Visioni. “Strappare lungo i bordi”: la dolorosa autoironia di Zerocalcare

Strappare lungo i bordi di Zerocalcare è un racconto di formazione attraversato da una dolorosa autoironia. La miniserie tivù animata in sei brevi episodi, dal ritmo ora indiavolato ora sospeso, è disponibile su Netflix dal 17 novembre. Creata, disegnata, doppiata, scritta e diretta dal fumettista romano, al secolo il 37enne Michele Rech, avvince sin dalla prima sequenza. L’autore delle celebrate graphic novel La profezia dell’armadillo, Kobane Calling e Macerie prime, firma una splendida narrazione audiovisiva prodotta da Movimenti Production, in collaborazione con Bao Publishing. Dopo la presentazione dei primi due episodi alla Festa del cinema di Roma, Strappare lungo i bordi arriva in streaming, registrando consensi unanimi di critica e spettatori. Zero, l’alter ego dell’autore, vive tragicomiche avventure esistenziali. La linea narrativa principale attiene al viaggio, quale metafora e approdo. Il protagonista è coadiuvato dagli amici più intimi: Sarah, Secco e la ragazza del cuore Alice, a cui Zero non osa dichiararsi. Le due protagoniste femminili hanno l’una un timbro maschile, l’altra metallico. Perché Zero (che le doppia entrambe) ammette di non sapere riprodurre il suono della loro voce. Ammissione di inadeguatezza. Dopo La profezia dell’armadillo, in questa nuova iterazione, Camille diventa Alice, ma Zero è sempre lo stesso. Così come la relazione sentimentale: un amore difficile, inespresso, fatto di distanze e inseguimenti, ma, soprattutto, di autentica incomunicabilità.

Infine, ecco l’immancabile coscienza rappresentata dall’Armadillo (con la voce di Valerio Mastandrea). È emblematica la funzione censoria dell’amico immaginario eppure presenza costante. Con il suo furente sarcasmo, tratteggia un Super-io che, freudianamente, non concede sconti. Un grillo parlante con “l’elmetto”, un amico inseparabile e insopportabile. Uno specchio tascabile sempre pronto a giudicare, a dispensare colpe e a comminare pene. Zero, dall’infanzia all’eterna giovinezza, affronta un tragitto costellato da fermate, interruzioni, ricordi, riflessioni, flashback e divagazioni. Dal G8 ai pomeriggi passati a chattare su Msn. Una peregrinazione che da Roma giunge a Biella. Per affrontare una realtà incomprensibile. Il protagonista è mosso da una convinzione, errata: “Seguire la linea tratteggiata di ciò a cui siamo destinati. Così, tutto prende la forma che deve avere”.

È proprio questa vulnerabilità che rende Zerocalcare uno dei migliori narratori contemporanei. Divertente fino alle lacrime, demenziale, scatologico, irripetibile eppure dolente. Strappare lungo i bordi è il successo annunciato di un consacrato maestro del fumetto. La periferia romana assurge a metro di giudizio, prospettiva da cui valutare un universo che ha perso il senso e le proporzioni. Per cui chi perde le proprie giornate a giocare a poker online vive la stessa condizione disincantata di chi studia, raggiunge dei traguardi formativi, senza riuscire a centrare l’obiettivo agognato: il lavoro della vita. Già. Zerocalcare diventa il simbolo delle giovani generazioni che provano a ritagliarsi uno spazio in un contesto che ostacola, sminuisce, deprime, isola. Strappare lungo i bordi è la storia di una ribellione culturale. Timida, corrucciata e teneramente inadeguata. Come i grandi comici, Zero si trova, sempre, fuori posto, fuori fase, fuori fuoco. È da questo cortocircuito che nasce la sua visione del mondo, solo in apparenza nichilista. In realtà, ironicamente addolorata.

La miniserie animata si segnala anche per il personale tratto del disegno, la levità della scrittura e per l’uso appassionato della colonna sonora. Dal doppiaggio ironico alla musica trascinante. A partire dal pezzo del cantautore romano Giancane (Giancarlo Barbati) usato nella sigla. E poi: da Libero dei Klaxon a Un battito ancora de Gli Ultimi nella sesta, da Wait degli M83, fino allo struggente Goodbye Love di Jonathan Lloyd, che contrappunta una presa di coscienza, forse non definitiva, del personaggio principale. “Mi ricordo che quel giorno – annota Zero nel suo monologo interiore – in effetti, c’era qualcosa di incredibilmente rasserenante nell’essere solo un filo d’erba. Che non faceva la differenza per nessuno. E non aveva la responsabilità di tutti i mali del mondo”.

   

Aggiornato il 19 novembre 2021 alle ore 20:22