Per parlare di questo libro denso di intuizioni partirei da una frase del filosofo Martin Heidegger: la tecnica è la forma più raffinata delle più durevole proletarizzazione. Frase tratta dal suo libro Riflessioni XII-XV, Bompiani, 2006, pagina 163. Ben prima, il senso di questa affermazione ci è fornita dal film muto e in bianco e nero del 1927 Metropolis di Fritz Lang. Sequenze lente sullo sfondo di una metropoli solcata continuamente da mezzi su ruote e mezzi aerei che sfrecciano fra edifici stilizzati immensi dove gli umani vi abitano ma non se ne vede traccia. La tecnica riduce gli individui a cose misurabili che compiono azioni quantificabili! Arriverà la stagione del divisionismo, del macchinismo entusiasta, degli aeropoemi della velocità. In musica irrompe la dodecafonia di Arnold Schoenberg e dei suoi epigoni. Questi movimenti riflettono la crescente frantumazione dell’essenza unificata dell’umanità. Il singolo, come un tutto coordinato, scompare per lasciar posto ad una figura lacerata, come ben descriveranno l’urlo di Munch e i silenzi e la fissità ossessiva e gelata in un eterno presente di Hopper. Siamo lontani dalla ricerca di passaggi simbolici nascosti fra le pieghe delle rappresentazioni medievali fino ai preraffaeliti, per arrivare ad una parte degli impressionisti.

Tutto questo per dire che, oggi, l’orizzonte degli umani corre su uno scenario racchiuso in un percorso senza futuro né passato eliminando di fatto la possibilità di progettare e di creare. Anche il linguaggio si appiattisce. Assistiamo alla dolorosa estinzione del congiuntivo che descrive fatti ed eventi che possono avvenire, ma anche no! Muore una bella sfumatura di possibilità senza il compianto di nessuno! Tutti devono correre come lepri.

Ebbene, questo libro ci avverte che l’Arte non è tutto questo. Non è esclusivamente la narrazione storica degli autori, delle correnti artistiche, delle loro tecniche, come viene diffuso dalla stragrande maggioranza degli esperti nei loro riveriti testi, dei prezzi delle opere, ecc. L’arte, ci avverte l’Autore, muore al momento della sua riproducibilità tecnica, della sua commerciabilità prima ancora del suo valore simbolico.

L’Arte è invece mitopoiesi. Ma anche tale definizione non basta. L’Arte è un processo, un corridoio che conduce il viandante verso la Luce della Conoscenza il cui significato è ben diverso rispetto alla Sapienza (pagina 74). La Bellezza ne è il veicolo (pagina 77). L’Autore ci partecipa la visione dell’Arte come Progetto e come Utopia (p. 75). Nel corso dei secoli, l’Arte ha avuto stretti e complicati rapporti con la Committenza dalla quale non sempre si è fatta sottomettere.

L’Arte è Magia, una forza aurorale che Dante descrive dicendo nell’ultimo verso del Paradiso: L’amor che move il sole e l’altre stelle (canto XXXIII, al verso 145). La Magia è l’anima universale dell’orizzonte degli eventi. E l’Amore è l’elemento unificante di questo orizzonte. Ci viene detto come un sogno vertiginoso nella stranissima opera di Francesco Colonna, Hypnerotomachia poliphili pubblicato nel 1489. L’Amore è l’emblema dell’amor cortese ma significa ben altro che non può essere detto chiaramente per non cadere nel tritacarne dell’Inquisizione. L’Amore cortese è un travestimento che nasconde il vero messaggio: l’A-more che è l’immortalità ottenibile solo con lunghissimi anni di ricerche personali lungo un cammino che non ha fine. Ecco che il messaggio di questi artisti viene mediato e coperto perché tutto questo non è accettabile da una struttura dottrinale costruita sulla verità rivelata da un clero dispensatore della Fede a fedeli sottomessi e oranti.

Un’eccezione brilla nel panorama moderno ed è il critico d’arte e diplomatico lituano di lingua francese Jurgis Baltrušaitis, attentissimo esploratore e narratore di presenze originali nella produzione artistica: le anamorfosi. Si tratta di studi che cercano di dimostrare che la creazione artistica va oltre gli schemi, non è imprigionabile dentro complicatissime interpretazioni elaborate ad usum delphini. La realtà non è sempre quella della percezione immediata. Ed è questo il terreno di ricerca del libro. Il titolo del libro ci fa capire che il testo di Dalmazio Frau è un’enciclopedia che assomiglia al grande mosaico della cattedrale di Otranto. Ci racconta un percorso diverso senza essere alternativo alle interpretazioni storiche classiche. Ma apre una porta senza porta che sta a noi oltrepassare dopo esserci spogliati delle incrostazioni dei pre-giudizi. Il contenuto del libro si articola in ventisette brevi capitoli di due pagine e mezzo ciascuno. Nonostante la complessità e la numerosità dei temi trattati, il testo ha una lettura scorrevole e gradevole. Il lettore può decidere di leggere il testo scegliendo percorsi e preferenze di lettura personali legate al proprio cammino culturale. Buona lettura!

(*) Dalmazio Frau, D’Arte, d’Amore e di Magia, Tabula Fati, 2022, 180 pagine, 14 euro

Aggiornato il 11 novembre 2022 alle ore 11:26