Il Cristianesimo tra dannazione e salvezza

Paolo è un ebreo convertito, conosce lEbraismo, percepisce che esso potrebbe risucchiare Cristo, porlo tra i molti profeti o negarlo, e fa espressione incandescente della sue capacità dialettiche, dimostrative. Paolo eredita la tragicità biblica. La maledizione di Jhwh, la cacciata dall’eden. La costituzione “polverosa” dell’uomo, il niente dell’io, addirittura un niente corrotto, tratto dall’errore, dal male. Paolo ragiona: Jhwh stringe patto con il popolo ebraico, dà leggi a Mosè per il suo popolo. Significa che Jhwh considera l’uomo disposto al peccato, poiché necessita di leggi per essere frenato. Sicché, deduce Paolo, l’ebreo vive nell’incubo della trasgressione, colpa e salvezza, dannazione e scampo.

Vi è modo per sormontare queste vicissitudini che “sbatacchiano” l’uomo negli inferi e nel superno, e lo rechino oltre la perenne angoscia della colpa? Vi è, a gran voce annuncia Paolo. L’uomo può oltrepassare l’oscillazione del timore di infrangere la legge, l’incubo della colpa. Come? Con la fede. Dunque, gli ebrei mancavano di fede? No, ma la loro “salvezza” veniva dal rispetto della legge, non da quest’ultima. Di quale fede dobbiamo animarci per salvarci? La fede in Cristo, che ci salva oltre la legge. Se viviamo con la scrupolosa attenzione alla legge, divieti, errore, la vita non soltanto è intimorita e impedita, ma inevitabilmente scade in perpetui errori, inciampa in perpetui divieti. Se invece ci salviamo perché crediamo che Cristo ci salva immolandosi per noi e abbiamo questa fede, possiamo anche errare (pur non volendolo), e siamo salvi credendo che Cristo ci salva. È il tremendo dilemma del Cristianesimo. Lo spartirà sempre.

Lo riprenderà con la stessa veemenza di Paolo Agostino, lo riprenderà Lutero, lo riprenderà Friedrich Nietzsche. Il Superuomo è l’aspetto ateo della concezione di Paolo: per salvare la colma volontà di vivere, o come direbbe il filosofo, di potenza, occorre superare la colpa, e andare oltre il bene e il male. Anche taluni aspetti dell’Ortodossia, specialmente quella russa, affermano tale concezione “oltrepassativa” della colpa. Dunque, a giudizio di Paolo ci salviamo se crediamo che Cristo ci salva, anche se noi non rispettiamo la legge, essendo predisposti al male, infimi peccatori che siamo. Sempre correnti russe si inoltrano in zone delicatissime, lasciare libertà al peccare quasi a liberarci dal male facendolo. Nella Lettera ai Romani, Paolo si scatena sulla salvezza esclusiva per fede, essendosi Cristo sacrificato per noi.

Nessun merito nostro dunque, nessun merito per attenerci alla legge, che comunque non siamo in grado di rispettare. Giacomo invece esalterà il valore delle opere. Ma anche Paolo avrà una espressione a favore della possibile “bontà” dell’uomo: “Che vale l’esistenza se manca la carità?” (citazione non letterale). Subito il problema della salvezza incombe nel Cristianesimo. L’uomo è peccatore insanabile? La terra è luogo di Satana? Salvarsi con la fede, non basta? Come salvarsi? Vivendo senza vivere. Non “toccare” la vita giacché ogni particella esistente è “contaminabile” e contaminante. Sono i manichei che in tal modo ragionano e agiscono. L’uomo contamina l’uomo, il male è individuabile e va messo da canto. Occorre astenersi dalla vita, mantenersi puri, distanziarsi. La vita è una malattia. È un persiano, un principe, Mani, che nel III secolo della nostra era esclude ogni contatto con il male.

Degradato e degradante, il manicheo rifiuta tutto, giacché teme di corrompersi, ma anche si divieta di agire per timore di fare il male. Bogomili e Catari riprenderanno questa concezione, anche talune formulazioni gnostiche. Il Cattolicesimo, la prima formulazione durevole del Cristianesimo, condannerà questa visione che vede nella realtà nient’altro che il male, obbligando l’uomo ad una astensione mortuaria. Ma è una concezione, il manicheismo, persistente, con la ricerca della salute assoluta, incontaminata salvezza. Si finisce con il difendersi dal vivere. In una fantasia di contaminazione panica. Anche i Giainisti ispiravano questa concezione nel VI secolo a.C. Altre eresie colpivano la figura di Cristo: era solo Dio, più uomo che Dio, era in due persone separate. Ario e Nestore dibattevano questa identità di Cristo. Ma siamo in territorio disseminato. Il medio oriente splende di teologi e filosofi. Agostino darà la prima formulazione del cristianesimo occidentale, il Cattolicesimo.

Aggiornato il 19 aprile 2022 alle ore 12:03