Personaggi mitologici, Sisifo, Prometeo

Personaggi della civiltà

Il mito di Sisifo            

Per comprendere radicalmente i miti greci e forse i miti di qualsiasi civiltà, occorre intendere che i Personaggi, spesso divini o sovra umani, tuttavia rappresentano situazioni, ansie, dubbi, ambizioni, tentativi assolutamente umani, se pure in veste divina o sovra umana. Il mito di Sisifo in tal senso è rappresentativo della condizione umana in modo categorico. Che teme massimamente l’uomo? Di sicuro, la Morte. Anche l’uomo greco, eroico, con il pieno dominio delle passioni pur essendo passionale, educato a contenersi, indubbiamente anche l’uomo greco, amantissimo della vita, non amava la morte. Moriva, perché il Fato naturale aveva posto gli uomini sotto il segno della morte, moriva, ma non amava la morte. Non “voleva” morire, moriva. O non voleva morire addirittura tentando di vincere la morte! Vincere la morte: esiste impresa più assurda e temeraria e vana? Ma questo è un ragionare “moderno”. Gli antichi non determinavano così nettamente la condizione umana (e divina), vivevano il possibile. Sisifo, Re di Corinto, di illustre stirpe, ha mancanza di acqua nella sua città. Incontra Asopo, dio fluviale, il quale cerca la figlia Egina. Sisifo ha visto Egina, è stata rapita da Zeus. Chiede, in cambio della rivelazione della sorte di Egina, acqua ad Asopo. Asopo promette la fonte, Sisifo rivela che Zeus ha rapito Egina, Asopo concede la fonte dell’acqua. Zeus infuriato per l’atto spionistico di Sisifo chiede al fratello Dio degli Inferi, Ade, di inviare Tanato (Morte) a punire Sisifo. Sisifo ubriaca Tanato (Morte) e l’incatena. Sulla Terra non vi è più morte, le guerre sono innocue. Ares (Marte), Dio della guerra, vedendo l’inutilità di guerre senza uccisioni, corre da Sisifo, libera Tanato (Morte) ed insieme trascinano Sisifo negli Inferi (Regno dei Morti). Ma Sisifo li inganna nuovamente. Ha chiesto alla consorte, Merope, di non compiere i riti funebri di seppellimento, sì che, negli Inferi, Sisifo chiede di tornare sulla Terra perché si abbia il seppellimento del corpo. I Greci consideravano un obbligo assoluto il seppellimento. Tornato sulla Terra, Sisifo, che dovrebbe rientrare negli Inferi, non si fa seppellire, e vive e muore naturalmente. In altra versione del mito, il Dio Ermes viene comandato di prendere Sisifo e rientrarlo negli Inferi. Zeus, irato, gli accadeva spesso, dalle astuzie di Sisifo contro gli Dei, danna Sisifo a spingere un macigno che raggiunta la sommità ricade indietro. Per l’eternità.

Come si è detto, in ogni mito vi sono sensi molteplici sulla condizione umana. Il macigno portato in cima e ricaduto e da riportare in cima, e per l’eternità, le fatiche di Sisifo, costituiscono la tremenda visione dell’esistenza umana: uno sforzo che continua in ciascuno e che ciascuno riprende, la stancante e inutile fatica del vivere. Ma è anche, da parte di Sisifo, la volontà di vivere, l’orrore della Morte. La vita che Sisifo tanto ama, è un macigno che non riusciamo a portare a buon fine e tuttavia vogliamo spingere (vivere)? Il mito di Sisifo è cruciale nella nostra cultura, Albert Camus vi ha dedicato un libro, nel quale Sisifo è colui che vuole vivere intensamente al di là di ogni fede religiosa, per fede nella vita. In modi indiretti anche io, nel mio Il Labirinto di Sisifo esalto la vita, occuparsi, sopravanzare, senza ignorare, la Morte.

Il mito di Prometeo

Il mito di Prometeo è il più celebre ed il più celebrato dalla civiltà europea, ed innestato nei nostri valori. Figlio, secondo una delle versioni, di un Gigante che violenta Era, sposa di Giove, Prometeo è ingegnoso e soprattutto amico dell’uomo che, del resto, è formato dallo stesso Prometeo con fango e fuoco divino. All’uomo la Dea della Sapienza, Atena (Minerva), con altri Dei fece largizione di molte qualità, ma lo sciocco fratello di Prometeo, Epimeteo, le attribuì agli animali, Prometeo cerca di risarcire il malfatto sottraendo ad Atena una cassetta nella quale vi stanno soprattutto intelligenza e memoria, donandola agli uomini. Sempre allo scopo di soccorrere l’uomo Prometeo in un pranzo tra uomini e Dei, fa in modo che gli uomini abbiano la parte più carnosa di un bue. Zeus, adiratissimo, come di consueto, punisce gli uomini togliendo loro il fuoco. Come si comprende il mito di Prometeo ha come sottofondo la lotta, esistente in molte religioni, tra gli Dei e l’uomo. Prometeo ruba il fuoco e lo riconsegna all’uomo, che può in tal modo cuocere i cibi e lavorare i metalli, e passare dallo stato ferino alla civiltà. Zeus, che non vuole l’uomo eccellere, concepisce una punizione da annientare il genere umano: la donna, una donna con le più belle attribuzioni, Pandora, e la invia allo sciocco Epimeteo, il quale, però, la respinge, a tal fine consigliato da Prometeo, che teme i doni dell’ostile Zeus. Ancor più rabbioso Zeus fa incatenare Prometeo, un’Aquila gli roderà il fegato per sempre, giacché gli ricresce. Epimeteo sposa Pandora, la quale per curiosità e avidità apre uno scrigno che Prometeo aveva consegnato ad Epimeteo ordinandogli di mantenerlo serrato. Tutti i mali escono dallo scrigno e volano tra gli uomini, dentro gli uomini. Ecco perché moriamo, soffriamo, ci ammaliamo. Le mitologie antiche imputano alla donna il male di esistere, da Eva, nella Bibbia, a Pandora, nella mitologia greca. In una versione, si narra che Ercole uccide l’Aquila che rode Prometeo e lo libera.

Prometeo resta nella civiltà europea il fautore del potere umano contro l’invidia degli Dei, del sapere, della scienza degli uomini, Egli ha posto eminentissimo nell’arte con la tragedia di Eschilo: Prometeo incatenato, nella quale sfida Zeus, e nel Prometeo liberato di Percy Bysshe Shelley, che lo esalta come fautore della indipendenza attiva dell’uomo. Tenendo conto del valore, del significato, degli effetti, e onorando quanti hanno dato alla loro esistenza il compito di accrescere il patrimonio umano dell’umanità. Imprese colossali, scopi immani, volontà di acciaio, il segno supremo di quel che l’uomo riesce ad attuare. Nel bene e nel male, nel flusso del pensare e dell’operare. Inarrestabilmente. In un accrescimento perpetuo. E se credevamo di giungere ad una vetta insuperabile, la superiamo o tentiamo. Giacché, alla resa dei conti, il solo dato certo che abbiamo è vivere la vita, massimamente, inebriati di qualche scopo che valga o ci illuda che valga a spendere i giorni della nostra preziosissima esistenza. Tenuto conto che restiamo al mondo un pugno di brevi anni e lo sconfinato Tempo prima di noi e dopo di noi è senza di noi, sì che quei pochi anni dovremmo deflagrarli estremamente. Coloro di cui ho scritto e scriverò o nel loro valore rappresentativo o nel loro pensare ed operare incisero se stessi nella memoria delle civiltà. All’uomo non è concesso di più che restare nella memoria degli uomini.

Aggiornato il 13 novembre 2021 alle ore 11:36