“Evitare errori è un ideale meschino. Se non osiamo affrontare problemi che sono così difficili da rendere l’errore quasi inevitabile, non vi sarà allora sviluppo della conoscenza. In effetti, è dalle nostre teorie più ardite, incluse quelle che sono erronee, che noi impariamo di più. Nessuno può evitare di fare errori; la cosa grande è imparare da essi” (K. R. Popper, Conoscenza oggettiva, da La teoria del pensiero oggettivo, Armando 1975).
Karl Raimund Popper, nato a Vienna il 28 luglio 1902, è stato uno dei massimi studiosi del modo in cui funziona la scienza moderna. Proprio per questa ragione, perché aveva osservato da vicino il mondo della scienza, è stato anche un importante difensore della libertà individuale. In Inghilterra, Popper divenne “sir” nel 1965, e anche dopo essere andato in pensione nel 1969 ma non fermò mai il proprio lavoro scientifico, fino alla morte nel 1994.
Nel 1937, a causa delle sue origini ebraiche, emigra prima in Nuova Zelanda e poi, con l’aiuto dei suoi amici Friedrich Hayek ed Ernst Gombrich si trasferisce nel Regno Unito, dove insegnerà logica e metodo scientifico alla London School of Economics.
Filosofo ed epistemologo, Popper si concentrò sullo studio della demarcazione tra ciò che è scienza e ciò che non lo è, individuando nella falsificabilità di una tesi lo strumento per sfuggire ad una sua accettazione aprioristica sulla base delle convinzioni dell’osservatore. Il suo “razionalismo critico” rese Popper un liberale e davvero uno degli intellettuali centrali del liberalismo del secondo Novecento, soprattutto grazie a due libri, la Società aperta e i suoi nemici e Miserie dello storicismo. L’uno e l’altro potenti antidoti contro ogni tentazione autoritaria.
Lisa Kinspergher conduce “25 pensatori liberali” a cura dell’Istituto Bruno Leoni. Ospite di questa puntata è Gilberto Corbellini, professore di Storia della Medicina presso l’Università La Sapienza di Roma.
Aggiornato il 06 novembre 2022 alle ore 11:55