L’umanesimo siamo noi

Dopo San Tommaso d’Aquino il cattolicesimo non ebbe pensatori sistematici al punto da risolvere tutti i problemi, dalla fede alla trinità, dal tempo a Dio, anima e corpo, libertà del volere, ragione e fede, conoscenza, Cristo Dio e uomo, morale e politica, individualità e quant’altro. Sulla traccia di Aristotele, pensatore sistematico per eccellenza, Tommaso ritenne e la chiesa ne fu certa rendendolo il dottrinario fondamentale, di aver risolto problemi e dubbi e addirittura di aver con prove razionali dimostrato l’esistenza di Dio, impresa somma fosse accaduta. Ma lo scopo era un altro, Tommaso ha il pregio, assai contrastato, di apparire razionale nelle sue dimostrazioni, di appagare con una spiegazione sufficientemente apprezzabile le problematiche del cattolicesimo. Valga il caso della prova “decisiva” dell’esistenza di Dio che si può così precisare: se il mondo non ha una causa in se stesso ma è causato, il causatore del mondo è Dio. In questa affermazione niente è dimostrato. Non vi è nessuna ragione di credere che la realtà non abbia fondamento in se stessa e meno ancora di credere che è stata creata da Dio e ancor meno di credere che Dio è quello cattolico.

Eppure per il senso comune l’idea che ci sia un creatore è la più persuasiva e addirittura in discussioni di personalità ragguardevoli, si afferma questa opinabilissima concezione. Ripeto, il merito di San Tommaso per la chiesa è di aver dato spiegazioni apparentemente convincenti per quasi tutta la problematica cattolica, e al fedele basta. Ma all’interno della stessa chiesa i contrasti esplosero con virulenza, addirittura mettendo in discussione il fondamento delle concezioni di Tommaso, il valore della ragione. È vero che abilissimamente Tommaso dà valore alla ragione in quanto giustifica la fede, ma una fede giustificata dalla ragione pone qualche perplessità, in specie ai francescani. Francesco era un mistico, sgorgava amore onnicomprendente che avvolgeva, unendoli, uomo, natura e Dio. Della ragione come giustificazione della fede, non si curava. I francescani lo proseguivano, Dio non era un soggetto da provare e da conoscere, ma da sentire, e la natura e l’uomo erano soggetti e oggetti da amare. Un francescano scozzese, Giovanni Duns Scoto (1266-1308), giunse ad abbattere pressoché l’intero sistema aristotelico tomistico. Qualche minimo riferimento, ad esempio riguardante il rapporto tra corpo e anima.

Ciascuno di noi è differenziato da “qualcosa” che Duns Scoto denomina haecceitas che lo fa esclusivamente individuo, non sarebbero dunque la materia, il corpo, che rivestono l’anima, la racchiudono, a darci l’individualità come sosteneva Tommaso. L’individuo è individuo giacche è “quello”. Lo stesso distacco da Tommaso vi è nel rapporto tra metafisica e teologia. Per Duns Scoto la metafisica riguarda l’essere, la teologia riguarda Dio. Non c’è da fare alcun collegamento tra metafisica e teologia come era in Tommaso, tra l’essere e Dio. Questo legame che Tommaso stabiliva e che rendeva il cattolicesimo erede della filosofia greca, viene confutato violentemente da Duns Scoto. Ci dobbiamo limitare a questo accenno, è una problematica decisiva sulla quale abbiamo dato qualche spiegazione a segno della differenza, all’interno della chiesa, tra il tomismo e il francescanesimo. Tra Dio-teologia ed essere-metafisica non vi deve essere rapporto. Crollavano dunque le prove razionali sull’esistenza di Dio.

Dio non è essere, ma soggetto. Le prove semmai proverebbero l’essere non il soggetto, si limiterebbero alla metafisica, non perverrebbero alla teologia. Dio per Duns Scoto è un sovrano che fa e disfa a suo piacimento, non è raggiungibile razionalmente, è sentito, è “voluto” sentire con volontà di credere. Ciò che scrivo andrebbe analizzato estesamente ed è di una complessità interpretativa della quale posso soltanto dichiarare la consistenza. Un altro francescano, Guglielmo di Occam, 1290-1349, recideva l’intromissione del papato nella società come potere politico, affermata invece da Tommaso, giacché lo stesso pontefice doveva rispettare la libera fede dei cittadini, non imporla. Siamo agli inizi o se vogliamo agli svolgimenti di quella disputa tra papato e impero, stato e chiesa che prolungherà per secoli e avrà soluzione con la stato liberale.

Filosoficamente Ockham è persino più radicale di Duns Scoto nel separare la metafisica dalla teologia, la ragione dalla fede. Dio per Occam è del tutto indimostrabile dalla ragione e la ragione non deve minimamente occuparsi di Dio, l’essere non è Dio, anzi, l’essere non esiste, esistono i singoli esseri. Dio per Occam crea liberamente, non è sottomesso alla razionalità, non vi è una ragione per cui Dio abbia creato, è un atto della sua onnipotenza, ma l’onnipotenza di Dio non si esercita alterato leggi da Lui stabilite, come riteneva Duns Scoto, per Occam Dio tiene fede alle leggi stabilite nell’atto della creazione. È evidentissimo il rilievo politico di queste dispute. Dio è il sovrano, l’imperatore, può o no stabilire e contraddire le sue leggi? Questo il fondamento sociale delle dispute religiose. Per Occam basilare è la negazione della distinzione tra essenza ed esistenza.

Egli non accetta che il mondo era stato pensato come essenza e poi creato come esistenza. Questa era l’opinione di Tommaso; che esisteva una realtà ante rem, prima della creazione, prima delle cose. In Dio pensare e fare sono inscindibili quindi essenza ed esistenza si identificano, ritiene Occam. Il punto decisivo della concezione di Occam è che esiste soltanto la realtà individuale, gli universali sono costruzioni linguistiche funzionali ma inesistenti oggettivamente. Era una disputa veementissima nel medioevo, Roscellino, Abelardo ovviamente Tommaso con pareri opposti, e metteva in dubbio sostanzialmente persino l’esistenza di Dio giacche se gli universali non esistono come può esistere l’universale per eccellenza che è Dio? Ma punto cruciale è quello riguardante il valore della ragione. L’obiezione dei francescani è decisiva: se diamo valore alla ragione e poi la ragione non riesce a dimostrare quel che pretende di dimostrare crolla anche la fede, mentre se ci volgiamo esclusivamente alla fede essa è indiscutibile, non ammette l’intervento della ragione.

La chiesa cattolica ha convinzione diversa. Se limitiamo la religione alla fede la ragione ne soffre e accusa di irrazionalità la fede. Sono minuzie su problematiche complicatissime raffinatissime meravigliosamente rilevanti da consacrarvi la vita e di cui pongo un accenno capillare. Stava cambiando la società in Europa e soprattutto in Italia che a quel tempo era la più civilizzata società. Il feudalesimo cedeva ai comuni, poi i comuni cederanno alle signorie, le signorie cederanno ai principati e i principati cederanno alle monarchie. Esisteva l’impero che quasi sempre si opponeva al papato che quasi sempre si opponeva all’impero. Esistevano papato e impero che quasi sempre si opponevano ai comuni. Sorgeva anzi dilagava un artigianato stupefacente degno dell’antica Grecia, dell’antica Roma e con l’artigianato il benessere, i commerci, la produzione vendibile fuori zona, le lettere di credito, sorgeva un ceto di persone “borghesi”, il gusto del vivere.

Si attenuava o cessava la riconduzione dell’esistenza esclusivamente alla religione, dominava il cattolicesimo ma non più nelle forme dolorosissime medievali, non il Cristo piagato insanguinato ma il Cristo bello, apollineo, non la Madonna affranta ma la Madonna bella donna, addirittura entrano nelle raffigurazioni immagini non sacre, entra il “borghese”, il cittadino (inizia il mio conterraneo Antonello da Messina!). All’interno del cattolicesimo nacque il piacere di vivere e col piacere di vivere furono ripresi testi non soltanto religiosi ma del mondo avversatissimo in passato, il mondo greco, il mondo romano, i libri pagani, e la gloria terrena non venne sminuita come concepiva l’austero e credentissimo Dante, anzi cercata, apprezzata, dal colto e garbato Francesco Petrarca, che rende l’italiano una lingua di cristallo lunare, e da un altro italiano, Giovanni Boccaccio, che apriva le sue pagine agli abitanti del comune, gente media di cui rappresentava le beffe, la gioia, l’erotismo.

Erano, Francesco Petrarca, celebratissimo, e Giovanni Boccaccio, poverissimo, amicissimi, e annusatori di libri, anticipando la passione del tempo, la bibliofilia e la filologia, con la scoperta di uno dei capolavori dell’umanità, il De rerum natura. Eccolo, l’Umanesimo. L’uomo che vive nella società e per la società, non contro la religione, tutt’altro, ma non contro la vita terrena. L’uomo che amplia lo sguardo a culture anche non cristiane, non cattoliche, l’uomo che ama l’arte, che ha qualcosa da dire all’altro uomo, l’uomo che poi amando anche la natura diventerà umanista e rinascimentale, quel che fummo per secoli. Nasce la ritrattistica. Il valore dell’individuo. Noi italiani. Noi europei.

Aggiornato il 18 maggio 2022 alle ore 13:39