Aristotele

Psicologia

Se la Logica è indispensabile perché il discorso argomentativo sia coerente e ben architettato la Psicologia precisa il modo con cui l’uomo formula la tessitura dei concetti. Negata l’esistenza di concetti in sé, come le Idee secondo Platone, è l’uomo che forma i concetti da sé in sé come aveva già stabilito Socrate. Il dato iniziale è la conoscenza sensibile, un oggetto che colpisce i nostri sensi, ed un soggetto, l’individuo senziente che lo percepisce secondo uno specifico senso, il suono con l’udito, il colore con la vista. Esiste un quinto senso, il sensorio comune, che stabilisce collegamento tra i sensi e determina l’oggetto al quale attribuire le sensazioni. Immaginazione e memoria contribuiscono alla conoscenza, la prima rendendo mentale la sensazione anche senza l’oggetto, la seconda rammentandola. Ma la sensazione è legata al concreto, al particolare.

L’uomo è però dotato di capacità sensoriale ma anche e soprattutto intellettive, le quali si distinguono in: intelletto passivo, la mente è messa in moto dalle sensazioni e può raggiungere conoscenze generali, che però non sono ancora conoscenza concettuale; ed in intelletto attivo che pare abbia in sé la capacità concettuale. La relazione tra intelletto attivo e passivo, se l’intelletto attivo sia personale, o uno per tutti gli uomini, o divino è problematica, in Aristotele. È palese che Aristotele neghi la necessita dell’Iperuranio, gli universali l’uomo li formula con la mente nella realtà terrena, tutto quanto scritto fino ad ora è l’esposizione della infondatezza, per Aristotele, delle Idee nell’Iperuranio. Le idee (concetti) sono elaborate dall’uomo in questo mondo. 

Fisica

La Fisica è studio del movimento, tutto ciò che esiste, la Natura, esiste tra la materia e la forma, è costituito di materia e forma. Di materia che perviene alla forma sua propria, come detto, poniamo: la forma attualizzata di un granello è la spiga, o alla forma possibile, ad esempio il marmo può diventare sia una statua, sia un pavimento. Questo passaggio è un movimento, la Natura è in continuo movimento, tutto ciò che esiste si muove. Dal movimento possiamo cogliere le caratteristiche del reale. Movimento significa anche e soprattutto sviluppo, crescita.

Ogni entità ha, per Aristotele, una destinazione, un luogo suo proprio, naturale. In quanto al Movimento propriamente detto il moto circolare è superiore al moto rettilineo, quest’ultimo è necessariamente difettoso, se infinito perché infinito, mai concluso, se finito, perché limitato. Inoltre, il moto rettilineo appartiene al mondo terreno, che è destinato a morire, a scomporsi. Il Mondo Eterno è quello celeste, ad esso appartiene il moto circolare, che è perfetto, Aristotele nega l’esistenza oggettiva del Tempo, esso è una misurazione che l’uomo fa mettendo in relazione dei movimenti.

Neanche lo Spazio ha esistenza oggettiva, per Aristotele, esso è dato dalla presenza dei corpi, non esiste lo Spazio esistono i corpi, lo Spazio sono i corpi, non i corpi nello Spazio, l’Universo non è creato né viene dal Nulla, è finito, fosse infinito non avrebbe compiutezza. Con riguardo all’astronomia, Aristotele considera la Terra al centro del sistema universale. Gli Astri muovono intorno alla Terra al centro del sistema universale. Gli Astri ruotano intorno alla Terra con movimento circolare. Esistono due movimenti, quello da oriente ad occidente, e riguarda tutti i cieli, si compie in 24 ore, il giorno; l’altro va da occidente ad oriente, e riguarda gli Astri, e si compie in un anno. Aristotele insiste sulla centralità della Terra. Ma non molto dopo la sua morte, Aristarco di Samo concepì il movimento della Terra.

Biologia

Aristotele è un convintissimo “finalista”: tutto ciò che esiste ha lo scopo di raggiungere la sua compiutezza, lo scopo intrinseco alla sua natura, coscientemente o incoscientemente. Poniamo: il granello di diventare spiga, l’albero di dare frutto. La Natura ha nel suo insieme un perpetuo sviluppo graduale, minimo ma inarrestabile. Non che si passi da una specie all’altra, Aristotele non è evoluzionista, ma una “forma” può deperire e tornare materia prima.

Ogni organismo, per Aristotele, è animato, altrimenti non vivrebbe, però l’anima è avvinta al corpo e ne definisce l’essere, avvinta al corpo l’anima non è separabile come invece sostenevano Pitagora e Platone. L’anima avrebbe tre funzioni: la funzione vegetativa, propria del mondo vegetale; la funzione sensitiva, propria del mondo animale; la funzione intellettiva propria dell’uomo. Non che esistano nell’uomo tre anime, l’anima Intellettiva è comprensiva delle altre, predominante.

 Estetica

Con riguardo all’Arte Aristotele è, se possibile, ancor più critico verso Platone. L’Arte non inquieta gli animi né è una vana imitazione come sosteneva Platone, l’Arte, piuttosto, esprime l’uomo, in forma Epica, con le grandi narrazioni; in forma Tragica, quando le vicende si svolgono in un arco temporale di 24 ore, ed in un medesimo luogo e il protagonista è una figura eminente; nella Commedia con protagonisti uomini comuni e linguaggio adeguato; e con la Poesia. Lo spettatore, specie nella tragedia, percependo quanto dolenti siano le vicende altrui, diventa cosciente che le sue sofferenze fanno parte di una condizione comune e non si reputa infelice in particolare, inoltre coglie esempio dal comportamento dell’eroe protagonista. Per Aristotele l’arte non rappresenta il vero ma il verosimile, non i fatti, ma i fatti possibili, sicché oltrepassa la Storia, vincolata ai fatti realizzati.

 Politica

Aristotele delimita tre forme di Governo, la monarchica, l’aristocratica, la democratica, le quali possono degenerare in tirannide, oligarchia, demagogia. Non vi è una Costituzione esemplare come era per Platone la Repubblica. Piuttosto è opportuno un equilibrio tra i vari sistemi, rispettando la proprietà privata e l’affidamento alla famiglia della prole. L’uomo, il cittadino che Aristotele preferisce è il cittadino né troppo ricco né troppo povero. Ammette la schiavitù. Ritiene la civiltà greca superiore.

 Etica

Al dunque, com’è necessario che si comporti l’uomo-cittadino? Per Aristotele, ancora una volta, staccandosi da Platone, lo scopo della vita è vivere felici secondo la natura propria dell’uomo, la razionalità, quindi secondo virtù. Una felicità terrena, non rimandata all’aldilà. Non c’è felicità dell’anima dopo la morte, in Aristotele, né rinuncia alla Terra. Egli rifiuta sia l’ascetismo cinico o scettico, sia lo svilimento del mondo in nome di un mondo perfetto dopo la morte dove andrà l’anima liberata dal fardello del corpo. Ma vivere la buona vita, come? Aristotele distingue due diverse modalità della virtù, diano-etiche ed etiche. Le virtù diano-etiche sono poste nel terreno della conoscenza e culminano nella pazienza, la contemplazione del vero. Le virtù etiche sono virtù pratiche, saper trovare il giusto mezzo rispetto agli estremi, e culminano nella Giustizia, a sua volta distinta in commutativa e distributiva.

La giustizia commutativa stabilisce un rapporto tra vantaggi e svantaggi, pene e colpe in proporzione, ed è uguale per tutti; la giustizia distributiva dà a ciascuno il suo, secondo i meriti. Non c’è alcun egualitarismo in Aristotele, il quale evidenzia che trattare i disuguali in modo eguale è somma ingiustizia. Anche Aristotele, come Platone, ritiene dunque che l’uomo deve “attuarsi” in modo superiore ma non occorre a tal fine creare un mondo perfetto, basta volere l’attuazione delle nostre capacità migliori nel Mondo. Il fertilissimo mondo greco continuerà dopo Aristotele. Ma è con Aristotele che lo svolgimento di una realtà che coniuga ideale e reale si stampa per l’eternità.

L’uomo greco diventa ciò che è, compie la pienezza del suo accrescimento. È come una statua: può esistere bellezza superiore? No. L’ideale si è reso reale. Di questo ideale realizzato (in terra) Aristotele costituisce è l’inviato del Pensiero. Diventa ciò che sei. Rimani te stesso crescendo te stesso. Il divenire dell’essere. La società che diventa civiltà. La Grecia. Quando sono andato a Stagira, città di nascita di Aristotele, niente esisteva se non il nome, Stagira. E tuttavia, nei prati vidi Aristotele passeggiare. Era Lui, lo riconobbi. Ero stato Suo discepolo nel IV secolo a.C.

Aggiornato il 15 marzo 2022 alle ore 13:24