“Vita da Carlo”: La vita (e Roma) secondo Verdone

Finalmente su Amazon Prime è uscita Vita da Carlo, la serie di e su Carlo Verdone. Nel cast con lui, Max Tortora, Monica Guerritore, Anita Caprioli, Caterina De Angelis, Antonio Bannò, Filippo Contri e poi troviamo Alessandro Haber, Rocco Papaleo, Morgan. La regia è dello stesso Verdone, con Arnaldo Catinari; la serie è prodotta da Filmauro e Amazon Studios. Niente spoiler, prometto. Nei dieci episodi della prima stagione (e speriamo ce ne siano altre), entriamo a casa del signor Verdone, anzi di Carlo, e condividiamo con lui le giornate, sempre piene di problemi da risolvere, di piccoli drammi da gestire, di persone e personaggi, di sorrisi e di scojonamenti, di nostalgia e di poesia. Tutto nella sempre meravigliosa cornice di Roma. E proprio Roma, che Carlo ama tanto, rischia di essere la città che dovrà amministrare quando, quasi per gioco, gli propongono di candidarsi a sindaco viste la sua popolarità e il suo profondo e sincero amoR per Roma; in un periodo in cui la politica si è svuotata del suo contenuto divenendo solo contenitore, troppo spesso di sole parole. Carlo vive in un bel quartiere, con amici e persone che gli girano intorno.

Tutti lo conoscono, lo riconoscono e lo adorano. Tutti gli chiedono selfie e battute dei suoi stranoti personaggi e Carlo, pacato e gentile com’è davvero, accontenta tutti, anche quando non vorrebbe o non potrebbe proprio. La calma e la pazienza lo fanno sopravvivere a una vita sempre troppo caotica, come a lui non piace proprio. Però poi ogni tanto Carlo sbrocca e ci fa ridere di cuore con le sue uscite in romanesco, con i suoi mortacci, ma de che, con quelle espressioni sue tipiche, con quelle battute che tutti nella serie gli (ri)chiedono, che noi spettatori conosciamo bene e forse gli chiederemmo a nostra volta. Carlo è ormai maturo, vive e vede la vita con disincanto, è un autore, vuole realizzare il suo film drammatico. Convive serenamente con le sue ansie, con le piccole fobie, con i problemi di famiglia e di lavoro; con una Roma troppo cambiata, troppo sporca e indisciplinata.

E Carlo è veramente incazzato per Roma: proprio in un’intervista che mi rilasciò qualche tempo fa per il mio libro (Lo sguardo del cinema su Roma. Viaggio nel senso dei luoghi, Edilet-Edilazio Letteraria), mi disse: “Rischiamo di trovarci una ‘città grande’ e non ‘una grande città’. Se dovessi essere sincero a Roma sono mancati dei sacerdoti del bello. Ma noi vogliamo mantenere la speranza che questo periodo di cattiva e confusa amministrazione, unita a una burocrazia che è la madre di tutte le corruzioni, abbia una fine. Puntiamo a sensibilizzare i giovani già nelle scuole. Facciamogli capire cosa significa ‘gusto estetico’ e ‘valore storico’, solo così forse creeremo qualche sacerdote del bello”. Ma per ogni giorno, per ogni situazione, per ogni persona che incontra nelle dieci puntate (e nella vita), Carlo riesce a essere poetico, dolcemente nostalgico, ironico. In tutte le varie peripezie della serie però, Carlo, pur avendo un matrimonio finito alle spalle, mantiene la fede al dito. Quella fede che non nega anzi difende e mostra con ironia e fiducia. Una fede per chi sta al di sopra e una fiducia per il futuro di tutti, di Roma, dei romani e dei romanisti (ma anche dei laziali va’), e soprattutto una fiducia in se stesso.

Aggiornato il 11 novembre 2021 alle ore 18:18