Ai Weiwei a Roma: uno spettacolo nello spettacolo

“Ad accogliere questa opera magnifica e inquietante al tempo stesso, moderna e dalla profonda connotazione di attualità – dichiara Stéphane Verger, direttore del Museo nazionale romano – è il complesso termale più grande di tutta l’antichità, le Terme di Diocleziano”. L’opera di Ai Weiwei è un imponente lampadario nero composto da 2000 pezzi di vetro soffiato e fuso nei laboratori dello Studio Berengo a Murano, che rappresentano, in quattro tonnellate di peso, frammenti anatomici di corpi umani, ossa, organi, dal cervello all’intestino, tutti uniti per costruire una struttura alta circa nove metri e larga sei, dove compaiono anche altri elementi legati alla ricerca dell’artista: granchi, pipistrelli, crani di animali. Tra tutte queste parti unite tra loro si trova anche l’uccellino di Twitter e alcune videocamere di sorveglianza, integrate nell’insieme proprio a sottolineare la continua presenza del controllo.

Frutto di tre anni di lavoro, l’opera è un monumento complesso, oscuro, intricato, una cascata di ossa, teschi e organi di vetro nero: un manifesto che, come afferma l’artista, “tenta di parlare della morte per celebrare la vita”. L’opera infatti riproduce attraverso il vetro il contenuto di un corpo quando è liberato dalla pelle, quando è messo a nudo e le viscere sono esposte alla vista. Si tratta di una delle opere più grandi mai create in vetro, grazie all’unione di tecniche tradizionali e sperimentali. Questo enorme lampadario è posizionato nel grandioso ambiente che costituiva la riserva d’acqua della natatio: la più grande piscina scoperta dell’antichità. Un piccolo lago al centro del complesso termale più imponente della Roma imperiale, costruito dall’imperatore Diocleziano tra il 298 ed il 306 d.C. Weiwei attraverso la sua opera, la cui ideazione artistica e attività politica camminano di pari passo, ricorda la caducità della vita e al contempo vuole ammonire e invitare a pensare al futuro al fine di prodigarsi perché non restino solo le ossa.

Non a caso, di fronte all’ingresso dell’Aula XI dove è collocata l’opera, sulla parete è posizionato un mosaico del terzo secolo d.C. proveniente da un’area sepolcrale sulla via Appia che raffigura uno scheletro disteso il quale indica con la mano ossuta il motto greco dell’oracolo di Delfi: “Gnôthi sautòn”, ovvero “Conosci te stesso”. Si tratta di un’immagine che evoca i larvae conviviales, modelli di scheletri snodabili che i patrizi romani esponevano sulle tavole durante i banchetti come memento mori, per ricordare la brevità della vita terrena. L’opera di Ai Weiwei si pone quindi come un segno forte che unisce festa e lutto, quotidianità e dramma, ironia e tragedia. L’esposizione è prodotta e organizzata dal Museo nazionale romano e Berengo Studio con la Fondazione Berengo, e vede la collaborazione della Galleria Continua. L’istallazione all’interno delle Terme di Diocleziano, sede storica del Museo nazionale romano dalla sua istituzione nel 1889, sarà aperta al pubblico dal 25 marzo al 3 aprile 2022.

Aggiornato il 25 marzo 2022 alle ore 12:03