La prima aviatrice italiana si chiama Rosina Ferrario

Rosina Ferrario nasce a Milano il 28 luglio 1888. La famiglia è borghese e agiata, lei è bella e tenace. Da giovane partecipa a lunghe escursioni di montagna e a percorsi in bicicletta. Come in altri casi di donne coraggiose, anche lei si scontra con un mondo totalmente maschile. Nel 1908 il pilota francese Léon Delagrange esegue voli su Milano con il suo biplano. È amore a prima vista: il volo nell’azzurro del cielo! Questa folgorazione emotiva è l’argomento del suo brillante ed appassionato articolo, che scrive per il Corriere dello Sport.

Il volo è faccenda da uomini e non vengono accettate eccezioni. Nel frattempo, pretende di ottenere abilità del tutto maschili e inizia con la guida delle automobili. Con la sua determinazione e il suo livello sociale di ragazza intelligente – e ricca – supera varie difficoltà sociali e di costume. Inizia il suo percorso frequentando il campo-scuola di Taliedo, vicino Milano. Non perde tempo, consegue il brevetto di pilota di aerei il 13 gennaio 1913, dopo aver frequentato dal 1912 con grande abilità la scuola di volo delle officine meccaniche dell’ingegnere Gianni Caproni a Vizzola Ticino (Varese). Si alza in volo per la prima volta, il velivolo si impenna e cade al suolo, fracassando totalmente. Lei ne esce illesa e decisa più di prima a perseguire il suo sogno. Dopo questo inconveniente la sorte si diverte: si rompe un braccio cadendo dalla bicicletta!

Partecipa a varie manifestazioni aeree a raduni nazionali in varie città, ma il raid di 240 chilometri su un velivolo Caproni 70 Cv le darà la notorietà nazionale. Il 23 aprile 1913 si esibisce in un lancio di garofani rossi da suo aereo, in onore della città di Napoli. Il maggiore Carlo Piazza, primo ad aver compiuto azioni aeree sulla Libia, si congratula con lei e le scrive, dicendo che “la preferiva più mamma che aviatrice”, suscitando così la collera delle femministe dell’epoca. Al contrario, gli aviatori sono del tutto entusiasti di avere con loro una aviatrice. In occasione di una conferenza da lei tenuta il giorno 15 marzo 1913, il giornalista Renzo Sacchetti del Corriere dello Sport le consegna una medaglia d’oro.

Sopraggiunge la Prima Guerra mondiale e lei non riesce a volare, perché tutti gli aerei sono requisiti per i combattimenti militari. Viene messa da parte senza tante cerimonie. Lei non si arrende. Scrive al ministro della Guerra per essere integrata nel corpo aviatori militari. Le viene risposto asciuttamente che non è previsto l’arruolamento di signorine nel Regio Esercito.

I progressi tecnici trasformano la tecnica di volo che, secondo la sua dichiarazione, non ha più il fascino pionieristico dei suoi inizi. Successivamente, si dedicherà alle attività aziendali di famiglia. Amministrerà con abilità l’Hotel Italia aperto con il marito in Piazza Italia, a Milano. Sebbene messa da parte non viene dimenticata. Nel 1943 le conferiscono la prestigiosa medaglia di benemerenza riservata ai pionieri dell’aeronautica.

In suo onore ogni anno, il 9 marzo, giorno successivo alla Festa della donna, molte sue eredi atterrano a Volandia che si trova a Vizzola, per festeggiare il giorno del suo brevetto. La sua fama non si offusca. La storica del costume Rosellina Piano scrive il bel libro “Rosina Ferrario, signorina aviatrice. Prima pilota italiana” (Umberto Soletti editore). Rosina è il simbolo della volontà, della fede in se stessa, dell’eleganza!

Aggiornato il 04 giugno 2021 alle ore 12:20