Antonella D’Agostino: l’amicizia il mio valore assoluto

Antonella D’Agostino è scrittrice, sceneggiatrice, regista e consulente presso una casa cinematografica. Nata a Mondragone, in provincia di Caserta, è cresciuta a Milano. Affidata agli zii materni quando era ancora piccola, per volere di mamma Iole e papà Raffaele, con l’intento di farla crescere in un ambiente più adatto a una ragazzina gracile, dal momento che nel paese di provenienza avevano tutti un aspetto più pienotto e per questo veniva canzonata (oggi diremmo bullizzata). Sesta di nove figli, prima femmina dopo cinque maschi, mostra da sempre un forte attaccamento alla terra d’origine e alle amicizie, senza giudicarne mai le provenienze o i comportamenti. Da giovanissima incontra e sposa un parrucchiere molto in voga in via Monte Napoleone, la via del lusso. Antonella, all’anagrafe Antonietta, ha conosciuto negli anni dell’adolescenza quelli che sarebbero diventati gli elementi di spicco della malavita milanese: Carlo Argento, Francis Turatello e Renato Vallanzasca, del quale molti anni dopo diventerà la moglie.

Ha un figlio avuto dal primo matrimonio e porta in sé un enorme dolore che non ama raccontare. Un dolore che avrebbe annientata qualsiasi donna. Questo avvenimento cambierà per sempre la sua vita, rendendola più vulnerabile quando si tratta di affetti. Questo uno dei motivi della grande riconoscenza affettiva verso quei ragazzi conosciuti quasi da bambina e amati come veri e propri fratelli, per il fatto che hanno saputo starle vicini e portarla per mano verso una vita, seppur mutilata, accettabile. Autrice di alcuni libri quali: Lettera a Renato (Cosmopoli), Francis faccia d’angelo. La Milano di Turatello (Milieu) e La Casalese-L’operazione Spartacus (Grafica).

Dal libro Lettera a Renato è stato tratto il film Vallanzasca-Gli angeli del male, diretto da Michele Placido e prodotto, tra gli altri, dalla 20th Century Fox Italia, con Kim Rossi Stuart e Paz Vega. Basato appunto sulla vita reale del suo ex marito, il quale nel tempo ha collezionato ben quattro ergastoli e 295 anni di reclusione. Dal libro La Casalese è stato tratto l’omonimo film, ma mentre il primo ha avuto un successo anche al di là dell’Oceano, questo secondo, causa pandemia, è ancora da esportare. In entrambe le produzioni la D’Agostino è stata, oltre che sceneggiatrice, anche assistente alla regia e consulente, in quanto conosce i fatti come pochi. Intanto il libro Francis faccia d’angelo è stato campione d’incassi con varie ristampe.

La D’Agostino è una donna fragile e forte allo stesso tempo, non si ferma un solo istante, sempre in movimento per la valorizzazione del territorio della terra che l’ha vista nascere. Scrivere e poi dirigere, nel carcere minorile di Airola, in provincia di Benevento, il docu-film Storia di un attimo. Il progetto ha significato un’occasione di riscatto sociale e una speranza per tutti i minori all’interno della struttura. Ancora un tema sociale, questa volta per promuovere la donazione degli organi, con il docu-film Da Maria a Chiara interamente girato all’interno dell’ospedale Monaldi di Napoli. Uno degli obiettivi della scrittrice è mostrare una faccia diversa di un territorio raccontato solo in maniera negativa, restituendogli un po’ di dignità. Antonella è un mix esplosivo di fierezza e orgoglio. Senza peli sulla lingua si racconta in maniera disarmante in questa chiacchierata telefonica: io che guardo il pc e lei, attraverso le finestre, il mare.

Che infanzia è stata la tua?

Un’infanzia tranquilla. Sono la prima femmina dopo cinque maschi, avevo un carattere forte già a quei tempi. Ricordo quando mi mettevo seduta sui gradini della salumeria di mia madre, a Mondragone, mangiavo sempre gli sfilatini di pane pieni di ogni ben di Dio, ma nonostante quelle mie merende ero magrissima, tanto da sembrare malata e per questo mi prendevano in giro. La situazione si fece insostenibile, anche se non ne ho un ricordo nitido, tanto che i miei genitori decisero di mandarmi a Milano dai miei zii. Si può dire che assomigliavo più a una milanese che a una casertana. Molti anni dopo vennero anche i miei genitori e aprirono una bella attività di arredo da giardino. Non erano i classici emigranti con la valigia di cartone, ma commercianti desiderosi di crescere.

E cosa sognavi a quei tempi?

Sognavo di fare la parrucchiera e l’ho fatto, poi ho desiderato di fare la fiorista e l’ho fatto, volevo fare cinema e da adulta l’ho fatto, da piccola vedevo anche tre film al giorno. Solo l’edicolante non ho fatto. Un sogno che mi portava a pensare che avrei letto tutte le riviste senza doverle comprare.

Cosa ti ha spinto nel 2008 a sposare Renato Vallanzasca?

Mah, di preciso ancora oggi non lo so. So solo che lo dovevo fare. Una sorta di missione per riportarlo a casa. A lui mi legava una conoscenza da quando eravamo piccoli. Lavoravamo tutti nella Milano bene, ci sudavamo la giornata. Poi le cose sono andate diversamente ma io non dimentico. In ogni caso, dopo tanti anni di carcere mi sembrava doveroso – e umano – che lui avesse una pena alternativa. Lo volevo portare a casa e così è stato. Anche se la proposta è arrivata da parte sua, io non ci pensavo proprio. Un giorno ha scritto a mio figlio, chiedendogli la mia mano e quando sono andata a colloquio in carcere me lo ha comunicato. Ci siamo sposati al Comune di Milano. Una volta fuori ha lavorato come volontario in una cooperativa sociale da me creata. Ci occupavamo anche di disabili oltre che di ex detenuti. Glielo dovevo, io non dimentico.

Mi sembra una storia quasi platonica, hai mai fatto l’amore con lui?

Sì, da sposati.

Dopo dieci anni hai chiesto e ottenuto il divorzio, come mai questo ripensamento?

Perché era troppa la pressione da parte dei media e delle persone in generale. Ho pagato lo scotto di essere una donna indipendente e di fare quel che riteneva giusto, senza dare troppe spiegazioni. Ancora pago colpe che non ho, anche quando esce un mio libro o film, per qualsiasi intoppo danno la colpa a chissà quale cosa losca.

Pur vivendo fianco a fianco con l’allora nascente vita malavitosa milanese, non sei mai entrata a far parte della “banda”. È stata una scelta o i tuoi amici non hanno voluto coinvolgerti?

Io li ho conosciuti che eravamo piccoli, all’età di dodici, tredici anni. Per me erano come fratelli: si può rinnegare un fratello? Io non lo rinnego. Tanto più che facevano dei lavori normalissimi, l’unico comune denominatore era la mancanza dei padri. Quando incominciai a seguire per il telegiornale quello che stava accadendo, l’unica cosa che feci di istinto fu andare dalle loro madri, accomunate da un unico dolore. Loro hanno sbagliato e hanno pagato. C’è chi ha commesso reati peggiori e non ha fatto un solo giorno di galera. Ecco, io con quelli me la prenderei.

Ti sei mai sentita giudicata per le tue scelte?

Una continuazione! Però io mi sento molto meglio di chi mi giudica. Chi lo fa non sa niente di me, se non l’aspetto esteriore. Infatti molti, soprattutto le donne, mi sono state avverse per la mia bellezza. Calcola che erano altri anni, in cui molte donne erano sottomesse ma sognavano ben altro. Bisogna starci nelle cose per capirle. In ogni caso io chi sono per poter giudicare? L’unica cosa che so è che non ho tratto nessun beneficio da queste amicizie, anzi.

Perché hai deciso di scrivere libri?

Perché sono aneddoti che mi hanno formata. Storie che ho bene nella memoria e che volevo raccontare a modo mio. Senza interferenze. Sono una donna libera, dico sempre quello che penso e non ho pregiudizi nei confronti di nessuno. Questo mi dà un senso di libertà.

Che cos’è l’amore per Antonella D’Agostino?

Per me l’amore è quello universale. Un tramonto, mio figlio, gli occhi del mio cane, lo sguardo di un bambino, la purezza. L’amore è quello del Cantico dei Cantici.

E l’amicizia?

L’amicizia è il mio valore assoluto. Puoi avere soldi, successo, salute ma senza l’amicizia non sei nessuno.

Il tuo rapporto con la fede?

Non sono una praticante, non frequente la chiesa. Però credo in un essere supremo. Questa entità la sento più vicina quando sono a Mondragone. Da piccola mi facevano fare l’angioletto alla festa di paese, anche se io volevo fare San Michele. Non amo il detto “Dio vede e provvede”, perché so sulla mia pelle che non è così.

Hai un figlio nato dal tuo primo matrimonio, che legame è il vostro?

Molto forte, siamo cresciuti insieme. Tra di noi non ci sono segreti.

Dopo una vita trascorsa a Milano hai deciso di trasferirti definitivamente a Mondragone, vista mare. È stata una scelta romantica o cosa?

Sono innamorata del mare, in un’altra vita sarò stata sicuramente un pesce. Inizialmente è stata una scelta romantica. Successivamente ho avuto problemi di salute, un problema respiratorio. Notavo che quando mi trasferivo per brevi periodi da Milano stavo meglio e non dovevo assumere tutto quel cortisone. Quando anche mio figlio, che si occupa di distribuzione tessili, con l’avvento del mercato cinese si è spostato all’estero non ho avuto più motivo di restare a Milano. Via Monte Napoleone non esiste più: è finita un’epoca. La mia terra è colorata, voglio girare i miei film con la luce del sole, con i colori brillanti naturali. Nei miei film non si spara, non viene esaltata la parte malavitosa ma l’amore e i sentimenti. Tra la camorra e Roberto Saviano non si sa più da chi prendere le distanze.

Progetti futuri?

Un famoso urologo ha scritto un libro che affronta il delicato problema del traffico di organi, ne faremo presto un film. Un’altra storia in cantiere è quella di una donna stalker e, per finire, ho intenzione di portare sul grande schermo la storia di Napoli dopo il terremoto, storia che si intreccia con la vittoria dello scudetto e con la vita di Gennaro Montuori, meglio conosciuto come Palummella.

La pandemia che stiamo attraversando ti fa paura?

Mi fa paura la gente che ancora non si è resa conto che siamo poca cosa su questa terra. Chi ancora giudica per un capello tinto, o per delle labbra carnose. Mi spaventa chi non sa guardare oltre, chi non si rende conto dei sacrifici che tanta gente ha fatto per ottenere certe posizioni. Mi spaventa l’ignoranza e l’inumanità.

Se tornassi indietro rifaresti lo stesso percorso o cambieresti qualcosa?

Rifarei tutto.

Aggiornato il 09 aprile 2021 alle ore 10:52