E fa di nuovo primavera

L’ultima volta che sono stato a Berlino, girando per la città, ho constatato come lo stato maggiore della Bundeswehr, le forze armate federali, dopo la riunificazione, sia stato collocato nell’edificio sede un tempo di quello della Wehrmacht, le forze armate del Reich. In un cortile interno un memoriale ricorda il luogo della fucilazione di Claus Philipp Maria Schenk Graf (Conte) von Stauffenberg, assieme agli altri congiurati del tentato attentato ad Adolf Hitler e colpo di Stato, nel 1944. Il Conte von Stauffenberg gridò, morendo: “Viva la Germania segreta!”.

L’espressione fu coniata dallo studioso Karl Wolfskehl in un articolo apparso sulla rivista di Stefan George, ripresa poi in una lirica dello stesso George e da Ernst Kantorowicz, come titolo d’una lezione inaugurale all’Università di Francoforte, per indicare “la comunità dei poeti e dei saggi, degli eroi e dei santi, dei carnefici e delle vittime, che ha creato la Germania e che si sono offerti alla Germania. I giovani fratelli von Stauffenberg furono parte attiva nel circolo di Stefan George, e Claus Philipp Maria gridò quel Viva la Germania segreta! per sigillare il suo sacrificio offerto alla Germania, per riscattarla dall’inganno d’un falso fuhrer e d’un Reich fasullo”.

Giovanni Sessa usa queste parole per titolare la sua ultima fatica (L’eco della Germania segreta.Si fa di nuovo primavera”, Oaks editrice). È uno studio nel quale pone a confronto intuizioni e pensieri anche diversi talora fra loro, come quelli di Stefan George, Ludwig Klages, Ernst Jünger, Walter Benjamin e Karl Löwith, tutti oppositori d’una concezione lineare e progressista della storia che allora, ma anche oggi, indirizza il mondo verso il disastro, gli esiti catastrofici di quando si perdono i riferimenti alle stelle fisse dei principi.

Quelle esperienze di vita, di cuore e di pensiero indicano come bussola la tradizione, il tramandarsi d’un inizio sempre possibile, per scardinare uno storicismo fatto per forza di magnifiche sorti e progressiva o di secoli bui di decadenza. Giovanni Sessa rintraccia, in questi intellettuali tedeschi, fra XIX e XX secolo, i segni d’una lotta fra Spirito ed anima attraverso cui riemerge un lógos physikós, una intuizione sintetica della vita, più potente dell’analisi razionale, ma non liquidabile semplicisticamente come irrazionalismo in quanto, pur sempre, incarna nella natura il lógos.

Bellissime le pagine nelle quali intuisce l'emblema di ciò nel mito d’Orfeo, il sapiente fondatore dei Misteri che portano il suo nome. Orfeo è l’eroe della musica. Per poter riportare in vita l’amatissima Euridice scende nell’Ade, incantando tutti col suono della sua lira, la prende con sé, ma non avrebbe dovuto vederne il volto sino a quando non fosse tornato alla superfice; si volta, la riperde, e venne sbranato dalle donne, attratte dalla sua musica, in quanto, perdutamente innamorato, le rifiutò. Dal suo corpo viene mozzata la testa. Gettata tra i flutti, continua a cantare. Annota il filosofo d’Alatri: “Al suo canto, si sciolgono tutte le fissità della physis, della natura, stabilite, una volta per tutte, almeno così pareva, dalle leggi e dai luoghi naturali. Gli alberi non erano più alberi, le piante non erano più tali e da esse emergeva non più la loro datità oggettuale, ma l’intrinseco dinamismo, il loro da essere”.

Il canto di Orfeo stava ri-determinando l’ordine cosmico e la natura stessa corrispondeva al suo canto, sentandosi da Orfeo liberata delle distinzioni in cui gli enti erano stati rinchiusi. Giovanni Sessa libera l’anima dalla fissità dello storicismo. La sua “tradizione” è il continuo sempre possibile riproporsi dell’origine e così, qui, si rifà l’origine stessa della filosofia. Nel 1930, non dimentichiamolo, infatti, Vittorio Macchioro fece gemere i torchi col suo “Zagreus”. Intese pubblicare studi sull’origine dell’Orfismo ma, anche sulla scorta d’evidenze archeologiche, rintracciò la continuità tra misteri orfici e pitagorismo.

Pitagora, lo si sa, è colui il quale coniò l’allora neologismo “philosophía”, scienza generale che a chi qui recensisce appare nella sua natura di attualizzazione pitagorica dei misteri orfici. Gli autori sviscerati da Giovanni Sessa, in realtà, intuiscono la loro Germania segreta come l’origine sempre possibile della “Grecia segreta”. Uno di costoro, Ludwig Klages, intuì un’origine sempre possibile nei popoli, in rapporto simpatetico con le energie vitali. Chiamò il loro tempo l’età pelasgica in cui vigeva una contemplazione del reale non contaminata da uno spirito inteso in senso intellettualistico. L’espressione sembra adattissima ad essere recepita nel linguaggio del filosofo d’Alatri, città le cui mura ciclopiche vengono spesso ritenute manufatto di Pelasgi e la cui celebre “porta dei falli” sembra simboleggiare proprio quell’eros cosmogonico attraverso il quale opera il Lógos physikós.

Giovanni Sessa, anche in quest’opera, rileva essere non uno storiografo della filosofia ma un filosofo. Egli esprime la sua intuizione del cosmo e dell’essere umano in una filosofia della pratica, attraverso precedenti autorevoli di vita e di pensiero, secondo lo spirito di tradizione così da lui descritto. È l’esponente maggiore di quella Scuola romana di filosofia politica iniziata da Gian Franco Lami, della quale un altro esponente è Giovanni Damiano. Di lui, in questo libro, si pubblica, in appendice, un significativo saggio sulla polemica di Julius Evola contro i “Cosmici monachesiAlfred Schuler e Ludwig Klages. Evola ne esce male. Riconosce a costoro di aver chiara intuizione di un aspetto esoterico nella storia antica di Roma ma, poi, accusa questi autori d’averne trascurato l’essenza uranico-paterna a vantaggio d’una “civiltà delle Madri”, con la loro mistica animica della vita, e d’aver degradato l’ethos e l’eros per aver preso in considerazione il basso Impero dei Nerone e degli Eliogabalo. Così trascura, però, il Nerone filellenico e la riscoperta d'una teologia solare. I “cosmici” ebbero a riferimento quella Germania segreta, origine sempre possibile contro un falso fuhrer, il Barone siciliano prese per vero il Duce.

Aggiornato il 20 aprile 2021 alle ore 13:26