L’individuo tra società, nulla, Dio, io

Riprende, in specie dalle correnti liberali, una interlocuzione essenziale: chi è, che valore ha, che rilievo assegnare all’individuo nell’epoca delle grandi masse? La questione esplose nel XIX secolo. Prima la società dominata dalle minoranze aristocratiche non dubitava: il singolo (aristocratico) detiene l’essenzialità, il resto è numero buio all’ammasso. Pur essendo di religione cristiana, la strutturazione sociale prevaleva sulla concezione sacrale. Ma quando insieme alla borghesia germinò il proletariato, e in ogni caso i fenomeni rivoluzionari e socioeconomici alterarono il dominio aristocratico, il valore del singolo venne ridiscusso e sorsero concezioni “dialettiche” nelle quelli il singolo, il soggetto, l’individuo o altro venivano dialetticamente, appunto, “superati”.

Da chi? Da che? Dalla società e dallo Stato, in Georg Wilhelm Friedrich Hegel, dalla classe, in Karl Marx, dalla casta, ma va chiarito, in Friedrich Wilhelm Nietzsche. Ciò fu contrastatissimo da altri, sopra tutti da Max Stirner e da Søren Aabye Kierkegaard e nel XX secolo da Martin Heidegger. Ne ho accennato, ma è un tema decisivo e intricatissimo. Hegel non dubita. Il soggetto è un “momento” dello Spirito, il quale ha ben altri scopi che il singolo, lo spirito si afferma nello Stato, si compie, si divinizza, persino, e si espande nell’arte, nella religione, nella filosofia. Il singolo esiste, la soggettività, purché non si considerino scopi ultimi della Spirito, piuttosto “passaggi” scavalcabili, anzi: da scavalcare, fermarsi al valore assolutizzato del soggetto sarebbe, per Hegel, un errore filosofico, il non cogliere lo scopo dello spirito, lo Stato. Non è possibile vagliare le derivazioni da questa concezione, intuibili e rilevanti.

Marx taglia radicalmente, l’individuo è un insieme di relazioni, l’autocoscienza non lo caratterizza, lo caratterizza il lavoro con strumenti, la morte addirittura non lo individualizza, la morte è caratteristica della specie non del singolo! Insomma, un individuo che si considerasse tale farebbe, per Marx, un errore di valutazione. Nietzsche è meno decifrabile, da una parte è indivudualisticissimo con il Superuomo, ma a ben conoscerne le convinzioni, è tutt’altro, un collettivista netto, la casta, alla quale si avvinse nel finire della vita, il Codice Manu, induista, è la negazione dell’individualità, vale la casta non il Superuomo, addirittura Nietzsche sacrifica il Superuomo alla casta, nella quale i singoli valgono niente, vale il livello superiore o inferiore dell’insieme. Sono temi complessi, anche per Marx. Se ne dirà.

Virulentissima la protesta contro tali concezioni, di Hegel e di Marx. E tra i virulentissimi avversi, Kierkegaard, Stirner, Heidegger recentemente. Kierkegaard al dunque considera dissennato limitare l’uomo alla società, alla storia. L’uomo è una entità metafisica, vale a dire: risponde non alla società ed alla storia ma all’infinito, al possibile cosmico, al mistero universale. A differenza di Giacomo Leopardi che considerava l’Infinito indecifrabile, Kierkegaard considera l’Infinito decifrabile, è Dio. Il rapporto vero, “autentico”, parola cruciale, è tra uomo e Dio, singolo e Dio, Io-Dio. Kierkrgaard stravolge Hegel e Marx, prima di Marx, né la società, né lo Stato, né la classe (né la casta) “superano la relazione tra singolo e Dio, il valore, l’autenticità dell’uomo sta nella coscienza di avere a che fare con l’infinito, il possibile, l’oltre storica. Dio. Società e storia sono infimi in relazione all’Infinito, al possibile, a Dio.

Stirner è immensamente più desertico. Tutto ciò che è fuori dall’Io non vale per l’Io. Umanità, società, prossimo, Dio, quant’altro sono entità estranee che cercano di mangiare l’individuo, che è unico, solo, se stesso, nudo, nulla in quanto mortale. Il più recente rivalorizzatore dell’individuo è Martin Heidegger. Ma è un rivalorizzatore che rovina lo scopo che si propone. Dichiarare che è nel saper di morire come individuo la coscienza di essere individuo, la morte ci rende “individuo”, autentici, è un equivoco gravissimo. È ogni atto della vita durante la vita che ci rende individui. Ci deve rendere autentici. Essere autentici nella morte è un regalo al nulla. Ecco il principio da cui ritemprare il valore dell’individuo, esserlo durante la vita.  

Aggiornato il 21 ottobre 2022 alle ore 16:28