Cristina Campo e l’essenza della bellezza

Scrittrice raffinata e profonda pensatrice. Nasce a Bologna nel 1923 da famiglia agiata e di livello culturale alto. Frequenta scuole private a causa di una grave malattia cardiaca, ha vasti interessi. Studia profondamente Hugo von Hofmannsthal e Simone Weil durante le scuole medie superiori. Esplora la simbolica delle fiabe (Fiaba e mistero e altre note, 1962), la concatenazione degli eventi che ritmano l’esistenza, l’arte che promana un’aura di Bellezza. Traduce le opere di Simone Weil.

A venticinque anni cerca l’amore impossibile con l’intellettuale Leone Traverso. Incontra importanti esponenti della letteratura italiana e mitteleuropea. Lavora per una casa editrice. Si lancia allo studio dell’esicasmo e delle grandi correnti mistiche. Considera la trascendenza come un argine alla distruzione della spiritualità e alla indifferenza contemporanea alla Bellezza. Diventa una tessitrice dell’Inesprimibile. Con lei, lo scambio epistolare si eleva ad arte, rivalutandone le notevoli potenzialità comunicative. Gli scambi epistolari sono in ordine di tempo: Lettere a un amico lontano (1989; seconda edizione accresciuta, 1998); L’infinito nel finito: lettere a Piero Polito (1998); Lettere a Mita (1999), pubblicate in proprio; Se tu fossi qui. Lettere a María Zambrano (1961-75, 2009); Il mio pensiero non vi lascia. Lettere a Gianfranco Draghi e ad altri amici del periodo fiorentino (2012).

Accetta collaborazioni letterarie con la Rai. Sono di alto livello di accuratezza e di cultura le sue traduzioni di scrittori inglesi e americani, continuando a curare le opere di Simone Weil, suo punto di riferimento filosofico e culturale. A Roma conosce Elémire Zolla che diventa il suo fulcro culturale e di vita privata. Scrive nelle riviste di Zolla. Con i suoi articoli combatte la povertà spirituale della modernità, proponendo una mistica del sacro come contatto con l’inesprimibile. Manifesta il suo forte dissenso all’apertura della Chiesa con il Concilio Vaticano II e alla modernizzazione del rito latino. Frequenta i monaci benedettini.

La morte ravvicinata dei genitori accentua il suo isolamento che evidenzia in questi versi: “È rimasta laggiù, calda, la vita/l’aria colore dei miei occhi, il tempo/che bruciavano in fondo ad ogni vento/mani vive, cercandomi…. Non vuole perdere tempo con la gente che la capisce immediatamente e per questo motivo è difficile farle compagnia.

Sostiene che il rito gregoriano è il momento della bellezza della antica liturgia, che custodisce l’antico mistero dell’arte e della religione. A Roma segue il rito bizantino nella chiesa di Sant’Antonio Abbate all’interno del Russicum-Istituto Pontificio di Scienze orientali. Ne fissa il valore nel verso: “Dio ha pietà di noi perché ci lascia ancora qualche rito, su qualche vetta remota.

Esprime un silenzioso disprezzo per le mode culturali, la società dei consumi, gli slogan, le premiazioni reciproche, la corsa alle cariche, ai soldi. Si chiude gradualmente a un mondo dove prevale l’idiozia. Questa sarà la causa del lungo silenzio sulla sua opera come esplorazione dell’anima.

La sua morte nel 1977 passa quasi inosservata, travolta dai clamori dei dibattiti sui rapporti fra industria e letteratura, fra letteratura ed educazione delle masse. Cristina Campo è la Dama dell’esilio volontario che celebra l’assenza. Scrive epistolari di rara bellezza e interesse, rivalutando un genere letterario quasi dimenticato. È la raffinata scrittrice di una poesia rarefatta, che si racchiude in poche raccolte. È l’autrice che ci parla dell’inesprimibile usando una lunga serie di pseudonimi, a tutela della sua ribelle solitudine. Poiché tutti viviamo di stelle spente.

Aggiornato il 20 aprile 2023 alle ore 11:16