Aristotele

Nella vasta manifestazione del pensiero e dell’arte, in ogni campo anche religioso, impressiona per come questo popolo, il greco, sia avvinto all’amore della vita ed al culto della bellezza quanto nessun altro, almeno consapevolmente. I greci amavano la vita, volevano viverla in pieno, nobilmente, eroicamente, con una potenza dominata ma rigogliosa. La Bellezza, sebbene inferiore al Bene, tuttavia dava all’uomo la gioia della bellezza, della “forma”: il grande risultato della civiltà greca. La sculture, l’architettura rivelano il bisogno greco di dare “forma”. La bellezza detta classica non rappresentava il singolo in un’espressione particolare ma un modello ideale del corpo umano o della geometria costruttiva.

Solo in Grecia, l’ideale si coniuga al reale, non potremmo immaginare niente di più bello degli Apollo, delle Venere, o del Partenone. È la bellezza del bello. Sembra davvero che le idee di Platone si siano incarnate restando, però, forme universali. Nessun popolo, né prima né dopo ebbe la stessa pienezza serena e colma, così pienamente umana, ed assoluta, come il greco. Il particolare e l’universale, l’ideale ed il reale avvinti. Stava al centro del giusto modo di vivere. Il personaggio di cui ora scriveremo di questa pienezza al centro del modo giusto della vita e del vivere fu il massimo, decisivo, definitivo interprete, fu l’uomo che ritenne la Grecia sopra tutti capace di vivere ed esprimere la vita appropriata e degna, con Lui si chiude disgraziatissimamente l’Età classica della Grecia, e del mondo: quest’uomo, greco e universale, fu, è Aristotele.

 

Aristotele

Discepolo di Platone, del quale mal giudicò pressoché tutte le concezioni salvandone l’essenzialità, fondatore a sua volta di una Scuola, la Scuola Peripatetica, precettore di Alessandro Magno, Aristotele nacque nel 384, a Stagira, morì nel 322, a. C. Aristotele è il filosofo sistematico per eccellenza, i suoi libri svolgono un argomento specifico. A differenza di Platone che usa il dialogo, spesso con vari interlocutori e variando gli argomenti, Aristotele imprime alla Filosofia le suddivisioni che resteranno dopo di lui secoli e secoli: Metafisica, Logica, Fisica, Etica, Estetica, Politica. La Sua scrittura non ha la minima traccia personale, è del tutto nell’oggetto, non spreca sillaba, rapidissima, tutta argomentativa, Ma è tale la veemenza, la ricchezza delle Sue analisi e notazioni appropriate, accrescitive del sapere che la presa raggiunta da Platone con il maestoso ondeggiamento dei vari dialoganti o la costruzione di miti, Aristotele la raggiunge con la finezza opportuna, sensata, veritiera.

Aristotele, che pure aveva iniziato i primi testi con dialoghi, successivamente impiega il saggio da autore diretto, ed attacca, immediatamente, il punto essenziale delle concezioni di Platone: l’esistenza di un mondo superiore nel quale sono presenti le idee e ferma la realtà a quella conoscibile in questo mondo, soltanto così abbiamo un oggetto determinato sul quale fare scienza, conoscenza oggettiva, Il mondo delle Idee è un mondo presupposto, non fondato. Per Aristotele la scienza, il termine vale come conoscenza ben organizzata, si esercita in due modalità, in forma teoretica ed in forma pratica. La scienza teoretica riguarda l’essere, le scienze pratiche riguardano l’operare.

Basilare nella scienza teoretica è lo studio dell’essere in quanto tale, scienza pura; mentre le scienze pratiche sono scienze dell’agire come l’etica, la politica o scienze del produrre, creare, la poesia. La filosofia, per eccellenza non è lo studio di singoli aspetti della realtà, politica, arte, etica, ma il presupposto delle singole realtà, la sostanza, il fondamento di tutto ciò che esiste, appunto l’essere in quanto tale, Per avere la certezza che conosciamo in maniera corretta, è indispensabile saper formulare un corretto modo di pensare, la logica.

 

La Logica in Aristotele

Perché un discorso sia svolto secondo logica, occorre rispettare questi principi: il principio di non contraddizione – se affermo che A è A non posso dire che è non A; il principio di identità, vale a dire che ogni cosa è uguale a se tessa, A uguale A; il principio del terzo escluso, vale a dire: se una proposizione è vera quella che la contraddice è falsa. Ecco i presupposti di ogni discorso che avvenga secondo logica, presupposti tutt’ora validi o comunque intrascurabili (non tutti concordano). Inoltrandosi nel fondamento del discorso che abbia logicità, Aristotele ritiene che ogni realtà va inquadrata, sistemata dentro Categorie, e ne concepisce dieci. Ogni realtà è collocabile, identificabile nella sfera della qualità, nella quantità, della sostanza, dello spazio o luogo, del tempo, della situazione, dello stato, della passione, della azione.

Le Categorie non esistono in quanto tali, ma la nostra mente le formula cogliendo da ogni cosa che esiste proprietà che essa unifica. La nostra mente unifica determinate caratteristiche e formula categorie che attribuisce poi a tutto ciò che vi rientra. Per dire, secondo la categoria di Quantità, un oggetto può essere pesante, leggero; secondo la Qualità, bianco o rosso e così via. Una volta in possesso di questa apparecchiatura logica, l’uomo per Aristotele, può compiere lo scopo eminente dell’attività conoscitiva: il Giudizio, l’uomo può giudicare. Giudicare significa attribuire un predicato ad un soggetto. Il giudizio culmina in una definizione.

Definire significa distinguere un concetto da un altro concetto, Il concetto è concetto di genere se può essere esteso ad altri concetti, di specie se più ristretto nell’ambito del genere. Poniamo, l’uomo è un animale come genere, ma come specie è un animale razionale. La specie, uomo, definisce in modo più circoscritto il genere, animale. Tutte queste operazioni mentali costituiscono il Ragionamento, che Aristotele distingue in ragionamento induttivo e ragionamento deduttivo. Il Ragionamento Induttivo coglie fenomeni singoli e ne stabilisce i collegamenti, pervenendo a generalizzazioni ma non all’universalità, in quanto raduna vari fenomeni, poniamo, vedo pietre cadere, quindi posso generalizzare, non universalizzare in quanto non ho visto tutte le pietre cadere; il Ragionamento Deduttivo invece parte da presupposti universali, apodittici, anche se non sempre, vi è anche la deduzione dialettica e sofistica.

Questa formulazione deduttiva che Aristotele chiama sillogistica dà la vera conoscenza in quanto nella sua espressione apodittica è vera in modo indiscusso. Poniamo l’esempio classico di sillogismo apodittico: Tutti gli uomini sono mortali, detta premessa maggiore: Socrate è uomo, premessa minore; Socrate è mortale, conclusione. Si va dall’universale al particolare. Conoscenza deduttiva e conoscenza induttiva sono radicalmente distinte. Un ulteriore modo di conoscere è l’intuizione, l’intuizione perviene all’universale senza passare per il ragionamento e fornisce al sillogismo la base di partenza. Poniamo: Tutti gli uomini sono mortali è una premessa intuitiva, immediata, data per certa (gli Scettici la contesteranno).

In possesso di un metodo che determina la certezza di un corretto ragionamento, Aristotele affronta la questione che Egli giudica essenziale, l’indagine sull’essere, la Metafisica, non le singole realtà. La realtà nel suo essere peculiare, la Sostanza. Non che possa esistere qualcosa di indeterminato, la realtà è sempre materia che ha una forma, tuttavia esiste una forma implicita definibile nella materia, ad esempio il seme di una pianta che diventa quella determinata pianta, ed una materia che contiene forme possibili, ad esempio il marmo che può diventare statua, tavolo. In quest’ultimo caso abbiamo per Aristotele la Materia Prima. Nella realtà esiste un continuo andamento, un perpetuo divenire, un passaggio dalla potenza all’atto, dall’atto alla potenza e sempre avanti.

Il seme diventa frutto secondo la sua natura, il frutto seme. Il processo avviene secondo quattro Cause: occorre una causa efficiente, che imprime il movimento, l’azione, poniamo la mano dello scultore, la generazione del seme; occorre la materia, il marmo, il germe, vale a dire la causa materiale; occorre una forma a cui tende la materia, la statua, la pianta, causa formale; occorre la conclusione voluta, la statua, la pianta, causa finale. Questo processo finalizzato al perfezionamento continuo ma non infinito, esiste un punto di arrivo, quando il raggiungimento è perfetto e non può ulteriormente perfezionarsi. Questo perfezionamento assoluto, questa assoluta perfezione atto puro è Dio.

Così come le Idee in Platone sono perfette, Dio è perfetto in Aristotele. Perfetto ma non assoluto, Dio è un essere non la totalità dell’essere, Egli è anche Pensiero di Pensiero, Motore immobile. Dio è del tutto estraneo al mondo dove le cose svolgono il processo di potenza ed atto, nell’unione di materia e forma, che Aristotele, chiama Sinolo, e nel compimento di tale unione secondo lo scopo raggiunto, che Aristotele definisce come Entelechia. L’Idea di Dio è una concessione all’ideale platonico che esiste un Ente Supremo, il Sommo Bene, le Idee? È l’aspirazione alla perfezione che ha così gran parte nel pensiero greco? In ogni caso il Dio aristotelico non crea, non è l’essere, è un essere tra gli esseri anche se completamente attuato. Impossibile, per i Greci, sottrarsi al reale ideale.

             

Aggiornato il 11 marzo 2022 alle ore 12:48