Piero Gobetti: intellettuale coraggioso e coerente

Centoventi anni fa – il 19 giugno – Piero Gobetti nasceva a Torino: morì esule in Francia a 25 anni neanche compiuti per la fragilità della sua salute che peggiorò anche per le aggressioni subite; un’età che racchiude una straordinaria storia intellettuale e politica tale da annoverarlo tra i padri della Patria repubblicana, tanto da essere commemorato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Su chi fosse e cosa pensasse, su cosa fece come politico, pubblicista, editore, antifascista, invito caldamente tutti, specie se ci fosse qualche giovane a leggere queste righe, ad approfondirne la conoscenza e a riflettere sul suo pensiero. Era un liberale, per quanto anomalo, legato da stima reciproca con Antonio Gramsci, dentro sino in fondo al dibattito tra gli intellettuali italiani che pur giovanissimo sosteneva alla pari nelle sue riviste Energie Nove, La Rivoluzione liberale, Il Baretti.

Il suo testo fondamentale e “militante” è il saggio “La Rivoluzione liberale”, che gli deriva dal lungo tirocinio dialettico con Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi, Giuseppe Prezzolini. Il Risorgimento come ennesima rivoluzione mancata in una nazione che di rivoluzioni non ne aveva mai fatte; la lotta politica, la lotta di classe, deve essere anche lotta sociale e divenire strumento per la formazione di nuove élite (capito Enrico Letta?). Approfondisce i temi della laicità dello Stato e osteggia già allora i contenuti dei futuri Patti Lateranensi. Indica il sistema elettorale proporzionale sia per organizzare meglio gli interessi in campo, sia per contrastare il maggioritario uninominale che avrebbe consentito la dittatura fascista. Analizza il valore di un equo sistema fiscale, che giustifichi la rappresentanza politica e che generi i diritti civili, che invece viene visto come estraneo e vessatorio dagli italiani. Infine le pagine profetiche sul Fascismo, “biografia di una Nazione” e quindi non rappresentante di alcuna novità concreta, tantomeno rivoluzionaria, ma il prodotto sostanziale delle vecchie classi dirigenti, che interpreta la stanchezza di un popolo verso la politica e che ne fa cessare l’attività con la violenza, come proverà poi sulla sua carne.

Questo anniversario è importante perché, come tanti di essi, ci dà una occasione di riflessione per oggi ma anche per domani. È utile perché se ne avvicina un altro come il centenario della Marcia su Roma, che c’è da scommetterci darà fiato e occasione ad un recupero culturale e politico di tutto ciò che del Ventennio fascista è spendibile mediaticamente e di quello che sulla figura di Benito Mussolini è storicamente emendabile. Siamo in una fase storica in cui la globalizzazione ha percettibilmente spostato l’asse tra posizioni culturali e politiche, che tradizionalmente chiamiamo destra e sinistra, verso la prima, anche se sono saltati nel post Donald Trump internazionale molti dei suoi epigoni.

C’è bisogno dell’esempio e della sostanza culturale di Piero Gobetti, del suo rigore morale e del suo intransigente coraggio, della sua coerenza e della sua passione militante, considerando che oggi, per chi lo voglia, il compito è molto più semplice e praticabile perché abbiamo la Costituzione repubblicana come guida e ispirazione, come difesa e deterrente.

La nostra Costituzione è quella che nacque anche dalle sue idee e dalla sua azione politica, da quella breve straordinaria giovinezza vissuta con entusiasmo e passione.

Aggiornato il 28 giugno 2021 alle ore 10:02