Scolpito nel fisico e nel volto, riccioli d’oro e occhi di ghiaccio: il performer Michele Carfora si distingue per fascino e professionalità. Sono lontani gli anni in cui, ancora minorenne, faceva la spola da Salerno (città natale) a Roma, per prendere lezioni di danza. Viaggi pieni di speranza, con mamma Maria, sua prima sostenitrice. La vita degli artisti è dura, quella dei ballerini è particolarmente sacrificata, ore ed ore di prove senza orari, senza il lusso di qualche chilo in più: per loro la disciplina è tutto. Si percepisce questo rigore quando si parla con Carfora: misurato, gentile, disponibile, come chi sa di valere e non ha bisogno di mostrare. Carfora studia tanto, non si limita a cullarsi nel diploma conseguito al corso di Formazione della Regione Lazio, ma viaggia, viaggia e apprende in tutta Europa, in particolare frequenta la Scuola Nazionale di Musical ad Amburgo e poi vola negli Stati Uniti dove frequenta corsi di perfezionamento con i migliori insegnanti. Ed è proprio lì che viene scelto per il musical Pippin. Carfora perde il papà quando è poco più di un bambino, senza che quello potesse vederlo nemmeno nella prima esperienza da professionista a soli 17 anni, nel corpo di ballo di Carla Fracci in Romeo e Giulietta, e a seguire, protagonista di grandi Musical come Grease (con Lorella Cuccarini),  A chorus line, Cats, West side story, Rent, Poveri ma belli (con la regia di Massimo Ranieri) e molti altri. Collabora con la Compagnia della Rancia, interpreta Isidoro in Beatrice e Isidoro con Annalisa Minetti e Gianfranco D’Angelo.  Tanti i premi, solo per citarne qualcuno: Premio 2018 alla carriera come miglior performer italiano; Premio Imta con Grease; L’Oscar Europeo dei Giovani con Rent e il Premio Roma è Arte, come miglior performer, con Sette spose per sette fratelli. Ballerino, attore, cantante, nsegnante e padre. Dopo la rottura burrascosa del matrimonio con la conduttrice Barbara D’Urso, ha avuto una bimba con la performer Azzurra Tassa. Lo raggiungo in treno, si sente un po’ di rabbia nella voce, ma anche tanta voglia di non abbattersi. La forza di andare avanti, nonostante il momento, gli viene dagli insegnamenti che negli anni ha ricevuto da grandi maestri dello spettacolo, ma soprattutto, da quello trasmessogli dai genitori a cui deve tutto e che, da padre, vuole trasmettere a sua figlia.

Pandemia, chiusura dei teatri, regioni gialle, rosse, arancione. Che momento sta vivendo l’artista Michele Carfora?

È un momento molto complicato, ma per noi artisti lo è un po’ di più, visti la considerazione ed il peso che abbiamo avuto in tutto questo periodo orrendo della nostra vita professionale, e non solo. Un governo che ti considera “non necessario” perché non abbastanza produttivo per il Paese, ti lascia una sensazione di impotenza e frustrazione.

Avevi appena aperto una Accademia di teatro musicale, come ti sei dovuto organizzare per far fronte a tutto quello che consegue dopo una chiusura così drastica e soprattutto senza una data certa di riapertura?

L’Accademia è nata con l’intento di formare professionalmente nuovi performers, mettendo a disposizione la mia esperienza trentennale sul palco, in una realtà come quella di Salerno, dove il settore teatrale (tranne rari casi) è poco sviluppato. Ho avuto la “fortuna” di aprire la Musical Academy nell’anno del Covid, fortunato direi, no? Con la mia socia Marita Miano abbiamo fatto un investimento importante che ha richiesto sacrifici e tanto lavoro ma tutto è stato vanificato in un attimo. Come tutti abbiamo chiuso nella prima ondata con la speranza di riaprire il prima possibile, ma ora ci troviamo nella stessa situazione di prima. Sono fermo ormai da troppo, come tanti colleghi, e sinceramente con la quasi totale inadeguatezza di questa classe politica non riesco proprio a vedere la luce in fondo al tunnel.

Hai una bimba di 7 anni, che futuro vedi per lei?

Domanda importante alla quale è difficile rispondere ora. La mia luce, Marialaura, questa la mia unica certezza. Non riesco a pensare di fare programmi in questo clima di totale incertezza, quindi credo sia il caso di affrontare il tutto giorno per giorno e poi se ci si dovrà reinventare in qualcos’altro, lo faremo. Sono cresciuto con un forte senso del dovere e di responsabilità e per mia figlia farei qualunque cosa.

Si parla tanto di “ristoro” per il mondo dell’arte, rientri in quei pochi fortunati?

No, purtroppo non ci rientro. La mia richiesta è stata respinta e dopo sei mesi ancora non mi hanno comunicato la motivazione. Sono riuscito ad ottenere solo l’elemosina dei 400 euro di reddito di emergenza con i quali dovrei mantenere me e mia figlia. Io non ho scelto di fare questo lavoro, sono stato scelto, ma mi rendo conto che è un concetto troppo astratto perché arrivi a dei burocrati.  Per di più poco preparati, a quanto dicono i fatti.

Che sentimento provi quando vedi in alcuni programmi televisivi, balletti ed esibizioni molto ravvicinate, quando al mondo dello spettacolo è stato severamente vietato qualsiasi cosa?

Questa è una cosa che veramente mi lascia perplesso e sinceramente mi indigna un bel po’. Ci sarà un garante addetto al controllo? Veramente tutti possono fare tutto quello che vogliono solo perché si tratta di televisione e quindi di pubblicità e introiti? Centinaia di scuole di danza chiuse per il distanziamento sociale, e per tutte le regole che ormai conosciamo, e loro continuano a lavorare senza nessun tipo di verifica? Che Paese ridicolo è questo?

Come passi le tue giornate?

Cerco di passare più tempo possibile con mia figlia, mi tengo occupato lavorando su progetti teatrali lasciati in sospeso, continuo a studiare e ad allenarmi nell’attesa che tutto possa ricominciare prima o poi. Nel frattempo cerco delle alternative plausibili anche perché dopo trentadue anni di teatro pensare di fare altro ti lascia un po’ di preoccupazione. Quello che non è chiaro riguardo al nostro lavoro, ed è la cosa più grave, è che per chi ci governa è solo intrattenimento, per noi è un lavoro e non un hobby. Un lavoro che serve a pagare affitti, bollette e mutui: esattamente come tutti gli altri lavoratori.

Hai mai pensato di lasciare Roma per tornare a Salerno in maniera definitiva?

Devo dirti sinceramente che c’ho pensato più di una volta, ma più che tornare a Salerno ho pensato di lasciare questo Paese che non mi appartiene affatto. Un Paese che non rispetta gli articoli fondamentali della Costituzione non è il mio Paese. La cosa che mi fa più rabbia è che gli stessi individui che hanno considerato l’arte e la cultura teatrale come qualcosa di superfluo poi, quando gli fa comodo, nel caso di premi o riconoscimenti internazionali, si riempiono la bocca dell’eccellenza dell’arte e dello spettacolo italiani.

Ho pensato a lungo se farti o no una domanda, so che è scomoda, ma se non ti va, non mi rispondi: perché è naufragato il matrimonio tra te e Barbara D’Urso?

Semplicemente perché ha messo davanti a noi, al nostro progetto di famiglia e di vita insieme, il lavoro, il potere, la fama e tutte quelle losche dinamiche televisive, per cui provo ribrezzo, che fanno parte del circo ma che non mi appartenevano e di cui volevo liberarmi. Sono state dette tante falsità e mezze verità, in televisione e sui giornali, solo per fare chiacchiericcio o perché era utile a qualcuno: usando irresponsabilmente un mezzo pubblico così importante, senza neanche dare la possibilità di replica. Questo comportamento lo definirei meschino, oltre che scorretto, ma così facendo si qualificano da soli. Non occorre aggiungere altro. Il tempo mi ha dato ragione, la scelta di non accompagnarmi più ad una persona così si è rivelata fortunatamente la scelta giusta. Anche se mi ha creato molti problemi sul piano professionale.

Protagonista di tantissimi spettacoli teatrali, ce n’è uno che ti è rimasto particolarmente addosso?

A getto ti risponderei Cats, perché per me è stato il primo lavoro importante all’estero e soprattutto perché mi sono dovuto confrontare con un cast composto prevalentemente da artisti inglesi e americani, che ovviamente, erano e sono più avanti di noi. Ripensandoci però devo però risponderti Rent. Uno spettacolo che professionalmente e umanamente mi ha riempito il cuore e l’anima. Già il fatto di essere stato scelto dal Maestro Pavarotti è qualcosa di eccezionale: avere avuto modo di frequentarlo e di arricchirmi dei suoi racconti, dei suoi consigli, un grande privilegio oltre che un onore. Anche il primo allestimento di Grease, con Lorella, è stato importante per me, oltre che artisticamente e professionalmente: fondamentale per tutto il movimento musical italiano, perché poi alla fine tutto è cominciato da lì.

Sei innamorato?

No. Sono single da quattro anni, ma vorrei tanto perdermi totalmente per qualcuno. Sento che, forse, è il momento giusto. Devo dirti però che è più complicato di quanto pensassi anche perché sono diventato abbastanza esigente e poi perché devo capire bene chi faccio entrare nella vita di mia figlia, cosa fondamentale per me.

Un progetto futuro e un sogno nel cassetto?

Mettere in scena il primo spettacolo scritto da me, per festeggiare i miei 30 anni di musical. È la cosa che mi sta più a cuore. Si chiama Su le braghe e già il titolo è tutto un programma. Affronto sotto forma di commedia, problematiche, sogni, delusioni e vittorie di noi artisti, sfruttando il viaggio temporale che ripercorre tutta la mia carriera. Sviscerando però, valutazioni e riflessioni sul nostro mondo e sulla situazione generale, critica già prima del Covid-19. Una tematica che ci tocca da vicino, tentando così di recuperare valori che si sono persi per strada. Riguardo al mio sogno nel cassetto, potrà sembrare strano come sogno, ma mi piacerebbe essere di nuovo padre.

Aggiornato il 13 novembre 2020 alle ore 09:23