nel degrado

Un sistema difensivo realizzato sul litorale romano e laziale dal Regio esercito italiano – poi preso in carico dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 – per fronteggiare i possibili sbarchi delle forze nemiche. Tracce ancora presenti ma che, adesso, sono in preda a degrado e incuria. Sono i cosiddetti bunkerini: domenica 20 novembre, a Fiumicino, alcune associazioni (Comitato Fare Focene, Retake Fiumicino, Sotterranei di Roma, Protezione civile Nuovo Domani e Progetto Forti) a partire dalle 9 daranno vita a un’operazione di pulizia e decoro. In programma, gli interventi su viale della Pesca, all’incrocio con via Ippolito Salviani, nella postazione ormai trasformata in una discarica di rifiuti. Alle 12, invece, in via delle Acque Basse (all’incrocio con viale di Focene) ci sarà un incontro informativo nel punto danneggiato da un cantiere edilizio e salvato dalla demolizione, per il rotto della cuffia, nell’autunno del 2020 grazie alla mobilitazione dei residenti. Un punto, questo, che è stato dichiarato di “interesse storico-artistico particolarmente importante”, riconosciuto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma e sottoposto a vincolo. E che da due anni è in attesa dell’avvio di un progetto di restauro e valorizzazione.

L’iniziativa – il “Bunkerini day” – ha l’intenzione, come hanno spiegato gli organizzatori, di rappresentare il primo passo verso una serie di appuntamenti volti alla sensibilizzazione di istituzioni, cittadini e scuole nei confronti delle tracce di memoria bellica – dal grande valore etno-antropologico – che sono disseminate sul litorale e rischiano di andare perse per sempre nel disinteresse e per l’avanzare dell’urbanizzazione.

IL SISTEMA DIFENSIVO DEL LITORALE

Andrea Giacomo Grazzini, autore del libro “A difesa di Roma. Capisaldi e bunker italiani intorno alla Capitale nella Seconda Guerra Mondiale”, ha fatto sapere che nell’entroterra, all’altezza dei principali assi viari e ferroviari di accesso a Roma, vennero creati, in primis, dei “capisaldi fortificati”. Non solo: nelle vicinanze del mare furono realizzati dei posti di blocco costieri e, a due passi dalla battigia, vennero allestite delle costruzioni in calcestruzzo, ossia i posti di osservazione costiera, che dovevano fungere sia da vedetta che da allarme tempestivo nel caso di ipotetici sbarchi dei nemici.

LE TIPOLOGIE DI COSTRUZIONE

Erano varie le tipologie costruttive, poiché il fine era quello di realizzare più postazioni ma con il minor costo possibile. Insomma: minima spesa, massima resa. Per dare un’idea: i posti di osservazione costiera, ha affermato Grazzini, erano composti da strutture singole e il grado di protezione per il personale era minimo. In linea di massima, erano presidiati da un gruppetto di soldati, in possesso di armi leggere e di mezzi necessari per trasmettere l’allarme. La postazione lungo viale di Focene, da par sua, aveva una zona circolare scoperta per ospitare un’arma girevole, collegata ad ambienti sotterranei, per garantire sia il riparo per i soldati che il deposito per le munizioni.

IERI, OGGI, DOMANI

Lorenzo Grassi, coordinatore del gruppo Ipogei bellici dell’associazione Sotterranei di Roma, a L’Opinione ha ricordato: “Il termine bunkerini, diciamo, è una super-semplificazione. Parliamo di strutture piccole, abbastanza standardizzate. Le possiamo trovare in più punti della costa laziale: Ostia, Sabaudia, Torre Astura, Civitavecchia, Santa Marinella. Sono quasi a vista, l’una con l’altra. Anche una ogni 100 metri. Alcune sono sotto la sabbia, altre stanno in acqua, altre ancora spuntano dalle dune. Sono presenti pure in Toscana, Liguria, Sicilia. I bunkerini – ha proseguito – erano costruiti con ghiaia e calcestruzzo. Quelli più articolati avevano sia un cerchio esterno, che rappresentava lo spazio necessario per porre la mitragliatrice sia degli ambienti sotterranei, che diventavano un riparo per le munizioni e i soldati (uno, massimo due)”.

In Italia i bunkerini sono apparsi intorno al 1942, “quando ci si accorge del pericolo di un possibile sbarco dei nemici. Presi in sé, sono pezzi di cemento. Ma hanno un valore molto alto. Per questo riteniamo che sia giusto “riportarli” in vita. Sono sentinelle della memoria. Purtroppo, molti sono dimenticati, demoliti, seppelliti dal tempo e dall’incuria, trasformati in cestini della spazzatura. Alcuni sono diventati dei giacigli di fortuna. Nessuno sa cosa siano – ha terminato – e in pochi, soprattutto gli anziani, se li ricordano. Prima c’era meno considerazione sul tema, anche a livello di istituzioni. Adesso, invece, le cose sono un po’ cambiate. Un aspetto particolare, se vogliamo, è che il nostro Paese ha una legge rafforzativa che tutela i resti della Prima guerra mondiale, come le lapidi, per fare un esempio. Ma non c’è stato un seguito per quanto concerne la Seconda guerra mondiale. A tal proposito, solo la Regione Sicilia ha mostrato una certa attenzione, “aggiornando” la norma”.

Aggiornato il 18 novembre 2022 alle ore 13:26