Il lettore rimane colpito e incantato dopo avere letto l’ultimo libro di Emmanuel Carrère, intitolato “Yoga” e pubblicato di recente dalla Adelphi. Si tratta di una magistrale e riuscita autobiografia intellettuale, nella quale questo scrittore di valore affronta il tema della depressione e del disagio esistenziale, dei rimedi a cui bisogna fare ricorso per mettere ordine nella mente di una persona, assediata da tormenti, dolori, e inquietudini esistenziali.
Lo scrittore, all’inizio di questo libro, confessa di essere sprofondato in una dolorosa depressione, che gli ha prodotto stati emotivi dominati dalla tristezza e dalla malinconia. Per liberarsi da questo stato paralizzante di sofferenza ha iniziato a frequentare gli stage di Vipassana, nel corso dei quali ha appreso la tecnica della meditazione che consiste, una volta assunta la posizione del loto, con testa eretta in alto e il bacino poggiato su un cuscino, nel rimanere immobili e in silenzio, ascoltando la propria respirazione e i momenti da cui è scandita, l’inspirazione e l’espirazione.
Carrère, come racconta nel libro, ha seguito i corsi e le lezioni tenute a Parigi da Faeq Biria, uno profondo conoscitore dello Yoga, il cui metodo era stato influenzato dal fondatore dello yoga, Bellur Krishnamachar Sundararaja Iyengar. Chi pratica lo yoga, non deve fare nient’altro che osservare, attraverso il controllo della respirazione, l’affacciarsi alla coscienza di pensieri, emozioni e sensazioni.
Nel libro il lettore troverà elencati in modo preciso e puntiglioso diverse definizioni della meditazione.Questa, grazie al silenzio e alla esplorazione della coscienza, fa nascere una sorta di testimone che con spirito critico analizza il turbine dei pensieri che si forma nella mente della persona, impedendo che ne sia travolto o soggiogato. Nel libro, Carrère descrive la sua esperienza di meditazione, in un luogo situato in Francia nei pressi di Laroche Migennes, avvenuta nel 2015. In una fattoria isolata, lo scrittore decide di avviare un periodo di meditazione intensiva, durante il quale, in compagnia di altre persone con cui non può parlare, dovrà rimanere in silenzio e relegato fuori dal mondo, senza ricevere informazioni e comunicazioni dall’esterno.
Proprio in questo periodo riaffiora nella mente dell’autore la definizione della salute mentale che si deve a Sigmund Freud, per il quale una persona deve essere considerata mentalmente sana nei casi in cui non sia soggetta alla sofferenza nevrotica, ma alla sofferenza umana, da cui nessuno è esente ed immune. Quando una persona sta bene e gode della serenità interiore, riesce, secondo Freud, ad amare e a lavorare. Carrère è arrivato alla meditazione e alla pratica dello yoga dopo che per venti anni aveva affidato la cura della sua anima a diversi psicanalisti, senza ottenere risultati apprezzabili.
Purtroppo, come narra nel libro, lo scrittore è costretto a lasciare il luogo dove stava sperimentando i benefici della meditazione, poiché viene informato che a Parigi sono accaduti, nel corso del 2015, fatti gravissimi. Infatti nella sede del giornale satirico Charlie-Hebdo due terroristi islamici, dopo avere fatto irruzione nella redazione di questo giornale, uccidono dodici giornalisti, tra cui Bernard Maris, un economista appassionato di letteratura, con cui lo scrittore aveva un rapporto di amicizia visto che Bernard era il compagno della sua amica giornalista Helene F. Bello e indimenticabile è il ritratto nel libro di Hervé Clerc, un giornalista dell’agenzia France Presse che, dopo avere girato il mondo e seguito i grandi avvenimenti della politica internazionale, divide la sua vita tra la città di Nizza e la sua casa adagiata nel paesaggio meraviglioso a Levron.
Hervé, durante il dialogo che ha con Carrère, afferma in modo profondo che non siamo in vita solo per osservare il cielo, ma per trovare una via di uscita dalla condizione umana, vale a dire dal ciclo di trasformazioni e sofferenze da cu è segnata la vita umana. Nel libro, viene citato un celebre passo del Fedone di Platone e un altro tratto dall’ecclesiaste, per dimostrare che il mutamento è perenne e nel mondo è illusorio pensare di poterlo arrestare. Nel libro viene analizzata la tachipsichia che consiste e si manifesta quando nella mente umana i pensieri sono erratici, sconnessi, stridenti. Lo scrittore ammette di avere scoperto in tarda età, alla soglia dei sessanta anni, di soffrire del disturbo bipolare. Con la meditazione, facendo affiorare nella coscienza le sensazioni e le emozioni dolorose, è possibile comprendere la legge eterna dell’alternanza degli stati emotivi, gioia e dolore, luce e tenebra, empatia e chiusura in se stessi.
Prima di finire ricoverato in ospedale, per lo stato di disagio esistenziale vissuto in prima persona, lo scrittore incontra lo psicanalista Francois Roustang. Questo conoscitore dell’animo umano, osserva che un terapeuta non deve assecondare le pulsioni autodistruttive di una persona depressa, ma deve esortarla a vivere l’orrore del dolore e della tenebra, da cui la sua anima è prigioniera, fino in fondo, per liberarsene in modo definitivo. Dopo avere provato sensi di colpa, con la mente in preda alla ruminazione di pensieri assurdi, e le idee suicidarie sempre più ossessive, Carrère viene ricoverato al Sainte-Anne. In questo ospedale è sottoposto ad alcuni interventi di Tec, crisi epilettiche indotte, con le quali provocare nella mente del paziente una sorta di Reset, per liberarlo dalle sue sofferenze psichiche. Al risveglio Carrère si trova al cospetto di un quadro, che per lui diviene l’immagine della sofferenza interiore, di cui è autore Raoul Dufy, che raffigura alcune donne in crinolina e alcuni bambini vestiti alla marinara su di una spiaggia della Bretagna o della Normandia, al di sotto di un cielo nuvoloso.
Uscito dall’ospedale, prima di compiere un reportage in Iraq, Carrère decide di recarsi su di una Isola greca, per ristabilirsi e riprendere a scrivere. A Patmos, una isola chic destinata agli occidentali, lo scrittore incontra una giornalista, Laurence, che gli racconta come sulle isole del Dodecaneso approdano i migranti in fuga dalla Siria, dall’Afghanistan, dal Pakistan.
Carrère, mosso dalla curiosità di capire le motivazioni che inducono queste persone a lasciare i loro Paesi per raggiungere l’Occidente, decide di andare a vivere a Leros, o Lesbo, una isola greca, dove durante la dittatura dei colonnelli, negli anni Settanta, venivano rinchiuse e segregati gli oppositori del regime militare.
In questo luogo incontra una donna, Erica, americana ed ex docente universitaria di storia medievale, che ha aperto una scuola di scrittura per educare alcuni rifugiati e istruirli. Erica è una donna sola, che è stata abbandonata dall’uomo che amava, un batterista jazz olandese, e che ha perduto la sorella, affetta da una grave forma di schizofrenia. Conversando con Erica, dopo avere ascoltato la polacca detta Eroica di Chopin, lo scrittore ha una conversazione profonda con questa donna sola e piena di dolore. Erica, che ammette di praticare lo yoga da anni, afferma che la meditazione le ha fatto comprendere che la coscienza somiglia alla superficie di un lago calmo e liscio.
Purtroppo, sulla superficie di questo lago vi sono piccole onde e increspature. Per Erica grazie alla meditazione, è possibile capire che i pensieri, le sensazioni e le emozioni somigliano a quelle piccole onde, che sono destinate a dissolversi. Per questo non bisogna fissarsi in modo ossessivo su di essi. Bisogna osservare e scrutare questi pensieri e queste sensazioni, sapendo che sono di passaggio e che presto spariranno dalla mente. La conclusione del libro sorprenderà il lettore. Carrère nel suo libro, una stupenda opera letteraria, cita un pensiero di Glenn Gould, sotto la cui egida vuole vivere i suoi ultimi anni di vita: “Lo scopo dell’arte non è provocare una momentanea scarica di adrenalina, ma la costruzione paziente, che dura tutta la vita, di uno stato perenne di serenità e di meraviglia”. Un libro imperdibile.
(*) Emmanuel Carrère, “Yoga”, Adelphi, pagine 312
Aggiornato il 24 agosto 2021 alle ore 13:03