I Vangeli: la loro grande validità attuale

Quando si affronta la tematica dei Vangeli bisogna farlo con grande rispetto, poiché si tratta di testi che hanno attraversato secoli e hanno influenzato la vita di generazioni e generazioni di esseri umani. Tuttavia un laico, diversamente dall’uomo di fede, non può non porsi il problema della loro natura e della dottrina in essi espressa.

Orbene, tutti gli approfondimenti critici portano alla conclusione che i Vangeli sono documenti storici e riportano fatti realmente accaduti. I loro estensori, gli evangelisti, non sono personaggi lontani nel tempo dalla vita del Cristo ma si può ormai affermare, in base alla rinvenuta documentazione, che ne sono i testimoni diretti. Il riferimento va alla scoperta del padre gesuita spagnolo Josè O’Callaghan il quale, nel contenuto di un frammento di papiro trovato nella grotta 7 di Qumran, ha identificato due versetti del Vangelo di Marco. Ciò depone per la conclusione di una testimonianza diretta di questo evangelista, essendo la sua narrazione precedente e comunque non successiva all’anno 50.

Un altro importante tassello a favore della storicità dei Vangeli è dato dall’esame linguistico: Jean Carmignac, un grande specialista della cultura ebraica, esaminando i semitismi del testo greco dei sinottici è giunto alla conclusione che gli stessi furono in origine scritti in ebraico e successivamente tradotti in greco. Un greco particolare, quello dei sinottici, tanto da far affermare al grande filologo Giorgio Pasquali che non è greco. Queste non sono disquisizioni fornalistico-letterarie, ma approfondimenti che portano alla conclusione della stesura a ridosso degli anni del Cristo e quindi alla attendibilità della narrazione dei fatti.

Non dunque favole o miti come riteneva, ad esempio, il teologo protestante Rudolf Bultmann, senza alcuna visione critica di tali problematiche: costui, morto a 92 anni, non è mai voluto andare in Israele, poiché sicuramente temeva che le ricerche archeologiche avrebbero confutato i suoi schemi e le sue deduzioni.

I Vangeli (quattro) sono quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni. I primi tre sono detti sinottici per la loro somiglianza che consente di abbracciarli in un solo sguardo, caratteristiche del tutto diverse presenta il vangelo di Giovanni. Matteo, il “pubblicano”, polemizza duramente contro gli ebrei, colpevoli di non aver riconosciuto nel Cristo il Messia annunciato nella Bibbia. Marco vede nel Cristo colui che sa dominare le forze della natura e la potenza del miracolo, come è dimostrato dalla pagina della tempesta domata e dal cammino sulle acque. Luca vede in Gesù il Salvatore misericordioso, colui che sa perdonare i peccati: si possono qui ricordare il racconto della peccatrice, le parabole del figliol prodigo e del buon samaritano. Giovanni è il navigatore dell’infinito, in lui balza con grande evidenza la consapevolezza della divinità del Cristo, colui che sa perfino vincere la morte e ridare la vita, come nell’episodio della resurrezione di Lazzaro, chiamato ad uscire dal sepolcro.

I Vangeli, è opportuno specificarlo, non hanno alcun proposito letterario. Essi vogliono essere solamente un resoconto della vita di Gesù. Questi versi, tuttavia, sono spontaneamente opere di alta poesia come affermano anche illustri critici, quali Cantarella, Perrotta, Pontani. La parola del Cristo è sempre straordinariamente efficace: a volte solenne e ispirata negli insegnamenti diretti, intensamente lirica nelle parabole, sferzante contro gli ipocriti, tenera nel perdono, non ignorante il sorriso e, talvolta, l’ironia.

Ma i Vangeli sono importanti soprattutto per il loro contenuto. In essi è propugnata una dottrina che pone al centro la persona umana, con l’affermazione sicura della sua dignità e della sua liberazione. Dai Vangeli nasce un’era di valori universali sulla base dei quali “non possiamo non dirci cristiani”, secondo l’affermazione di un laico Benedetto Croce. Si può con sicurezza affermare che gli ordinamenti giuridici dei Paesi democratici hanno in sé molti principi del Cristianesimo. Importanti sistemi filosofici traggono ispirazione da tale dottrina e dalla sua etica, che non è l’etica dei vinti, come in totale fraintendimento ha sostenuto Friedrich Wilhelm Nietzsche: non può definirsi un’etica dei vinti quella che afferma la dignità e la liberazione dell’uomo. Se ne fossero osservati i principi, non vi sarebbe la decadenza e l’imbarbarimento della vita sociale e politica. Venne la luce, ma gli uomini non hanno saputo riconoscerla.

Aggiornato il 22 giugno 2021 alle ore 12:47