Addio a Gianni Cavina, attore feticcio di Pupi Avati

È stato Pupi Avati a divulgare la notizia della scomparsa di Gianni Cavina. Il regista, mentore e amico, ha fatto sapere che l’attore se n’è andato a 81 anni, nella sua Bologna. Lavorano insieme più di venti volte, fino all’ancora inedito Dante, in cui interpreta il notaio Pietro Giardino, nonostante la malattia già in stato avanzato. Cavina, con la voce pastosa, il fisico robusto, le mani grandi, il sorriso sornione e dolcissimo, si forma alla scuola teatrale di Franco Parenti. Conquista la platea televisiva, appare in produzioni internazionali, diventa perfino un volto della pubblicità.

L’attore svaria dall’eccesso farsesco alla raffinatezza comica, dall’intensità tragica e dolente alla naturalezza realista dell’uomo della strada. Riservato, geloso degli affetti familiari, accompagnato da una nota malinconica che cela dietro risate contagiose, Cavini sa farsi amare immediatamente, offrendo quella complicità spontanea che solo i veri emiliani sanno coltivare. Difficile ricordare una sua parola contro colleghi e amici.

L’incontro con Avati avviene nello stesso anno con Balsamus, storia ai confini del grottesco che passa però sotto silenzio come il successivo Thomas e gli indemoniati. È necessaria la garanzia di un attore noto come Ugo Tognazzi e una fantasiosa sceneggiatura (a cui partecipa in prima persona) perché il nome di Cavina cominci a diventare familiare ad attori e produttori. Il film è La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone che impone anche il regista Avati nel 1975.

Il sodalizio con Pupi continua senza scosse e porta al successo di La casa dalle finestre che ridono (1976), Tutti defunti…tranne i morti (1977), Le strelle nel fosso, che fanno del regista bolognese un giovane maestro tra horror e fantasy. Nel 1979 Cavina conquista il suo primo ruolo da protagonista nei panni di Padre Lino in Adsalut Pader diretto da Paolo Cavara e da lui sceneggiato insieme a Enzo Ungari. Seguiranno L’ingorgo di Luigi Comencini, Il turno di Tonino Cervi, Per favore occupati di Amelia di Flavio Mogherini.

Alla fine degli anni Settanta resta indimenticabile il suo Ugo Bondi, incallito giocatore di poker in Regalo di Natale del 1986, presentato in concorso alla Mostra di Venezia. Cavina ci tornerà dieci anni dopo con Festival (sempre per la regia di Pupi) con cui conquisterà in Nastro d’Argento come miglior co-protagonista. Le interpretazioni senza il suo amico dietro la macchina da presa sono occasionali: Non chiamarmi Omar di Staino, Sole negli occhi di Andrea Porporati, Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, Benvenuto presidente di Riccardo Milani. Con un’eccezione che diede a Gianni Cavina una grande notorietà all’inizio degli anni Novanta: la serie tivù L’ispettore Sarti di Giulio Questi, Maurizio Rotundi e Marco Serafini dal personaggio creato dal giallista Loriano Machiavelli.

Aggiornato il 29 marzo 2022 alle ore 09:37