Interviste immaginarie: Pilato

Oggi a pranzo mia moglie mi ha detto: “L’estate si avvicina, che facciamo quest’anno, andiamo al mare o in montagna?”. “Decidi tu”, le ho risposto. E lei: “Ogni volta che devi prendere una decisione te ne lavi le mani. Come Ponzio Pilato”. A sentire quel nome, visto che tutti gli hanno sempre gettato addosso la croce per la morte di Gesù, mi è venuta l’idea di intervistarlo. Così alla fine del pranzo mi sono recato nello studio e sdraiatomi sulla poltrona reclinabile, socchiusi gli occhi, ho fissato il pensiero su di lui, che a un certo punto mi si è presentato quale appare nel famoso dipinto dell’Ecce Homo di Antonio Ciseri.

“Ave, Pontius!”, ho esclamato. “Lei è stato giudice nel processo a Gesù. Potrebbe dirmi come sono andate esattamente le cose?”.

“La mia funzione di prefetto mi portava spesso a intervenire nei processi, ma quello a Gesù è stato certamente il più importante. Senza quella causa molto probabilmente sarei rimasto un Carneade qualunque”.

“Ma lei sapeva di essere investito di un compito così alto?”.

“Per me allora Gesù era un uomo come gli altri, non sapevo di essere uno strumento della Provvidenza in uno dei più grandi episodi della Storia”.

“Perché si lavò le mani?”.

“Mi sono detto: Se costui è davvero il figlio di Dio è inutile ch’io mi sprema il cervello per trovare una soluzione, la soluzione l’ha già trovata Dio. Fra l’altro non si pensa che il mio processo discendeva dal peccato originale di Adamo ed Eva, il quale non poteva non essere stato anch’esso, come tutte le cose, un’idea di Dio. Non si coglie frutto che Dio non voglia. Io non so come ragionino gli uomini. Cristo doveva venire sulla terra per redimere l’umanità e ciò poteva accadere solo attraverso il gesto più sublime che si potesse compiere, il sacrificio di Dio nella sua veste umana: Cristo doveva per forza morire, e non di vecchiaia, per malattia o per un incidente, era logico che le cose dovessero andare così, col tradimento di Giuda e tutto il resto. Senza quella morte il Cristianesimo sarebbe stato privo di ogni contenuto, anzi, non sarebbe nemmeno nato. E’ inutile discutere. Dov’è dunque la mia colpa?”.

“Ma lei come risponde alle accuse che le sono state mosse per la morte di Cristo?”.

“Quali accuse? Nei quattro Vangeli non c’è una sola parola contro di me, nessun giudizio negativo. Matteo dice che quando chiesi al popolo chi dei due voleva che liberassi, Barabba o Gesù, io sapevo che Gesù mi era stato consegnato solo per invidia, dunque io non ero mal disposto verso di lui. Tanto più che in quella circostanza mia moglie mi aveva mandato a dire: Non t’impicciare nelle cose di quel giusto perché oggi in sogno ho sofferto molto a motivo di lui”.

“E lei condivideva il giudizio di sua moglie?”.

“Certamente. È per questo che mi sono lavato le mani, perché riconoscevo che mia moglie aveva ragione. Del resto Barabba fu liberato non per iniziativa del popolo ma perché i grandi sacerdoti e gli anziani lo avevano convinto in quel senso. Io chiesi esplicitamente al popolo: Ma che ha fatto di male Gesù? Alla fine mi feci portare dell’acqua e mi lavai le mani dicendo: Io sono innocente del sangue di questo giusto. Giusto, sì, perché tale io lo ritenevo. Perché dunque continuare a darmi la croce per aver lasciato che Gesù fosse mandato a morte quando ero convinto che non avesse commesso nulla di male?”.

“Poteva comunque liberarlo, a dispetto del popolo, dei sacerdoti e degli anziani”.

“Mi avrebbero linciato. E non era già tanto che io mi fossi astenuto dal dare una sentenza di morte, dicendo chiaro e tondo più volte che Gesù era un giusto, che non c’era alcun motivo per condannarlo?”.

“E perché lo fece flagellare?”.

“Perché così voleva la legge dopo un giudizio di condanna, sia pure emesso dal popolo. D’altra parte Gesù era un rivoluzionario e ciò creava dei problemi. Si lasciava andare ad atti e ad espressioni che non si convenivano ad un uomo saggio ed equilibrato”.

“Per esempio?”.

“Diceva che era venuto a portare la guerra, non la pace, a dividere, non ad unire: Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare una spada, a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me. Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Insomma, alzava spesso la voce, minacciava con toni apocalittici, diceva Guai a voi, razza di vipere!, faceva balenare immagini di devastazione, di tempeste. Non bisogna dimenticare che, sia pure a ragione, aveva preso a frustate i mercanti nel tempio, rovesciando addirittura le loro bancarelle con tutte le merci e le sedie dei venditori di colombe. Insomma, Gesù era buono ma sino ad un certo punto. Inoltre certe sue frasi erano sibilline: diceva il Padre mio, alludendo a Dio, ma di Dio non diceva praticamente nulla, nemmeno un accenno. Diceva addirittura: Così m’ha insegnato e Così mi ha detto di dire il Padre mio. Come si poteva pensare che fosse Uno con Dio? La Chiesa cattolica lo dice coeterno al Padre, ma padre si diventa nel tempo, dopo avere avuto un figlio, come il figlio diventa tale dopo essere stato generato. E quando io gli chiedevo se fosse veramente il figlio di Dio o se fosse il re dei Giudei, perché lui così andava dicendo in giro, mi rispondeva: Tu lo dici. Non dava insomma spiegazioni chiare e soddisfacenti, come avviene e deve avvenire in un processo. Il mio regno non è di questo mondo: se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei. Cosa poteva ricavare un giudice da frasi di questo genere?”.

“Purtroppo sono molte le contraddizioni e le ambiguità nella Bibbia, non solo nell’Antico ma anche nel Nuovo Testamento. Sant’Agostino, a proposito del peccato di Adamo ed Eva, dopo aver detto che prima del divieto Adamo non poteva peccare ma che dopo il divieto non poté non peccare esclamò: O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem! (O colpa felice e propizia che meritò un tale e così grande Redentore!). Dio in fondo attraverso gli uomini mette in atto ciò che è già implicito in Lui, e non può fare diversamente, non può sottrarsi alla sua Legge stessa, quando Lui appunto è la Legge per antonomasia. Dunque Dio in un certo senso è per così dire necessitato, non può essere diverso da quello che è. Non ha scelta. Non può nemmeno uscire da se stesso, perché è infinito e dovunque non c’è che Lui. Anche la Creazione resta nel suo grembo, così come noi e gli animali, per non parlare di tutto il resto, pur uscendo dal grembo di nostra madre, restiamo sempre nel grembo infinito di Dio. Nulla esiste, diceva Gorgia, perché il verbo esistere, dal latino ex-sistere, significa uscire fuori, e se le parole hanno un senso Dio non esiste, perché dove esce, dove va? Dio è, punto e basta: buono, giusto, misericordioso e così via. E infatti dice Io sono quello che sono, non colui, come traducono i più, perché Dio nella sua dimensione assoluta non è un persona”.

“Il processo a Gesù, la sua condanna e la sua morte sulla croce (che ha un valore simbolico: il Dio dell’Antico Testamento benediceva gli uomini così, non per ricordare la croce di Gesù, ch’era ancora di là da venire) erano implicite nel volere di Dio. Gesù, ab aeterno, era destinato a venire sulla terra per riscattare l’uomo dal peccato, anzi, tutta l’umanità, presente, passata e futura, attraverso il sacrificio di se stesso, e se ciò era già stato decretato da Dio non solo io ma nessuno poteva essere accusato, nemmeno Giuda, il quale era uno degli strumenti di cui Dio stesso si serviva a quello scopo. Quanto poi col sacrificio di Cristo l’umanità sia migliorata questo è tutto da vedere. Io non credo che Dio possa condannare alcuno, mandarlo addirittura all’inferno quando tutto ciò che l’uomo fa l’ha già deciso Lui e dunque è Dio responsabile di tutto ciò che accade nel mondo. Gesù stesso, che ha dettato il Padre nostro, a un certo punto dice a Dio Sia fatta la tua volontà, dunque qualunque essa sia dev’essere accettata. Se Dio gradiva le offerte di Abele e disprezzava quelle di Caino, che non aveva mai fatto niente di male, l’uccisione di Abele va attribuita a Dio. Ci sono da parte della Chiesa, che le ha desunte dai suoi padri come se fossero la bocca della verità, tante incoerenze, interpretazioni arbitrarie. D’accordo, Dio è ineffabile, non si può descrivere, ma la Chiesa non può liquidare le contraddizioni dicendo Bisogna credere per fede, e dichiarare eretico e addirittura bruciarlo sul rogo chi, seguendo la ragione (che gli è stata data da Dio per seguir virtute e conoscenza), non crede a quel che dice lei, che non conosce l’umiltà insegnata da Cristo, che si proclama Maestra suprema e infallibile di verità e di fede perché ispirata da Dio, di cui dice di esser la Parola: È così perché lo dico io”.

A questo punto è entrata mia moglie portandomi il caffè, e così si è chiusa la mia intervista a Pilato.

Non si tratta soltanto del processo,

descritto in tanti modi, il punto è questo.

Era destino, volere di Dio,

che Cristo discendesse sulla Terra

 

per riscattare l’uomo dal peccato

col sacrificio di se stesso? Dunque

a che serve accusare questo e quello,

Pilato, Giuda, il popolo, gli Ebrei,

 

di averlo crocifisso? Se Gesù,

mettiamo, fosse morto di vecchiaia,

di malattia o per un incidente,

che senso avrebbe avuto il Cristianesimo?

 

Addirittura non sarebbe nato

senza una morte simile: Gesù

sarebbe stato (così alcuni dicono)

solo un profeta come tanti altri.

Aggiornato il 15 maggio 2020 alle ore 12:55