Il settimo e l’ottavo episodio: la “nascita” di Gandalf e Sauron
Il racconto volge alla fine. Almeno, per ora. Gli ultimi due episodi della prima stagione del Signore degli anelli: Gli anelli del potere, nonostante una maggiore cura della scrittura rispetto al resto della narrazione, non riescono a riscattare la serie tivù tratta dal capolavoro di John Ronald Reuel Tolkien. Dopo la battaglia arriva il tempo dell’agnizione. Il riconoscimento del Bene e del Male personificati. I personaggi si rivelano. Maturano un cambiamento irreversibile. I creatori della serie tivù J.D. Payne e Patrick McKay imprimono un’inversione di tendenza e di ritmo alla storia targata Amazon Prime Video. Il fuoco del Monte Fato ha invaso le Terre del Sud. La trasformazione delle lande degli uomini nella spettrale Mordor rappresenta il preludio all’avvento di Sauron, l’Oscuro Signore. Gli orchi guidati dal comandante Adar, pur perdendo sul campo, vengono aiutati dal Deus ex machina, invisibile solo in apparenza, che infligge dolore e morte.
Intanto, il confronto per estrarre il Mithril delle profondità del Regno dei nani non registra la dovuta serenità. Va in scena un autentico scontro di potere tra Re Durin III (Peter Mullan), re di Moria, e il figlio, Durin IV (Owain Arthur). Conservazione contro progresso. L’oggetto del contendere è la ritrovata solidarietà tra elfi e nani. Frattanto, i Pelopiedi, i proto-Hobbit, cercano il fuggitivo straniero (Daniel Weyman). Il gigante buono presuppone contorni sempre più ambigui: ora positivi ora tragici. È inseguito dalle misteriose Erinni velate di bianco. Le affronta. Le combatti. Le supera. Nel frattempo, la nobile guerriera elfa Galadriel (Morfydd Clark) riesce a svelare l’inganno più atroce. Così, ogni giudizio può essere ribaltato. Il presunto erede al trono degli umani delle Terre del Sud Halbrand (Charlie Vickers) esercita una chiara pressione sull’elfo Celebrimbor (Charles Edwards) per la forgiatura degli anelli. Insieme riprendono le fucine per fondere le leghe di Mithril, anche se Galadriel si insospettisce dell’influenza di Halbrand sul maestro fabbro elfico, generalmente indisponente. Così lei propone di forgiare tre anelli destinati unicamente agli elfi: “Uno corromperà sempre, due divideranno. Con tre ci sarà in equilibrio”. Infine, dopo la creazione dei primi tre anelli in assoluto, si assiste alla “nascita” di Sauron e di Gandalf, i nemici giurati.
Quel che resta della prima stagione è la sensazione diffusa di un’occasione mancata. Perché la fascinazione dell’epopea fantasy meritava una struttura più accurata. A J.D. Payne e Patrick McKay non si chiede una trasposizione fedele. Quanto, piuttosto, una riduzione convincente e molto personale. Il risultato finale lascia interdetti sia i lettori tolkeniani sia gli spettatori del cinema di Peter Jackson. Nonostante lo straordinario sforzo produttivo, l’opera che sembra i creatori del progetto rappresenta un ibrido. A metà strada tra la rilettura personale e il dichiarato omaggio all’universo immagini del colossale romanzo. Con un sovraccarico innecessario di dialoghi ridondanti che rallentano, irrimediabilmente, la narrazione.
(*) La recensione dei primi due episodi
(**) La recensione del terzo episodio
(***) La recensione del quarto episodio
(****) La recensione del quinto e del sesto episodio
Aggiornato il 30 ottobre 2022 alle ore 07:34