Un incontro sociologico

Ibam forte Via Sacra, in una Satira notissima Orazio inizia a dire. Io, invece, andavo per Via Tiburtina, Roma, quand’ecco un signore anziano poco meno di me, mi si accosta, chiedendomi: “È lei il professor Saccà?”. Non ho niente da nascondere e rispondo: “Sono io il professor Saccà”. Continua: “Non si ricorderà di me (dice nome e cognome), sono stato a sue lezioni di sociologia”. In verità non rammento. Troppi anni e troppi studenti. “Posso chiederle qualcosa a proposito di quanto accade attualmente nelle nostre società?”. Niente in contrario. Mi domanda di botto: “Lei suppone che vogliamo morire?”. Resto sbalordito. Una domanda perentoria. Cruciale. E poiché afferma di essere stato a mie lezioni di Sociologia mi salta al pensiero Émile Durkheim, il quale scriveva di “correnti suicidogene”, e specialmente Sigmund Freud con la concezione del malefico Thanatos che vuole la morte, non la morte fisica, però, la morte del piacere di vivere, l’ossessione del negativo. Gli chiedo a mia volta perché ha questa convinzione, tale sospetto.

“Non ascolto che propositi di morte. Armi, armiamoci, spediamo, prepariamoci, che avverrebbe se, guerra mondiale, difenderemo, Occidente contro Oriente, non cederemo, quanto sono eroici quelli che muoiono, bisogna morire per essere eroi, viva i morti, mostriamo i cadaveri, la conta dei cadaveri, l’esposizione dei cadaveri, dei fuggitivi, distruzioni, com’è trattato un popolo, maltrattato un popolo, malvagio il nemico, aggressione, aggressione, ma risponderemo, non la daremo vinta... Scusi, professore, ma possibile se c’è il dolore non cercare un rimedio al dolore invece di esacerbarlo, ed accanirsi a maggiorare il conflitto? Io suppongo che sotto sotto vi sia volontà di morire!”.

“Da parte di chi?”, chiedo. “Da parte nostra”. “Ma se vogliamo combattere caso mai volontà di uccidere”. “Mi scusi, professore, di uccidere, sì, ma anche di morire”. È realistico quanto dichiara. Combattere è uccidere e morire. Incalza. “Possibile che non vi sia soluzione di accordo?” È una domanda, la sua. Rispondo: “La questione ormai l’abbiamo esasperata al grado che se facciamo accordi sembrerebbe una sconfitta, perfino viltà, disonore”. “Questo modo di ragionare mi fa credere che siamo vittime della volontà di morte, considerare la pace viltà, così non c’è scampo”. Replico: “Non la pace ma una pace da vinti”. “Ma allora dobbiamo lottare per una pace non da vinti non per la guerra!”. Lo osservo. Non è un idiota infaticato. Anzi. Lottare per una pace da non vinti , non per la guerra! Bene. Giusto. Appropriato. Dovremmo agire in tal modo. Insiste: “Ci sarà o no qualche ragione dall’altra parte, non so, voler rendere nemica una nazione proprio ai fianchi, anzi nel ventre della nazione che ora aggredisce perché vede armarsi la nazione che le sta a ridosso, che mi dice, professore?”. “Sì, nessuno accetterebbe che una nazione nemica si armi”. “E qualcuno accetterebbe che parte del suo popolo che sta nella nazione nemica sia avvilita, uccisa!”. “Nessuno”, dico, “se ha dignità”.

“E che mi risponde, professore, qualche nazione rispettabile accetterebbe di vedersi impediti i commerci e le vie di transito marittime o queste eventualità senza reagire?”. “Nessuna”, dico. “Ed allora perché deve o doveva accettare la Russia!”, esclama. È coerente, fa davvero il sociologo. Ma io so che per rispondere con pienezza di argomenti geopolitici, come si dice ormai, occorrono altre variabili. Come se leggesse il mio pensare ,dice: “E scusi, professore, che senso ha combattere la Russia e favorire la Cina?”. Fingo ingenuità: “Per separare la Russia dalla Cina”. Grida, anche se stiamo tra la gente: “Ma se invece accade il contrario!”. Fingo ancora ingenuità: “Ritengono che si divideranno, se le cose andranno male per la Russia”. Mi guarda, sospetta che faccio l’ingenuo? “E lei crede, professore, che la Cina permetterebbe una Russia in mani occidentali?”. “Potrebbe esserci una spartizione”. “Tra chi?”. “Stati Uniti e Cina”. “E l’Europa?”. “L’Europa servirebbe a distruggere la Russia e sarebbe distrutta”. “Grandioso, un marchingegno studiato, la coda del Diavolo!”. Ride. E rido anch’io. “Sempre in gamba, professore!”. “In gamba, davvero no”.

Vede il mio bastone. E tace. Poi, come a se stesso, guardandomi: “Ma se le vicende avverranno come i bellicosissimi profeti della guerra annunciano il risultato sarebbe la guerra mondiale o la spartizione del mondo tra Cina e Stati Uniti. Con il diluvio su Russia ed Europa eccitate a naufragarsi l’una l’altra. Gli europei non comprendono che sarebbero gli sconfitti per uso di altri! Ed allora, perché combatterebbero gli europei, per togliersi di mezzo? Per servire ? Per annientare la Russia ma a scopi di dominio non europeo, anzi con rovina dell’Europa? Noi caveremmo ostacoli all’incontro o scontro definitivo della Cina con gli Stati Uniti. E soprattutto liberemmo gli Stati Uniti e la Cina dal terrore che Europa e Russia si accordino. Saremmo il più libero, prospero, culturale continente dell’Universo abitato. Vero, professore?”.

Aggiornato il 24 marzo 2022 alle ore 12:48