Ha bevuto come se non ci fosse un domani, ha consumato sigarette manco fossero state delle Zigulì, ha dato vito allo speed metal, ha suscitato ingordigia nel sesso femminile pur non essendo un adone, ha girato il mondo adorato dai fan, ha lasciato ai posteri pietre miliari come Ace of Spades e Overkill. E lo ha fatto fregandosene di tutto. E di tutti. Lemmy Kilmister – morto a 70 anni nel 2015 – è nato con il nome di Ian Fraser Kilmister a Stoke-on-Trent, nelle Midlands occidentali, in Inghilterra, la vigilia di Natale. Un inizio con il botto: “Prematuro di circa cinque settimane, con meravigliosi capelli d’oro che, per la felicità di mia mamma un po’ stramba, caddero cinque giorni più tardi. Niente unghie, niente sopracciglia e tutto rosso in faccia. Il mio primo ricordo è che urlavo sempre: contro chi e per quale motivo, non lo so. Probabilmente una specie di mantra; o forse stavi facendo le prove. Sono sempre stato un tipo precoce”.

Queste le parole di Lemmy nel prologo de “La sottile linea bianca”, l’autobiografia (adesso in versione aggiornata) scritta con Janiss Garza, un’opera omnia tra eccessi e la voglia del piacere, in sintonia con un personaggio tra i più iconici della storia del rock, il quale ha ammesso che nella vita ci sono due categorie di persone, ovvero “quelli che sono con te e quelli che sono contro di te. Imparate a riconoscerli, perché spesso e volentieri si confondono gli uni con gli altri”. E ancora: “Sembra che questo nuovo mondo coraggioso stia diventando sempre meno tollerante, spirituale e istruito rispetto a com’era quando ero giovane; naturalmente siamo tutti soggetti alla sindrome dei bei vecchi tempi, ma questo non è un esempio di sindrome… L’odio ereditario (ad esempio quello che i tuoi genitori possono averti instillato) non è solo stupido, è anche distruttivo: perché lasciare che l’odio sia la forza che ti fa andare avanti? A me questo sembra maledettamente stupido”.

Ha lanciato la sua prima band, i Rocking Vicars poi è entrato negli Hawkwind, protagonisti della scena space rock inglese. Infine, ha fondato i Motörhead, con il successo che è arrivato agli inizi degli anni Ottanta. Basso e voce ruvida, presenza scenica e tanta, tanta cazzimma. In parole povere un mito, che ha confessato: “Sono davvero contento di aver vissuto gli anni Sessanta. Chi non lo ha fatto, davvero non sa cosa si è perso. Raggiungemmo una certa consapevolezza, uno stile di vita ed era molto eccitante – non c’era l’Aids – la gente non moriva così spesso per abuso di droghe ed era veramente un periodo di libertà e cambiamento. Gli unici momenti in cui ho visto una vera ribellione sono stati gli anni Cinquanta, Sessanta e l’inizio dei Settanta. Il resto potete tenervelo. I ragazzi di oggi assomigliano molto di più a quei genitori a cui, una volta, cercavamo di opporci! Probabilmente finiranno per allevare a loro volta una generazione di sconvolti. Noi abbiamo cresciuto una generazione di agenti immobiliari, una stirpe di maledetti contabili. Dio sa come sia successo. Credo che sia perché troppe persone si sono arrese”. Amen.

(*) Lemmy Kilmister-Janiss Garza, “La sottile linea bianca. Autobiografia”, Baldini+Castoldi, traduzione di Riccardo Vianello

Aggiornato il 08 aprile 2022 alle ore 17:49