Socrate, la bellezza del bene

Socrate si oppone ai Sofisti usando gli argomenti sofistici ma capovolgendoli, Nativo di Atene (469-399 a.C.), figlio di uno scalpellino e di una levatrice, combattente coraggioso, cittadino con passione per la cosa pubblica, ne ebbe incarichi, critico sferzantissimo e temuto, Egli, come i Sofisti, esercitava il dialogo, la gara del confronto delle opinioni, e aveva seguito tra la gioventù di Atene. A differenza dei Sofisti, non insegnava a pagamento. Anche Socrate rende autonomo l’uomo dalla Natura, lo fa giudice, valutatore. Egli pure, come i Sofisti, crede nella razionalità umana. Mentre però la razionalità dei Sofisti non credeva in valori universali stabili giacché otteneva ragione chi era più convincente, di ogni argomento si poteva sostenere una doppia tesi ed esistono singole realtà mutevoli, non l’uomo, ma gli uomini, non l’albero ma gli alberi, e ogni cosa è definibile in un determinato momento, e non è consentito generalizzare, per Socrate, invece, la ragione umana è capace di fondare i concetti, non quell’albero ma l’albero, non quell’uomo ma l’uomo. Basta cogliere la caratteristica fondamentale di ogni cosa, ad esempio la caratteristica fondamentale dell’albero è il tronco e la radice non che abbia foglie gialle o rosse.

Se siamo capaci di concepire pensieri generali, siamo anche capaci, per Socrate, di formulare giudizi universali e di stabilire cos’è il bene per tutti, il vero per tutti, la virtù per tutti, la felicità per tutti. Per Socrate esiste legame del bene con la virtù e la verità. Non può esservi felicità se non nel bene, nella virtù, nel vero. La felicità è il risultato della connessione tra bene, virtù, verità. Chi fa il male lo compie perché ignora il bene, Vedremo, in Platone, le complicazioni di queste concezioni….In quanto ostile e irridente verso gli uomini politici del tempo, sospettato di corruzione della gioventù, di miscredenza Socrate fu condannato a morte. Poteva fuggire, ma decise che era doveroso non sottrarsi alle leggi. La morte di Socrate venne minutamente descritta da Platone, che, del resto, costituisce la fonte primaria del pensiero di Socrate, il quale non lasciò scritti.

Nel testo Apologia e morte di Socrate, Platone racconta che Socrate è condannato a bere la cicuta, la quale lo uccide lentamente salendo dai piedi. Progressivamente gli organi perdono sensibilità, Socrate si fa toccare per rendersi conto che il freddo della morte sale, quando perverrà ad una sfera vitale, Egli morirà. Nel frattempo, discute con i discepoli serenamente. Che esiste dopo la morte? Possiamo sapere qualcosa? Con il dubbio se sia più felice chi continua a vivere o chi muore, e l’invito ai discepoli di recare doni sacrificali al Dio della Salute, Esculapio, Socrate, morente, cessa l’esistenza. È la morte greca per eccellenza, classica. L’uomo greco, ma anche l’uomo romano, sentono tragicamente la morte però la sopportano virilmente, non pianti, non grida, dolore chiuso. Non era da filosofi, non era da uomini furoreggiare in strepiti. È questo comportamento sia da colora che credevano nell’immortalità dell’anima sia da parte di coloro per i quali con la morte del corpo nuore tutto.

L’uomo greco sente potentemente il dolore ma altrettanto potentemente vuole la vita. La sua serenità, persino la felicità non sono assenza o indifferenza all’infelicità ma dominio, per amore della vita, sul dolore di vivere. Con Socrate, la Grecia ha dato all’umanità un modo esemplare di misurarsi con la morte. I greci non scrivevano o dicevano la filosofia, la incarnavano. In quanto al pensiero taluni danno a Socrate il merito straordinario di avere “inventato” il concetto, che Aristotele inciderà per sempre; la sua convinzione che l’uomo fa il male perché ignora il bene molti la apprezzano, altri dicono il contrario, l’uomo fa il male appunto perché sanno di fare il male. Che virtù, verità, bene siano necessari e ragione d’essere della felicità, bisogna riferire questa convinzione alla Grecia classica, quando l’uomo davvero si reputava al centro della vita ideale, realizzandola. Non è mai esistita altra epoca che la pareggi. Per noi, uomini laterali alla classicità, esistere il piacere non la felicità, e lo scoviamo anche nelle pozzanghere.

Oltretutto la cosiddetta ragione sostanziale è scomparsa dopo l’Illuminismo e ci inoltriamo nella ragione strumentale, mezzi per il fine, il valore non conta raggiungere lo scopo quale che sia. Socrate non superò la sofistica ma la resa valoriale: l’uomo è capace di scovare la vita “vera”. Aristofane lo irrise. Nietzsche lo ritenne il dissolutore del dionisiaco. Era fisicamente brutto, e dunque amava il bello. Ebbe consorte ma sembra amasse anche i giovani, faccenda comune a quell’epoca. Usava un metodo nel colloquio, fare esprimere l’altrui opinione, dissolverla e fare uscire l’opinione razionale, fondata. Riteneva che in ogni uomo esiste la possibilità della verità. Basta togliere il velame mediante il dialogo. E la verità apparirà nuda. Il suo lento dominio della lenta morte divenne esemplare come morte del filosofo. Quella tragica di Cristo divenne esemplare come morte del Santo.

Aggiornato il 28 febbraio 2022 alle ore 09:34