Il silenzio di Roma

Come le donne e i gatti, amo le città. Alcune in particolare quali Firenze e Siena, Venezia e Perugia, ma più d’ogni altra risiede nel trono del mio cuore quella cortigiana distesa sui suoi fianchi opulenti che si chiama Roma.

Non vedo il suo degrado urbano, vedo invece ovunque la sua insuperabile bellezza che ne fa una donna non più giovane che offre ancora ai suoi amanti lo splendore eburneo delle sue carni congiunto alla dolcezza dei suoi baci e all’ironia delle sue risposte. Roma è bella, splendida anche in queste giorni, per coloro che – rari e sparuti – come me, hanno la fortuna di camminare lungo le sue vie, indorate dalla luce dell’alba in un silenzio inconsueto, spettrale e raggelante.

Non è questa la città silente di sempre, quella che anche all’alba decembrina profuma di vita e di sonno. Quella Roma si risveglierà di lì a poco, sollevando le coltri e spargendo ovunque l’aroma del caffè. Andando al mio gran passo per via dei Coronari, strada meravigliosa che reca quasi intatto il sigillo dell’età aurea d’un Rinascimento fatto d’artisti e semplici popolani, d’imperatori e chierici, incontro soltanto luoghi chiusi, serrati anzi, come in una prefigurazione della fine nell’Apocalisse di San Malachia.

Eppure la via che percorro è magnifica, così come lo sono Piazza Navona, le cupole di Sant’Agnese in Agone s’inebriano nell’oro dell’aurora che le tinge di toni rosati, oppure Tor Sanguigna lì vicino, luogo d’omicidi e prostitute, ma sento che ciò che manca, sospeso fortunatamente, provvisoriamente assente, è la vita.

Perché dove è vita è la bellezza, nulla può essere tale se non ha lo spirito che in esso soffia. La Bellezza di Roma in questi giorni è intatta, ma la vita manca. So che tra qualche tempo, spero ciò avvenga prima possibile, quelle botteghe, quelle trattorie, quelle mille porte, riapriranno e si riempiranno ancora di quei turisti vocianti, e di tanta altra gente più o meno singolare, ma la vita della città è quella, quello il proprio sangue, la folla che è anima di quelle pietre antiche, inconsapevole spesso di star camminando là dove uomini migliori hanno posto il loro piede secoli prima.

Roma deserta e quasi immobile è il segno di una morte civile imposta dall’insipienza di un piccolo gruppo d’uomini e donne mediocri, alieni al mondo, al senso riposto dell’anima del mondo. Uomini e donne dominati dalla paura che governano e impongono la stessa a chiunque possano.

Eppure la vita trionfa, perché più forte della morte è l’amore, perché la musica, l’arte, la poesia stanno ancora lì, seduti ad attendere sulle colonne spezzate dei fori, nell’ombra del Pantheon o sugli spalti di Castello… Stanno lì perché questo è soltanto un momento, un frammento di polvere nella grande clessidra del Tempo, consapevoli d’essere immortali come l’anima segrete di questa città che non ha pari.

Roma non è una città del Silenzio, non è Mantova né Ferrara, meravigliose e discoste dal mondo; l’Urbe è il cuore pulsante, intimo ed eterno, fatto di luce, calore e suono, di voci e di risa, di urla e di schiamazzi, perché in lei scorre rovente ancora quella vita, scolpita, dipinta, cesellata che rende ogni giorno dei nostri, migliore del precedente.

Aggiornato il 08 aprile 2020 alle ore 12:56