Cinema italiano, Barbera: “Troppa quantità, poca qualità”

Il tema è diventato di attualità, trascinato dall’allarme lanciato da Alberto Barbera. Il direttore della Mostra del cinema di Venezia alla presentazione del programma del festival ha detto che “sono arrivati alla selezione tantissimi film italiani, troppi, molti al di sotto di un’accettabile qualità, non paragonabili alla storia del cinema italiano”. Un vero e proprio J’Accuse. Il cinema italiano viaggia a “doppia velocità”? A un numero elevato di produzione corrisponderebbe una qualità non direttamente proporzionale alla quantità. In effetti, le riprese sono a pieno regime, le maestranze sono introvabili. Ma qual è il pubblico di riferimento, visto che gli incassi in sala sono ai minimi storici? Si tratta di una situazione paradossale.

I numeri sono impietosi. La fonte è il Ministero della Cultura: 301 opere di finzione, 165 documentari e 15 film d’animazione hanno chiesto e ottenuto nel 2021 il credito di imposta, 481 titoli, una valanga se si pensa che nel 2020 erano state 115 più 80 documentari e nel 2019 74 opere di finzione, 48 documentari e un progetto d’animazione. Una ricerca del Tax credit che copre il 40 per cento dei costi eleggibili, denari pubblici che sono tra i 750 milioni di euro del fondo del ministero ripartito in tante voci tra cui questa. C’è un tema di troppi soldi, troppi finanziamenti, troppa facilità di accesso alla produzione con il rischio di realizzare film fine a se stessi e senza mercato, perlomeno quando si tratta di cinema per la sala, perché al contrario quello per le piattaforme, la lunga serialità che il fondatore di Cattleya Riccardo Tozzi chiama “cinema al quadrato”, di qualità ne ha tanta ed ha fatto crescere società, diventate appetibili da essere oggetto di shopping internazionale per mantenendo testa creativa e diritto italiano. L’ad di Medusa Giampaolo Letta è convinto dell’anomalia attuale, “siamo in un sistema a maglie larghe, per cui trovano finanziamento tanti film”.

Nicola Borrelli, a capo della direzione generale cinema e audiovisivo al Mic parla all’Ansa: “È vero, i numeri sono alti, l’incremento è notevole e stiamo intervenendo già nel 2022 e ancor di più nel 2023 per evitare qualunque rischio di distorsione. Introdurre nuovi criteri selettivi immediati sarebbe facilissimo, ma noi vogliamo agire in modo da non impedire l’affacciarsi di nuove imprese e talenti, se hanno i giusti requisiti. Intanto nel nuovo Tax credit il 40 per cento sarà anticipato e il 60 per cento alla fine e questo è un piccolo correttivo, poi faremo interventi più importanti ma senza che si vada a penalizzare i nuovi artisti e nuove società”.

Benedetto Habib, presidente della sezione produttori nell’Anica, dissente. “Restringere le maglie – sostiene – auspicando magari un ritorno alle commissioni che giudicano se assegnare o meno i finanziamenti non mi trova d’accordo. Certo bisogna usare il Tax credit per chiudere una produzione, non per farne la base per partire come spesso accade ora. La vera sfida di noi produttori, ma devo dire anche di tutto il settore è ricostruire il rapporto con il pubblico. Non staremmo qui a discutere dell’eccessivo numero di film se ci fosse un pubblico pronti a vederli. Farne di meno evita confusioni con il pubblico e spesso i film vengono fatti per essere finanziati senza preoccuparsi di avere il contatto con il pubblico, per capirci film che non usciranno mai. I film in concorso a Venezia ad esempio, e anche gli altri della selezione annunciata martedì da Alberto Barbera, sono begli esempi di film ambiziosi, grandi, che nascono già pensando ad un mercato internazionale, film che sfidano generi e temi diversi e superano la comfort zone in cui il cinema italiano si è rifugiato in anni scorsi. Ecco, secondo me nel cercare l’incontro con il pubblico questa è già una partenza e si tornerà naturalmente ad un numero ridimensionato di film prodotti”.

Secondo il rapporto Cinetel di gennaio 2022 “i dati del mercato cinematografico 2021’ la quota al box office per il cinema italiano è stata intorno al 20 per cento con un crollo del 64 per cento rispetto al 2020, un segno tangibile di disaffezione che si riverbera anche nel triste primato di zero film italiani tra i primi 15 incassi. Dunque è evidente che per tornare ad un equilibrio tra produzioni e mercato è il pubblico che deve tornare al centro, anche con una distribuzione ed un esercizio capaci di intercettarlo di nuovo.

Habib invoca l’arrivo di “una grande sfida”. “Vorrei essere ottimista. Questi mesi di streaming hanno raffinato il palato del pubblico, come dice anche Tozzi, il giudizio solo numerico sul grande numero di film non voglio darlo, penso che il sistema di finanziamento pubblico sia ottimo e democratico anche se magari da aggiustare per non buttare via il bambino con l’acqua sporca, ma la cosa fondamentale per me è pensare a film per il pubblico e con questo il cinema, anche quello della sala, non morirà”.

Aggiornato il 29 luglio 2022 alle ore 14:07