L’ascesa e la caduta delle case-museo

Abitare la storia è il principio per cui diverse dimore di personaggi illustri vengono musealizzate. Ma cosa porta a istituire una casa-museo? Ciò che rende eccezionali questi istituti è la loro “capacità di rappresentare la vita, le tradizioni e i valori non solo di chi ci abitava, ma anche della società in cui il padrone di casa viveva”, si legge sul sito del ministero della Cultura, perché “visitare una casa-museo è unesperienza affascinante. Tutto diventa parte del percorso espositivo: mobili, quadri, libri, oggetti di uso personale e quotidiano”.

Alcune di queste si presentano come musei veri e propri, promuovono attività culturali regolarmente aperte al pubblico. Altre sono visitabili solo su appuntamento. Spesso sono meta di ricercatori e studiosi, che si immergono per ore nelle biblioteche dei grandi del passato, messe a disposizione per leggere e prendere appunti. Per esempio, una ricerca sul Novecento letterario non può dirsi completa senza una full immersion nella biblioteca di Alberto Moravia. Spesso è la curiosità di singoli o appassionati a guidare queste visite, ma anche le scolaresche che si avvicinano alla scoperta delle opere e dei personaggi in questione fanno tesoro di questo tipo particolare di museo. Le case aperte al pubblico, dopo un periodo di ascesa, rischiano di scomparire. Molte di queste sono rimaste chiuse alle visite durante la pandemia di Covid-19, per evitare contatti e contagi. Sono state trasferite sul web le visite, con incontri e seminari, senza però raggiungere il risultato sperato.

Diversi problemi amministrativi rischiano inoltre di porre fine all’esperienza collettiva delle case-museo, a partire dai finanziamenti che dipendono spesso da Regioni o Comuni, che quando si trovano in difficoltà i primi tagbli che operano sono quelli alla cultura. La pandemia però non ha risparmiato neanche le istituzioni private, decisamente più ricche. Per esempio, il vittoriale di Gabriele D’Annunzio dopo aver speso, nel 1998, 700milioni di lire in restauri, ha perso per via del Covid-19 un milione e 200mila euro in mancate visite.

Ad oggi, le case non si contano: c’è casa di Arturo Toscanini a Parma, di Giacomo Manzù ad Ardea, di Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo, vicino a Cuneo, di Vincenzo Bellini a Catania, del generale Rodolfo Graziani a Frosinone, di Ennio Flaiano a Pescara, di Giulietta a Verona e persino la casa di Joe Petrosino, famoso poliziotto italo-americano a Padula, in provincia di Salerno. Non hanno avuto fortuna quella di Amedeo Modigliani a Livorno, chiusa per un bisticcio tra gli eredi, e quella della poetessa Alda Merini, poi chiusa per mancanza di fondi.

Aggiornato il 18 settembre 2022 alle ore 14:11