
La seconda parte di Stranger Things 4 ha lasciato letteralmente interdetti. Dopo i primi faticosi sette episodi rilasciati su Netflix il 27 maggio, è stata la volta degli ultimi due deludenti, visibili dal 1° luglio. Due autentici film, almeno per la durata: 85 minuti l’ottava puntata (intitolata Papà) e, addirittura, 150 minuti la nona (Il piano), che rappresenta il poco entusiasmante finale di stagione. Come sempre l’apparato scenografico, le atmosfere anni Ottanta, il cinema letterario “alla Stephen King” e la direzione degli attori costituiscono l’aspetto migliore della messa in scena dei fratelli Matt e Ross Duffer. Il problema, enorme, risiede, ancora una volta, nella scrittura. Una scrittura che si scontra, costantemente, con la sospensione dell’incredulità. Lo spettatore, per quanto affezionato, non può reggere i piani così narrativamente smagliati.
La sottotrama del laboratorio segreto, seppure scontata, occupa fin troppo spazio nel penultimo episodio. Nonostante le continue e stucchevoli allusioni del dottor Brenner (Matthew Modine), sappiamo sin dall’inizio che Eleven (Millie Bobby Brown), non possa aver compiuto i misfatti inenarrabili che sono stati compiuti. Eppure i Duffer Brothers ci lasciano intendere che, forse, con il potere che ha in dono, avrebbe potuto. Ma, a differenza, delle tre stagioni precedenti, la “supereroina” non è più l’elemento centrale del racconto. E questo è un errore. Perché rappresenta Eleven l’unico motivo d’interesse dell’intera serie tivù.
Non a caso, lo spazio dedicato alla storia russa appare ripetitivo grottesco, con punte di ridicolo. Piuttosto che la storia d’amore sublimata tra Jim Hopper (David Harbour) e Joyce Byers (Winona Ryder) quel che avrebbe meritato maggiore approfondimento riguarda gli esperimenti russi sulle creature del Sottosopra. Per non parlare delle due squadre parallele: quella che definiamo “Hawkins” e l’altra, “California”. Con tutta evidenza, il punto debole della stagione numero 4, riguarda l’interazione fra i troppi personaggi.
Una materia complessa per la scrittura dei fratelli registi. L’episodio numero 8 ha l’ambizione di preparare il terreno a uno sviluppo che mai arriverà. Nel nono, addirittura, come nelle soap opera anni Ottanta (altra citazione?), tutto resta sospeso, nulla è compiuto. Si fa strada il forte sospetto che Stranger Things, al di là dell’esasperato sapore citazionista, viva di momenti, di sensazioni, di sequenze. Come se mancasse un progetto d’insieme. Un piano narrativo più ampio. È del tutto evidente, è proprio l’aspetto strutturale a mancare. Un’idea di cinema raccontata attraverso il linguaggio e lo spazio di una serie tivù meritava maggiore attenzione. Purtroppo è in programma la quinta stagione…
(*) La recensione dei primi sette episodi di Stranger Things 4
Aggiornato il 07 novembre 2024 alle ore 16:41