Se amate il vino e odiate la flora e la fauna che si forma durante la sua macerazione, questa notizia vi farà cambiare idea. Almeno per quanto riguarda l’ormone o l’enzima che attiva delle reazioni molto simili all’omeopatia. Perché è infatti proprio dal contatto con il vino, che le vasche di pietra arenaria di Pietranico diventano l’alcova dei lieviti responsabili della fermentazione del vino. La scoperta non è quella dell’acqua calda per quanti hanno fatto già una ricerca rientrata nel Programma di sviluppo rurale Abruzzo 2007/2013, Misura 1.2.4., e che ha avuto il supporto del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Grazie all’appoggio scientifico del CriVea (Centro di ricerca viticola ed enologica d’Abruzzo), dell’Università di Teramo e dell’Università di Pescara-Chieti, in Abruzzo si sono effettuati studi sulle particolarità del profilo organolettico delle micro e macro vinificazioni in vasche di pietra di Pietranico (Pe).
Il parere degli esperti è stato unanime: i vini (ben riconoscibili per sapidità e mineralità) e le vasche rupestri, concentrate in numero maggiore a Pietranico (7) rispetto al resto dell’Abruzzo, sono i nuovi elementi attrattori in termini di turismo territoriale per l’intera regione. Dove andare? Beh, ad oggi c’è un solo luogo dove si producono vini macerati in vasche di pietra iniqua, fuori posto, che i contadini trovano ancora in mezzo ai vigneti: a Nocciano, nell’azienda Agricola Chiusa Grande di Franco D’Eusanio, vinosofo come “bio” comanda.
Qui, si producono vini autoctoni “In Petra”, Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo: 10mila bottiglie l’anno (sulle 300mila totali) che mirano alla rivalutazione della tradizione. “Siamo gli unici produttori al mondo a vinificare in vasche di pietra. Non quella della Maiella, inadatta al vino per l’alto contenuto di gesso presente, ma quella in calcarenite, con una fortissima presenza di silicio (la pietra sembra dura come il travertino). La caratteristica di questa pietra è interessante: perché riempiendo le vasche di acqua, il suo livello si abbassa. La pietra è infatti permeabile all’acqua, ma non al mosto e al vino”, ha spiegato Franco D’Eusanio. Lo abbiamo incontrato durante il tour organizzato dalla Camera di Commercio di Chieti-Pescara, con la collaborazione di Abruzzo Travelling. In sostanza questa pietra è astemia, ma non lo siamo stati noi che abbiamo brindato alla nuova versione della Panarda, la maratona gastronomica che annovera 50 portate nel menu.
La versione 2.0 ai tempi del Covid rimane comunque un banchetto dove il vicino di sedia è uno sconosciuto estratto a sorte tra i partecipanti. La distanza è quella di sicurezza, contro il virus. C’è sempre l’Orchestra popolare del Saltarello a fare da colonna sonora con canti e balli folcloristici in onore di Sant’Antonio. Non c’è nessuno pronto a inneggiare penitenze per traditori del gusto, sazi e desiderosi di alzarsi da tavola. Ma alt! Resta valido il divieto di abbandonare il convivio se non dopo aver bevuto le due tisane digestive previste dall’evento. Pace se non si balla in quei quindici minuti di pausa per le mandibole.
Il banchetto pantagruelico è un viaggio tra i saperi e i sapori d’Abruzzo che dura almeno 5 ore. Nel frattempo sarà normale gustare 149 eccellenze alimentari: dalla ventricina del vastese alla galantina di pollo con i sottaceti, dalle scrippelle ‘mbusse alla sprisciocca conosciuta sin dal Medioevo, tanto da essere considerata uno dei formaggi più antichi d’Abruzzo, la Giuncata, o Sprisciocca che per i pastori era la prima colazione, gustosa ed energica. Ce n’è per tutti fino a notte fondamentale. Ideale per il turista che abbia voglia di viaggiare rimanendo comodamente seduto, servito e riverito come un principe.
Aggiornato il 09 dicembre 2021 alle ore 09:58