Il nirvana occidentale

Nelle valutazioni dei rapporti internazionali si trascura o si concede scarsa rilevanza a un Paese intrascurabile, che assomma una popolazione che si avvicina a quella cinese ma è più giovane nell’età media, un’economia totalmente povera ampiamente e però suprema in attività tecnologiche modernissime e anche cinematografiche. Un Paese anch’esso con armamento nucleare, pure se relativo e non esibito. Questo Paese, l’India, a lungo termine qualche problema alla Cina lo susciterà. Demograficamente la Cina ha troppi anziani, quantunque cerchi di rimediare.

L’India potrebbe essere una antagonista possente della Cina, non è in rotta con l’Occidente, tutt’altro, opera nel mercato mondiale nei settori tecnologici, e si deve a sua volta tutelare dalla Cina. Forse diverrà la nazione decisiva in Oriente, in ogni caso gli Stati Uniti la ritengono essenziale per quella cinturazione nel Pacifico contro la Cina, insieme al Giappone, la Corea del Sud, l’Australia. Dal punto di vista culturale, è molto più vicina all’Occidente dei cinesi, le religioni veda- induista e specialmente buddhista sono presentissime nella cultura occidentale.

Oggi come oggi con un cinese non possiamo discorrere culturalmente bensì, soprattutto, di affari. Gli indiani, invece, mantengono un possente retaggio spirituale. Semplifico, ma in effetti il Confucianesimo è un’etica più che altro, un’etica della virtù e dell’obbedienza, mentre il Taoismo si è molto avvinto a influenze indiane.

La filosofia greca è una razionalizzazione del pensiero religioso induista e buddhista, in India però non abbiamo una decisa separazione tra religione e filosofia, conquista greca. Ma la ciclicità dell’esistenza, morte-rinascita, distruzione-risorgenza viene dall’India, così come il pensiero dei Cinici e lo Stoicismo vengono dall’India e il pensiero di Parmenide e di Platone: quest’ultimo anche in terreno politico ha influenze indiane. Il mondo come immagine falsa e fugace di un mondo vero oltremondano è puro induismo, la caduta dell’anima per incarnarsi nella voluttà terrena è Induismo, la liberazione dal corpo è Induismo, la persistenza della dannazione secondo le precedenti incarnazioni (Empedocle, Pitagora) è Induismo.

Il Giainismo ispira talune scuole socratiche, l’apatia e l’atarassia sono induiste e moderatamente buddhiste, anche se mi consento una discutibile relazione. Buddha ispira l’Epicureismo (si può discutere, ripeto), vi sono poi aspetti raffinatissimi in campo linguistico, sui rapporti tra parole e “cose”, tra parole e realtà, che accenno. Insomma, bisogna cercare popoli con cui si possono stabilire rapporti culturali, non ristagniamo nell’economia: la verità non viene da Oriente ma non viene neanche da un Occidente che sembra inchiodato all’economia almeno quanto la Cina, che a sua volta ha poeti di secoli avanti Cristo da strabiliare.

Insomma, attingiamo ai forzieri delle civiltà per stemperare l’asfissia economico-pandemica che ci sta togliendo il respiro. Credo che leggere il dialogo tra Krishna e Arjuna nel Bhagavadgita darebbe una tale voglia di ammirare che guariremmo dal virus. Dichiara Krishna (Visnù) allo sfiduciato Arjuna che non vuole combattere: “Non vi è alcunché nei tre mondi che io non abbia conquistato, eppure non mi stanco di agire”.

Questo è l’insegnamento induista (e buddhista), viviamo e continuiamo a vivere se “vogliamo” vivere. Ma noi “vogliamo” vivere o siamo in stato di nirvana involontario? Scoperto il virus effettivo: la Nolontà di vivere, il Nirvana occidentale.

Aggiornato il 14 luglio 2021 alle ore 12:04